8 marzo, un giorno di lutto e di presa di coscienza. Non certo un dì di festa, come falsamente lo presenta la religione dei consumi, gelido alambicco che tutto muta in merce. L’8 marzo ricorda una tragedia e ci ricorda, sempre di nuovo, la tragedia a cui sono sottoposte le donne nell’ordine del capitalismo come nesso asimmetrico centrato sullo sfruttamento.
Disse una volta Carlo Marx che l’emancipazione reale della società si misura dall’emancipazione obiettiva che entro i suoi perimetri hanno guadagnato le donne: non pensava, ovviamente, a minigonne e a donne manager mascolinizzate, né ovviamente a uteri in affitto e, dunque, a donne mercificate sommamente. Pensava, invece, a ciò che ancora oggi manca: una società fondata sulla cooperazione tra uomini e donne egualmente liberi, sottratti allo sfruttamento classista del capitale. Donne, dunque, riconosciute appieno nella loro umanità e trattate non come “mammiferi di lusso” (Gramsci) per spiriti gaudenti, né come merci circolanti.
Mi raccomando, care donne. Oggi più che mai dite no alla violenza. Opponetevi e, insieme, opponiamoci ad essa. La violenza non è solo, né principalmente, quella che talvolta sciaguratamente avviene entro le mura di casa, come vorrebbero farvi credere. Esiste ed è bene combatterla, certo. Senza se e senza ma. Ma senza perdere di vista il punto principale: ossia il fatto che la violenza somma è oggi quella che quotidianamente sfrutta voi quanto gli uomini nel perverso sistema del fanatismo economico pudicamente appellato capitalismo.
Il quale ha buon gioco a farvi e a farci credere che la sola violenza subita dalle donne è quella dei femminicidi e degli oltraggi vigliaccamente perpetrati degli uomini: occultando che, accanto a questi (orrendi e da condannare incondizionatamente, lo ripeto), esiste l’immane violenza quotidiana che l’economia di mercato riserva alle donne, riducendole a merce disponibile (uteri in affitto, ecc.), sfruttandole ogni oltre limite, riducendole, al pari degli uomini, a puro materiale disponibile per i processi della valorizzazione del valore.
Lo scopo dell’astuzia del capitale è ovvio: per un verso, spostare sempre lo sguardo rispetto alla contraddizione che esso stesso è. Facendoci credere che la violenza sia legata a episodi esterni rispetto all’essenza stessa del sistema economico (maschilismo, sessismo, ecc.). Per un altro verso, produrre conflitti orizzontali tra Servi, di modo che mai si persegua il con-flitto verticale del Servo contro il Signore: ecco, allora, che ora ci contrapponiamo tra uomini e donne, in orizzontale, cessando di lottare uniti come fronte degli sfruttati e degli oppressi (uomini e donne insieme) in verticale contro il fronte degli oppressori composto dai cinici signori mondialisti del classismo planetarizzato.