“Ma Renzi si è dimesso?”, “E si è dimesso veramente?”. La domanda rimbalza da quando ieri Matteo Orfini ha diramato una nota (l’espressione è talmente paludata, da suonare eccessiva) per comunicare che il suddetto Matteo Renzi ha scritto la sua lettera di dimissioni lunedì, dopo la conferenza stampa al Nazareno. Per come l’aveva messa lui davanti alle telecamere, in effetti qualche dubbio c’era. Ma a questo punto, le dimissioni vanno prese per buone, già da subito.
Perché non c’è neanche bisogno di aspettare la direzione di lunedì prossimo per trarre una conseguenza giornalistica (e persino storica) che è sotto gli occhi di tutti: qualsiasi cosa succeda da oggi in poi, l’era Renzi è definitivamente finita, con la sconfitta catastrofica del Pd domenica notte. L’ormai ex segretario potrà ricandidarsi al congresso (cosa che comunque ora nega) o condizionare la formazione del nuovo governo e di tutta questa fase politica, usando i suoi fedelissimi in Parlamento (cosa che peraltro hanno fatto, o provato a fare, altri prima di lui); potrà formare gruppi autonomi e spaccare il Pd, o anche lavorare a una nuova formazione, che magari si chiamerà “Avanti” (o chissà, “Avanti, ancora”).
Ma niente cambierà un dato di fatto. Renzi non sarà più quello che è stato negli ultimi 5 anni (e che in realtà era sempre meno dopo la sconfitta al referendum): ovvero, al netto di ogni giudizio sul suo operato, il protagonista politico assoluto, quello che ha dato le carte, quello che ha provato ad accentrare su di sé più potere possibile, quello che ha dominato la scena mediatica. In questo ruolo, Renzi si è attirato prima enormi entusiasmi e poi un odio viscerale. Accolto come il Salvatore della patria, è finito come la causa di tutti i mali. Un fenomeno sociale e psicologico collettivo, oltre che politico.
Adesso, sarà interessante capire come si riposizionano in molti, a partire da quelli nel Pd che hanno condiviso con lui le responsabilità di questa fase, non fosse altro per il fatto di non essere riusciti né a sfiduciarlo, né a sostituirlo. Il centro della scena tocca ad altri. Avanti il prossimo.