La prima volta all'estero è stata nel 1998. Poi, dopo un anno, Cristiano Ferrarese era rientrato in Italia. Ma nel 2015 ha deciso di ripartire: "Volevo evitare di elemosinare un lavoro". E oggi, oltre a fare il portiere di notte in un albergo di lusso, riesce a mandare avanti una piccola azienda e a pensare al futuro
“Dovevo per forza andarmene dall’Italia perché volevo evitare di elemosinare un lavoro e sperare di trovarlo grazie a una raccomandazione”. E così, a 45 anni, una laurea in filosofia in tasca e un curriculum costellato di lavori di ogni tipo – addetto allo smontaggio palchi dei grandi concerti, cassiere in un supermercato, libraio, operaio, sindacalista – Cristiano Ferrarese nel giugno del 2015 lascia Mantova per Bristol dove vive tuttora e dove fa il portiere di notte in un albergo di lusso. Attività che permette di vivere dignitosamente e di sviluppare altre idee durante il resto della giornata. Una seconda fuga dall’Italia dopo la prima vent’anni fa. Sempre nel Regno Unito, ma a Londra. Nel primo periodo fa di tutto: lavora dal fast food al caffè della Tate Modern Gallery. Poi, dopo un anno, torna in Italia. Ci riprova: insegna, lavora in un mobilificio come impiegato e in una cooperativa di facchinaggio ma poi non ce la fa più. Si ripresentano i soliti problemi, la meritocrazia che non c’è, la difficoltà ad andare avanti senza conoscenze e raccomandazioni e torna quella sensazione di soffocamento che lo fa volare di nuovo, questa volta Bristol dove, tra le altre cose, ha trovato anche la lucidità necessaria per scrivere un libro, uscito nel gennaio 2018 che dal titolo dice già tutto: Mi chiamo Cristiano Ferrarese, ho 44 anni e mi sento una persona fortunata (Edizioni Il Galeone).
“L’Inghilterra – racconta – non è il paese del Bengodi. Gli inglesi sono classisti e sottilmente razzisti un po’ con tutti: bianchi, neri, scozzesi, americani, gallesi e irlandesi, italiani e spagnoli. Perché? Pensano di essere il centro del mondo, anche se non è così. Ma da loro conta il merito, come lavori e non tanto di chi sei figlio o da chi sei raccomandato. Al di là di ogni retorica, dopo tre anni posso dire di aver provato sulla mia pelle e visto con i miei occhi che il merito, qui, viene premiato e gli inglesi fanno una cosa tanto semplice, ma che da noi in Italia non si fa, o almeno la si fa troppo poco: mettono nelle posizioni necessarie le persone che rispondono ai requisiti richiesti”.
Ricominciare a 45 anni, “da zero e senza paracadute” come tiene a sottolineare lui stesso, per Cristiano non è stato per niente facile. Ma oggi ha un lavoro e qualche prospettiva, garantita da quello che definisce “il sistema inglese”: “Qui si può cominciare da zero, anche alla mia età. Nel curriculum non ti chiedono la foto, l’età e se sei il tuo profilo è in linea con il lavoro puoi fare qualsiasi cosa. Puoi progettare, sognare e fare impresa anche a quasi 50 anni d’età. Ovvio che le regole ci sono e le devi rispettare, ma una possibilità ti viene data”.
Come a lui: perché a 44 anni, oltre al lavoro notturno, è riuscito anche a mettere su una piccola impresa: “A inizio del 2015 ho conosciuto qui a Bristol Nicola Macolino regista teatrale, pittore e designer che qui lavora in un pub. Da un anno e mezzo abbiamo avviato un negozio online che vende magliette ‘irriverenti’ disegnate e pensate da Nicola dove io ho scritto i testi. Il cuore, il battito e il sangue sono gli archetipi da cui siamo partiti per creare tutto quello che si può comprare: proviamo a vendere un’idea, visto che di magliette e il resto è strapieno il web”. Oltre ai testi, Cristiano segue “tutta la parte pratica: rapporti con fornitore e clienti, banca e commercialista. Qui – precisa – è estremamente facile aprire una partnership come la nostra o una company semplice: non paghi nulla e le prime tasse arriveranno, se arriveranno, ad inizio 2019. Qui si ha l’obbligo di aprire la partita Iva solo dopo aver superato in un anno 80mila sterline e solo in quel momento scatta l’aliquota più alta. Ci stiamo provando, vediamo come va”.