Dopo le polemiche e i processi il porporato salesiano, nel libro “I miei Papi”, racconta che è stato Papa Francesco a "suggerire" come fare i lavori all'interno di Palazzo San Carlo. Una parte è stata pagata, secondo il pm vaticano, con i soldi della Fondazione Bambino Gesù. Il manager della sanità Giuseppe Profiti in primo grado è stato condannato a un anno per abuso d’ufficio
L’attico del cardinale Bertone? Una decisione concordata con Papa Francesco. È lo stesso porporato salesiano a dare la sua versione dei fatti, chiamando in causa direttamente Bergoglio, nel suo libro “I miei Papi”, edito dalla Elledici, che ilfattoquotidiano.it ha letto in anteprima e che sarà presentato a Torino il 14 marzo prossimo. Per la prima volta, dopo le tante polemiche e i processi penali sulla ristrutturazione del suo attico in Vaticano, il Segretario di Stato di Benedetto XVI rompe il silenzio che si era imposto e risponde a tutte le accuse che gli sono state rivolte. E lo fa facendosi più volte scudo dietro il Papa, sostenendo che la decisione sia del suo trasferimento al terzo piano di Palazzo San Carlo, a due passi da Casa Santa Marta, la residenza di Bergoglio, che della ristrutturazione dei due appartamenti che gli sono stati assegnati è stata presa da Francesco in persona. Una tesi che il porporato sostiene riportando alcuni virgolettati da lui attribuiti proprio al Pontefice latinoamericano.
“Devo dire – scrive Bertone – che anche questa faccenda dell’appartamento dove io abito ha avuto il suo inizio in un atteggiamento di paterna cordialità di Papa Francesco. Dovendo lasciare al mio successore l’abitazione che avevo nel Palazzo Apostolico per il mio ruolo istituzionale, ho fatto alcune ricerche fra gli immobili del Vaticano che potevano offrirmi una sistemazione, analogamente ai miei predecessori. Seppi di due appartamenti sullo stesso pianerottolo al terzo piano, che avrebbero potuto essere uniti in modo da permettermi di avere, oltre la mia abitazione anche spazio per ospitare la comunità delle suore e ricavare i locali per l’ufficio, la biblioteca e la cappella. Una sistemazione del genere – si difende Bertone – è abbastanza comune per i cardinali e i prelati che risiedono negli antichi Palazzi all’interno e fuori del Vaticano”.
Il cardinale racconta, inoltre, che “gli appartamenti che avevo individuato al Palazzo San Carlo, proprio accanto alla Domus Sanctae Marthae dove attualmente abita Papa Francesco, erano mal ridotti e necessitavano di una accurata ristrutturazione. Ne parlai più volte con Papa Francesco e ricevetti da lui dei buoni suggerimenti oltre il suo pieno consenso. In un primo momento si pensava addirittura di utilizzare uno solo degli appartamenti e di costruire degli ambienti aggiuntivi comunicanti sopra la terrazza condominiale. La cosa fu dal Papa decisamente scartata: ‘Se si costruisce là sopra si può pensare che il cardinale Bertone sta costruendo un nuovo palazzo’. E così si decise di procedere all’unificazione dei due appartamenti, iniziando il cantiere utile per i lavori, che purtroppo mi ha dato non poche preoccupazioni. Chiesi espressamente a Papa Francesco – aggiunge infine il porporato – se era d’accordo che disponessi di una segreteria e di un ambiente adibito a ufficio. Mi disse di sì ‘perché lei è un testimone privilegiato degli ultimi pontificati e deve ancora poter lavorare’”.
Oltre alle notevoli dimensioni dell’appartamento di Bertone, a destare scalpore è stato il costo dei lavori di ristrutturazione dell’attico: 792mila euro. E soprattutto il fatto che una parte, come ha rilevato il pm vaticano, è stata pagata con i soldi della Fondazione Bambino Gesù all’epoca presieduta dal manager della sanità Giuseppe Profiti. Ben 422mila euro, sempre secondo i magistrati vaticani. Una vicenda sulla quale, proprio per volere di Francesco, la Santa Sede ha voluto vedere chiaro processando penalmente Profiti con l’accusa di peculato per la distrazione dei fondi della Fondazione Bambino Gesù. I giudici vaticani in primo grado lo hanno condannato a un anno per abuso d’ufficio, all’interdizione dai pubblici uffici sempre per un anno e a una multa di 5mila euro. Condanna contro la quale Profiti ha fatto appello. La sentenza vaticana non è ancora stata emessa.
Twitter: @FrancescoGrana