Il fondo Usa Elliott, che in passato ha prestato oltre 300 milioni agli acquirenti cinesi del Milan togliendo le castagne dal fuoco alla Fininvest, è entrato nel capitale del gruppo di telecomunicazioni proprio nelle ore del crepuscolo politico berlusconiano. E ha immediatamente contestato la gestione dei francesi, socio di riferimento dell'ex monopolista e secondo azionista di Mediaset
È ancora quanto mai provvidenziale per le aziende della famiglia Berlusconi l’intervento a gamba tesa della Elliott management del miliardario Paul Singer. Il fondo statunitense, che in passato ha prestato oltre 300 milioni agli acquirenti cinesi del Milan togliendo le castagne dal fuoco alla Fininvest, è entrato nel capitale di Telecom Italia proprio nelle ore del crepuscolo politico berlusconiano. E ha immediatamente contestato la gestione Vivendi, socio di riferimento dell’ex monopolista e secondo azionista di Mediaset. Nei prossimi giorni, il fondo Elliot avrà quindi un ruolo chiave nel tener impegnato Vincent Bolloré, padre padrone di Vivendi che ha in corso un contenzioso con Mediaset dopo il dietrofront francese sull’acquisto della pay tv Premium. Non a caso, a Piazza Affari, gli investitori hanno fiutato l’odore della battaglia premiando non solo il titolo Telecom Italia (+6%), ma anche la galassia Berlusconi con Mediaset (+3,6%) e Mondadori (+4,5%) in netto recupero dopo il crollo post-elettorale.
La guerra del resto è solo agli inizi. Su questo punto il fondo attivista è stato molto chiaro. In una nota, Elliott ha confermato di aver comprato titoli ordinari e risparmio Telecom Italia senza superare la soglia del 5% del capitale. Ha poi aggiunto che l’obiettivo è contestare la gestione Vivendi facendo sentire la propria voce in assemblea. “Come investitore di Telecom Italia, Elliott ha speso molto tempo e risorse negli ultimi mesi ad analizzare la compagnia e le sue alternative strategiche – si legge nella nota – Secondo la visione di Elliott, Telecom Italia la governance, la valutazione, la direzione strategica e le relazioni con le autorità italiane potrebbero migliorare rimpiazzando alcuni membri del board con nuovi amministratori, totalmente indipendenti e altamente qualificati. Di conseguenza, Elliot sta considerando di effettuare tutti i passi per raggiungere questo obiettivo”. Inclusa la possibilità di raggiungere la soglia del 5% che darebbe facoltà al fondo di presentare una propria lista per il consiglio nell’assemblea del 24 aprile. “Sebbene Elliott – conclude la nota del fondo statunitense – potrà ulteriormente aumentare la propria partecipazione in Telecom Italia (e nel qual caso renderà pubblico il superamento delle soglie superate in conformità alle leggi italiane), non sta cercando e non cercherà di raggiungere il controllo di Telecom Italia”.
Quest’ultima dichiarazione non rassicura certo Bolloré che ha vissuto l’ingresso in scena di Elliot come una vera e propria dichiarazione di guerra. Il raider bretone sa bene del resto come i fondi attivisti sappiano dare filo da torcere. Nel 2010, ad esempio, fecero fallire il blitz della sua Havas sulla britannica Aegis. In quella occasione, Bolloré ne tirò fuori una maxi-plusvalenza da 915 milioni, ma fu costretto a modificare i piani in corso d’opera sulla scia delle pressioni dei fondi e dei manager Aegis. Difficile dire come andrà a finire questa volta in Telecom Italia di cui Vivendi ha poco meno del 24% con dieci posti su un consiglio di amministrazione composto da quindici persone. Le variabili in gioco sono davvero molte in una partita che si intreccia il destino di Mediaset. Entro il prossimo 19 aprile, Vivendi dovrà infatti risolvere il nodo della posizione dominante sia in Telecom che in Mediaset. I francesi hanno promesso all’Agcom di “parcheggiare” il 19% di Mediaset in un trust a gestione indipendente. In caso contrario saranno costretti a vendere le azioni di Cologno Monzese.