Nell’operazione Spazio di libertà Facchineri, noto come "Melino", è stato condannato in primo grado per associazione a delinquere di stampo mafioso e favoreggiamento personale aggravato. L'hanno trovato in un rifugio dotato di visori notturni, binocoli, ricetrasmittenti e pannelli solari per la corrente elettrica
Conosciuto con il nome di “Melino”, è stato arrestato dai carabinieri il latitante Girolamo Facchineri, esponente di primo piano della cosca di Cittanova. Con precedenti di polizia per associazione mafiosa, estorsione e truffa, Facchineri era ricercato dal luglio 2016 quando è sfuggito a un provvedimento di fermo emesso dalla Procura di Reggio Calabria perché accusato di aver favorito la latitanza di Giuseppe Ferraro e di Giuseppe Crea, figlio quest’ultimo del boss di Teodoro Crea.
I due latitanti arrestati, nel gennaio 2016 a Maropati, sono elementi apicali della ‘ndrangheta della Piana di Gioia Tauro. Nell’operazione “Spazio di libertà”, Facchineri è stato condannato in primo grado per associazione a delinquere di stampo mafioso e favoreggiamento personale aggravato. Stando alle indagini, “Melino” aveva il compito di procurare rifugi sicuri e beni materiali alla cosca assicurando, inoltre, gli spostamenti e i collegamenti tra i due latitanti e i loro familiari.
Ritornando alla sua cattura, indagando sul circuito di amicizie e parentele di Facchineri i carabinieri sono riusciti a scoprire che il latitante si trovava in un casolare abbandonato nella zona aspromontana, tra Cittanova e San Giorgio Morgeto.
Alla vista dei militari, il latitante non ha opposto alcuna resistenza. Aveva con sé una pistola “scacciacani” mentre il rifugio era dotato di visori notturni, binocoli e ricetrasmittenti che avrebbero dovuto consentirgli una fuga, che non gli è riuscita, in caso di un blitz dei carabinieri. Il casolare è stato adattato per garantire a Facchineri una discreta autonomia: c’era anche un boiler per l’acqua calda e dei pannelli solari per ottenere la corrente elettrica.