Un alto prelato: “Abbiamo evitato l’effetto Trump. È indubbio che i voti delle parrocchie sono andati sia a Di Maio che a Salvini. E la Chiesa non può non tenerne conto”
Dopo la benedizione di san Gennaro, per Luigi Di Maio potrebbe arrivare anche quella della Chiesa. Era il 19 settembre scorso quando l’allora candidato premier del Movimento 5 Stelle si presentò nel Duomo di Napoli per assistere al miracolo del patrono dei partenopei. Un bacio, quello Di Maio al sangue di san Gennaro, che fece il giro del mondo e fu subito letto come un chiaro invito al dialogo indirizzato alle gerarchie d’Oltretevere. Appena due mesi dopo quel gesto, il leader dei 5 Stelle fece un passo ulteriore in questa direzione. Trovandosi a Washington in concomitanza con il Segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, Di Maio chiese e ottenne di poterlo incontrare. “Leggiamo tante cose su di voi”, gli disse in quell’occasione il porporato, a dire la verità un po’ sorpreso dalla richiesta ma ben disposto a soddisfarla. Quell’incontro Oltreoceano stupì non poco anche il numero due della Segreteria di Stato, monsignor Giovanni Angelo Becciu, che si limitò a commentare: “L’ho appreso dai giornali”.
Bagnasco “grillino” – A urne chiuse un invito abbastanza chiaro a non avere paura dell’exploit del Movimento 5 Stelle arriva dal cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova, la città di Beppe Grillo, e presidente dei vescovi europei dopo essere stato per dieci anni al vertice della Cei. “In tutte le cose – ha affermato il porporato al Secolo XIX – ci sono situazioni in cui, di fronte ad assetti nuovi, nascono timori, è fisiologico. Ma non si deve avere paura, non è l’atteggiamento giusto per affrontare le nuove situazioni”. Per il cardinale, infatti, “si discute del futuro per affrontarlo, le cose bisogna conoscerle per poterle valutare. Anche in politica. Di certo, non bisogna avere paura della realtà”. Per nulla preoccupato dell’esito del voto, Bagnasco si dice “sicuro che il presidente della Repubblica con la sua saggezza saprà trovare le formule e le modalità migliori per dare un governo alla nazione, dopo che la popolazione si è espressa andando a votare in maniera civile e così numerosa”.
Resa dei conti dei vescovi italiani – A tuonare, invece, contro la gestione “soft” in campagna elettorale della Cei targata Gualtiero Bassetti è monsignor Bruno Forte. “Mi chiedo se non sia da avviare una riflessione nella Chiesa italiana su una terza via possibile fra il vecchio collateralismo, ormai inaccettabile, e il rischio di irrilevanza”. Intervistato dal Corriere della Sera, l’arcivescovo di Chieti-Vasto, che un anno fa alle elezioni per la presidenza della Cei raccolse pochi voti, preannuncia una seria riflessione sul risultato delle urne nel Consiglio permanente dei vescovi italiani che si aprirà il 19 marzo prossimo. Ma stando alle parole di Forte, il dibattito si preannuncia come una vera e propria resa dei conti all’interno del parlamentino della Cei. Quasi come se un maggiore interventismo dei vescovi italiani, a iniziare dai vertici dell’episcopato, avesse potuto fare da stampella al Partito Democratico, arginando i populismi e il voto di protesta.
“Silenzio assordante della Cei” – Se da un lato la linea della Chiesa italiana in campagna elettorale è stata molto attendista, la critica di Forte alla gestione Bassetti è tutt’altro che soft. “Alcuni – afferma il presule – hanno evidenziato un silenzio abbastanza generale, qualcuno dice ‘assordante’, della Chiesa italiana. Certamente, il presidente della Cei, cardinale Bassetti, ha detto alcune cose rilevanti con il suo sguardo ispirato a una visione di misericordia. Però se è giusto che si siano prese le distanze dal collateralismo di un tempo, mi sembra che come Chiesa in Italia ci troviamo ancora in una fase di transizione, nella quale non è chiaro in che modo la voce dei pastori e della comunità cristiana possa farsi sentire in maniera più incisiva e diretta nel dibattito politico, specie su ciò che sta più a cuore in chi si ispira al Vangelo”.
“Evitato l’effetto Trump” – In Vaticano non c’è preoccupazione per l’esito del voto. Nel Palazzo Apostolico, dove alla vigilia delle elezioni non si nascondeva la speranza per una grande colazione sul modello del governo di Enrico Letta, c’è grande fiducia in Sergio Mattarella. Il 13 febbraio scorso, in occasione della ricorrenza dei Patti Lateranensi, il presidente della Repubblica, insieme con una folta delegazione del governo, aveva incontrato i cardinali Parolin e Bassetti all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede. Un incontro, a poco meno di un mese dal voto, che aveva rafforzato gli ottimi rapporti tra le due sponde del Tevere. Nei sacri palazzi non si nasconde la soddisfazione per la linea attendista del Vaticano e della Cei fortemente voluta da Papa Francesco. “Abbiamo evitato l’effetto Trump”, commenta un alto prelato riferendosi a quando Bergoglio attaccò in campagna elettorale il candidato repubblicano alla Casa Bianca. “È indubbio che i voti delle parrocchie sono andati sia a Di Maio che a Salvini. E la Chiesa non può non tenerne conto”.
Vaticano grillino? – Nel Palazzo Apostolico, inoltre, si fa notare che le parole del cardinale Parolin sui migranti due giorni dopo le elezioni italiane sono state forzate in chiave anti leghista. “Il Segretario di Stato parlava all’assemblea plenaria della Commissione internazionale cattolica per le migrazioni. Era abbastanza ovvio che il tema fossero i migranti”, sottolineano in Vaticano. Appare comunque ormai superata la “scomunica” di Parolin a Grillo quando quest’ultimo definì gli attivisti del Movimento i “veri francescani”. Così come sembra assai lontano il tempo in cui, proprio nella Genova del fondatore dei 5 Stelle, Papa Francesco criticò apertamente il “reddito di cittadinanza”. Oltretevere precisano che nelle prossime settimane di inevitabile dialogo con le forze politiche a fare da bussola saranno le indicazioni di Bergoglio alla Cei: “I laici che hanno una formazione cristiana autentica non dovrebbero aver bisogno del vescovo-pilota, o del monsignore-pilota o di un input clericale per assumersi le proprie responsabilità a tutti i livelli, da quello politico a quello sociale, da quello economico a quello legislativo!”. Parole chiarissime che in Vaticano intendono far rispettare.