Lo dimostra uno studio dell'Ufficio valutazione impatto del Senato. A Palazzo Madama nei collegi uninominali il 39% dei seggi va alle donne, nei plurinominali il 36%. Alla Camera 35%. E Di Maio: "Al Senato il gruppo con più elette sarà quello del M5s" col 37,5% di donne
Il Parlamento italiano è ancora lontano dalla parità di rappresentanza uomo-donna, ma i due rami che escono dalle urne del 4 marzo – dove erano in lista 4.327 donne su 9.529 candidati – disegnano una Camera e un Senato con oltre un terzo di elette donne. Nonostante i timori sulle possibilità di aggirare le quote previste dal Rosatellum, i primi dati segnalano quindi un numero di deputate e senatrici superiore rispetto a quelle presenti nella legislatura uscente che complessivamente registrava una presenza femminile del 30,1%.
A dimostrarlo è lo studio 1948-2018. Settanta anni di elezioni in Italia: a che punto siamo con il potere delle donne? messo a punto dall’Ufficio valutazione impatto del Senato. In particolare, tenendo conto dei risultati che al momento non sono ancora definitivi, al Senato nei collegi uninominali il 61% di seggi andrebbe agli uomini, il 39% alle donne; nei collegi plurinominali il 64% agli uomini il 36% alle donne. Alla Camera, il 65% andrebbe agli uomini, il 35% alle donne.
E Luigi Di Maio, in un post sul blog delle Stelle dove commenta la cerimonia al Quirinale per la festa della donna, scrive: “Al Senato il gruppo parlamentare con più donne elette sarà quello del MoVimento 5 Stelle: 42 su un totale di 112 parlamentari”, che corrisponde al 37,5%. Nella legislatura uscente il Pd è stato il partito con maggiore presenza femminile con il 41%, seguito da Movimento Cinque Stelle al 38%, Pdl e Lista Monti-Udc fermi al 22%. Due punti in meno per Sel e infine Lega Nord al 14% e Pdl al 25,8%.
Il dossier traccia anche la presenza femminile in Parlamento dall’inizio della storia repubblicana. Il 18 aprile 1948, quando si sono tenute le prime elezioni, le donne elette sono state 49, il 5 per cento. Ci sono voluti quasi 30 anni e altre sette legislature perché nel 1976 fosse superata soglia 50 elette, e altri 30 anni per avere, nel 2006, più di 150 donne in Parlamento. Nella XVII legislatura, per la prima volta, la compagine femminile alla Camera e al Senato ha raggiunto il 30,1 per cento. Il cammino verso la parità in questi settant’anni è stato lungo: su oltre 1500 incarichi di ministro le donne finora ne hanno ricoperti 78, mentre le presidenze femminili nelle Commissioni parlamentari sono state 23.
Donne al governo – Sul fronte della presenza al governo, fermo restando che nessuna donna ha mai ricoperto finora il ruolo di presidente del Consiglio, l’esecutivo con il maggior numero di ministre risulta quello di Matteo Renzi, che ne contava 8. Dietro a Renzi, c’è il governo Letta (7) e poi: il secondo governo Prodi (6) numero raggiunto anche dai governi D’Alema e poi Berlusconi, che però avevano un numero inferiore di sottosegretarie e vice ministre. 5 le ministre del governo Gentiloni. Nell’ultimo dei sei grafici proposti dallo studio, si riscontra anche l’incarico che le donne al governo hanno ricoperto: al top, c’è il ministero dell’Istruzione, e, a seguire, Sanità, Pari opportunità, Affari sociali, Esteri o Politiche dell’Ue, Beni e attività culturali.
Tredici governi sono stati composti esclusivamente da uomini – Solo dal 1983, col governo Fanfani V, la presenza di ministre è diventata costante. Il maggior numero di donne al governo si è registrato a partire dal 2006, coi governi Prodi II, Berlusconi IV, Letta I e Renzi I. Delle 8 ministre (su 16 titolari di dicasteri: la metà esatta) presenti all’avvio del governo Renzi, tre hanno presentato le dimissioni e sono state sostituite da uomini. Alle ministre sono da sempre stati affidati incarichi prevalentemente nei settori sociali, della sanità e dell’istruzione: ben 48 su 80. Nessuna donna, dalla I alla XVII legislatura, ha rivestito l’incarico di presidente del Consiglio, presidente della Camera o ministro dell’economia e delle finanze o delle infrastrutture e dei trasporti.
Donne sindaco: in testa l’Emilia Romagna – Dal dato delle donne che ricoprono la carica di sindaco all’8 febbraio 2018 (sulla base dei dati contenuti nell’Anagrafe degli amministratori locali-Ministero dell’interno), la percentuale maggiore risulta quella dell’Emilia Romagna, pari al 20,86 per cento, seguita da Veneto (18,95 per cento) e Umbria, Piemonte e Lombardia (intorno al 17 per cento). All’ultimo posto la Campania (5,19 per cento) e la Sicilia (5,99 per cento). La percentuale più elevata di donne sindaco (17,5 per cento) è riscontrabile nei comuni del Nord-est, in particolare nei municipi dell’Emilia-Romagna. Rispetto al valore medio nazionale, che è del 14 per cento, la presenza femminile si mantiene al di sotto in tutto il Mezzogiorno, con l’unica eccezione della Sardegna.