L’accordo con i Cinque Stelle? Una trovata mediatica di Matteo Renzi per non discutere di cosa fare dopo il ko elettorale. Andrea Orlando sferra il primo colpo e Luca Lotti risponde: “Pontifica chi non ha mai vinto nulla“. A quattro giorni dalla débacle elettorale del 4 marzo, nel Pd l’ala renziana e la minoranza orlandiana fanno le scintille. Questa mattina su Radio Capital il ministro della Giustizia ha tratteggiato lo scenario delle prossime settimane, dalla direzione di lunedì alle consultazioni al Quirinale, spiegando quale sarà la sua posizione nella ricerca di una linea comune dei democratici: evitare assi sia con M5s che con il centrodestra sulla presidenza delle Camere, separando il piano istituzionale da quello di governo. Anche perché l’intesa con Luigi Di Maio, qualora fosse richiesta dal presidente della Repubblica, mancherebbe di presupposti programmatici. Il leader della minoranza parte da un assunto: il grande tema di questi giorni, quello sulla possibilità di mediare con i 5 Stelle alla ricerca di un accordo, è stata una trovata mediatica di Renzi “per i discutere un’altra cosa invece di quello di cui bisognava parlare: cosa fare dopo una disfatta storica“.
La replica del Giglio magico arriva poche ore più tardi. La voce è quella di Luca Lotti, le parole sembrano uscite dalla bocca di Matteo Renzi: “Ha ragione il ministro Orlando quando chiede un dibattito nel Pd, sul Pd – scrive il ministro dello Sport su Facebook – almeno, così, avremo modo di parlare di chi ha perso nel collegio di residenza ma si è salvato col paracadute, di chi non ha proprio voluto correre e di chi invece ha vinto correndo senza paracadute. Avremo modo di parlare di come è andata in alcune regioni governate dal Pd in cui il risultato è stato inferiore alla media nazionale con i governatori che hanno fatto tante interviste ma hanno perso tutti i seggi della loro regione”.
“Se vogliamo aprire un dibattito interno facciamolo – prosegue uno degli uomini più vicini al segretario che ha portato il Partito Democratico al 18% registrato alle politiche del 4 marzo, dopo la sconfitta incassata nel referendum sulle riforme costituzionali del 4 dicembre 2016 – perché sentire pontificare di risultati elettorali persone che non hanno mai vinto un’elezione in vita propria sta diventando imbarazzante. Se invece vogliamo essere seri, siamo pronti come sempre ad ascoltare le parole del Presidente Mattarella e il suo appello alla responsabilità. E forse anziché parlare del Pd – che ha perso e starà all’opposizione – è arrivato il momento di vedere cosa vogliono fare i vincitori Salvini e Di Maio”.
Un messaggio cui Orlando replica lasciando trapelare sull’Ansa il commento scambiato con i suoi: “Lotti attacca me per mandare un messaggio ai renziani in fuga“. Chi sono i renziani in fuga? Quelli che, secondo diverse voci provenienti sia da destra che da sinistra, starebbero trattando con Forza Italia l’appoggio a un costituendo governo di centrodestra. Il ministro e leader della minoranza Pd ricorda tra l’altro agli interlocutori di aver dato a suo tempo la disponibilità a candidarsi in un collegio uninominale ovunque, anche periferico, e di aver scoperto solo la notte della formazione delle liste che gli era stata assegnata una candidatura in un collegio plurinominale.
Continuano, intanto, i contatti tra parti del Pd e i 5 Stelle. Come raccontato da ilfattoquotidiano.it, i contatti tra esponenti M5s e del Pd sono già in corso, con i quotidiani che in giornata hanno anche iniziato a far circolare i primi nomi di possibili ministri in quota Pd in un ipotetico governo 5 Stelle (uno su tutti: Marco Minniti) e di altre eventuali concessioni di Di Maio nelle maglie di una trattativa (La Stampa parla della nomina di membri del Consiglio superiore della magistratura). Manovre a cui, però, Andrea Orlando non crede. “Si prova a parlare di questo per evitare una discussione su un risultato che è stato drammatico – spiega il ministro della Giustizia a Radio Capital – È come buttare la palla il tribuna”.
Pur non considerando i Cinque Stelle “il diavolo”, sottolinea Orlando, hanno “preso qualche qualche milione di voti nostri, ovvero di persone che votavano a sinistra, e non li regalerei al diavolo”. Il problema “sta nelle differenze politiche programmatiche con loro”, sostiene il leader della minoranza Pd, più che negli insulti degli scorsi anni perché “anche quando fu fatto l’accordo col centrodestra non venivamo da uno scambio di cortesie in campagna elettorale”.
E se Sergio Mattarella facesse capire che vede intesa Pd-M5S? “Quello che dice il capo dello Stato non può essere ignorato ma io non vedo le condizioni politiche programmatiche, non dobbiamo dirgli di ‘no’ ma spiegargli perché questo percorso è di difficile percorribilità, io credo di impossibile percorribilità“, spiega ribadendo la linea assunta mercoledì. “Noi – ha proseguito – avremmo difficoltà a spiegare perché fare accordo con una forza mantiene dei tratti forcaioli, anti-europei con una politica economica incomprensibile e demagogica. Ho visto che Scalfari ha cambiato frettolosamente posizione, se i Cinque stelle diventeranno altro dialogheremo con altro ma i cambiamenti non si fanno con un tweet, sono cose profonde, necessitano discussione”.
Una tema, quello della formazione del governo, che bisogna scindere dal nuovo assetto istituzionale che il Parlamento è chiamato a stabilire dal prossimo 23 marzo con l’elezione dei presidenti di Camera e Senato: “Evitiamo assi privilegiati con i Cinque stelle e anche col centrodestra, si tratta di costruire, come in qualunque sistema proporzionale, una intesa ampia che coinvolga tutte le forze politiche e che dia a Camera e Senato presidenti che siano in grado di garantire tutti. Distinguiamo la questione istituzionale da quella della definizione degli assetti di governo”.