Il movimento Non una di meno: "Rivendichiamo un reddito di autodeterminazione, un salario minimo europeo e un welfare universale, garantito e accessibile". Tra le vittime di omicidio le donne erano il 24% nel 2007, oggi sono il 34%. Il persecutore in un caso su tre è l’ex partner. La disparità di reddito non cala: le donne portano a casa mediamente il 48% in meno degli uomini
Un 8 marzo di sciopero in tutti i settori. Per chiedere meno precarietà, diritto alla conciliazione tra lavoro di cura e lavoro produttivo, reale parità dei salari tra uomo e donna, lotta alle molestie e alle discriminazioni sul lavoro, indennità di maternità per tutte. A promuovere anche in Italia una mobilitazione che come nel 2017 avrà scala mondiale è Non una di meno. Il movimento femminista nato nel 2016 per battersi contro la violenza sulle donne invita tutte ad astenersi per un giorno anche da lavori di casa e attività di cura gratuite, in segno di rifiuto degli stereotipi di genere. Da Aosta a Bari, da Firenze a Reggio Calabria, da Modena a Cagliari, da Trieste a Palermo sono decine le città in cui si terranno iniziative: spettacoli teatrali, cinematografici, speaker corner, letture collettive, cortei.
“Scioperiamo contro la violenza economica, la precarietà e le discriminazioni. Sovvertiamo le gerarchie sessuali, le norme di genere, i ruoli sociali imposti, i rapporti di potere che generano molestie e violenze”, si legge nel documento che spiega le motivazioni della protesta. “Rivendichiamo un reddito di autodeterminazione, un salario minimo europeo e un welfare universale, garantito e accessibile. Vogliamo autonomia e libertà di scelta sui nostri corpi e sulle nostre vite, vogliamo essere libere di muoverci e di restare contro la violenza del razzismo istituzionale e dei confini”. Non una di meno sottolinea come nei programmi dei partiti politici e delle diverse liste, in occasione della campagna elettorale, sia sempre citata la violenza contro le donne “senza però riconoscerne il carattere sistemico e senza mai porre realmente in questione i rapporti di potere vigenti”. “Sappiamo che scioperare è sempre una grandissima sfida, perché ci scontriamo con il ricatto di un lavoro precario o di un permesso di soggiorno”, sottolinea il movimento. “Sappiamo quanto è difficile interrompere il lavoro informale, invisibile e non pagato che svolgiamo ogni giorno nel chiuso delle case, nei servizi pubblici e privati, per le strade. Lo sciopero dell’8 marzo in Italia dovrà affrontare anche le limitazioni imposte dalle franchigie elettorali, che impediscono ad alcune categorie di incrociare le braccia nei 5 giorni che seguono il voto del 4 marzo. Sappiamo anche, però, che lo scorso anno siamo riuscite a vincere questa sfida”.
Questo #8marzo dedicato dalle associazioni alla lotta contro molestie e disparità salariale, impegna tutti noi a fare quadrato intorno a chi rompe il silenzio.
Chi denuncia non deve essere lasciata sola.— laura boldrini (@lauraboldrini) 8 marzo 2018
L’Arci ha raccolto l’appello di Non una di meno e partecipa allo sciopero globale delle donne. “Anche l’8 marzo di quest’anno, in diverse parti del mondo, le donne si mobiliteranno per il secondo sciopero globale astenendosi da ogni attività lavorativa e di cura nei luoghi di lavoro, nelle fabbriche, nei supermercati, negli asili, nelle case, nelle scuole, nelle strade. Se si fermano le donne, il mondo si ferma. Nessuna deve mancare, nessuna deve subire”.
VIOLENZE E STALKING – L’Eurispes in occasione dell’8 marzo ha diffuso un’indagine da cui risulta che otto intervistate su dieci pensano che siano in aumento violenze e stalking sulle donne e il 12,6% dice di aver subito condotte vessatorie reiterate nel tempo. E la Polizia di Stato, attraverso la rivista Polizia Moderna, ha fatto un bilancio sulle iniziative a tutela delle donne vittime di violenza: negli ultimi dieci anni gli omicidi delle donne sono calati del 20%, passando da 150 a 121. Ma l’incidenza delle vittime di genere femminile sul numero totale degli omicidi è aumentata di ben dieci punti dal 2007 ad oggi: dal 24% del totale al 34%. Lo stalker in un caso su tre è l’ex partner, nel 17% un conoscente e il 14,3% delle volte un collega. Il 4,3% delle donne indica, invece, come ‘persecutore’ il proprio attuale marito, compagno o fidanzato. Sette volte su dieci l’atteggiamento vessatorio ha la forma di un messaggio o di telefonate ripetute, nel 58,5% dei casi si esplica attraverso insulti, il 48,6% delle intervistate parla di diffusione di affermazioni diffamatorie e oltraggiose, quattro su dieci sono state costrette a subire appostamenti, pedinamenti e minacce, il 23% danni a cose di proprietà. Ha subìto aggressioni fisiche il 17% delle vittime di stalker e una identica percentuale riferisce di molestie rivolte alla famiglia o agli animali della vittima.
IL DIVARIO SALARIALE – Le donne dell’Unione europea guadagnano il 16% in meno rispetto ai loro colleghi. In pratica, ricevono 84 centesimi per ogni euro percepito da un uomo in un’ora di lavoro. Nella fotografia scattata da Eurostat l’Italia si posiziona all’ultimo posto insieme alla Romania nella classifica delle differenze salariali. Ma questi dati non tengono conto del tasso di occupazione delle donne italiane, intorno al 49% contro una media Ue vicina al 63%, e del fatto che il 32% ha un tempo parziale. Soprattutto, rispetto agli uomini, è quasi tripla la quota di occupate in part time involontario, pari al 19,1% contro il 6,5% maschile. Nel secondo trimestre 2017 inoltre il tasso di occupazione delle 25-49enni era dell’81,1% per le donne che vivono da sole, contro il 56,4% per le madri, a dimostrazione della difficoltà di conciliare vita privata e lavoro per colpa dell’insufficiente welfare per le famiglie. Il risultato è che, secondo l’ultimo Global gender gap report del World economic forum, se si considerano tutte le donne e tutti gli uomini italiani in età lavorativa le prime portano a casa mediamente il 48% in meno dei compagni.
STEREOTIPI NELLE PROFESSIONI – Le divergenze non riguardano solo i salari, ma anche i tipi di lavoro e negli anni non ci sono state rivoluzioni: le donne continuano a essere la maggioranza nelle professioni sanitarie o di insegnamento e gli uomini nei mestieri più tecnico-scientifici. E’ donna l’89% dei lavoratori nel settore della cura della persona, l’80% degli addetti alle pulizie e l’80% degli impiegati, mentre è uomo il 97% dei costruttori e il 74% dei professionisti della scienza e dell’ingegneria. Istat inoltre segnala una più elevata quota di occupate a termine da almeno cinque anni (19,6% rispetto al 17,7% gli uomini) e un maggior numero di lavoratrici con un livello di istruzione più alto rispetto a quello richiesto per il tipo di lavoro svolto (25,7% contro il 22,4% gli uomini). Secondo un rapporto di Manageritalia le donne dirigenti sono il 16,6% nel settore privato, ma il 30,8% tra gli under 35 e il 28,2% tra gli under 40. Nel solo 2016, la percentuale di donne manager è salita del 4,4%, a fronte di un leggero calo di quella degli uomini. Milano guida la classifica italiana con 7.108 donne dirigenti.