Un “piano Marshall” da 17 milioni di euro. Questa la cifra stanziata dalla giunta guidata da Virginia Raggi per riparare le “oltre 50.000 buche” formatesi Roma dopo l’ondata di neve e pioggia delle ultime settimane. Ad ogni municipio sarà dunque affidato un milione di euro circa per le strade di propria competenza. L’operazione messa in campo dal Campidoglio prevede un’intensificazione nelle riparazioni, con la destinazione di 4,5 milioni di euro per le voragini più gravi apertesi negli ultimi giorni e il noleggio di “una macchina tappabuchi” da 1.500 interventi al giorno e di una “miscela di ultima generazione”, già testata nei mesi scorsi da alcuni municipi capitolini. Si tratta dell’ennesimo piano emergenziale sul tema – uno dei più sentiti – nella Capitale, mentre la città aspetta da quasi un anno il nuovo bando anti-voragini.

Questo, infatti, a detta dei pentastellati dovrebbe rivoluzionare i criteri di affidamento dei lavori, facendo sì che “il controllato non sia più il controllore” ovvero che “chi si occupa dell’esecuzione dei lavori non potrà essere addetto alla verifica della loro bontà”. La delibera per il varo della gara triennale da 12 lotti, del valore di 78 milioni di euro l’anno, e’ però ancora incastrata nelle maglie burocratiche del Consiglio comunale. Da 2 anni il Campidoglio va avanti attraverso la replica di 6 mesi in 6 mesi del provvedimento emesso nella primavera del 2016 dal commissario Francesco Paolo Tronca, a sua volta fac-simile – in versione ridotta – del bando triennale pubblicato nel 2011 dalla giunta guidata da Gianni Alemanno e poi proseguito in deroga fino a fine 2015.

#STRADE NUOVE NON BASTA – In questi 20 mesi l’amministrazione ha messo in campo una task-force ribattezzata #stradenuove. Secondo i dati forniti dal Campidoglio, l’azione ha portato un investimento da 90 milioni di euro per 88 interventi, di cui solo 40 sono stati già conclusi, mentre altri 48 sono in via di assegnazione. Si tratta spesso di tratti di strada di poche centinaia di metri, e non di vie intere. Margherita Gatta – la terza titolare dell’assessorato ai Lavori Pubblici, passato già dalle mani di Paolo Berdini e Luca Montuori – spiega che “il pronto intervento riguardante la grande viabilità è sempre garantito senza soluzione di continuità e sono inoltre eseguiti molti interventi di manutenzione ordinaria come quelli sullo strato di usura della pavimentazione stradale”.

Dall’assessorato, inoltre, ribadiscono che, “il monitoraggio è stato effettuato con continuità dalle ditte incaricate”. Secondo il Comune di Roma, le buche che in questi giorni hanno devastato le strade romane si sarebbero aperte “in tutti i casi” su tratti di asfalto non interessati dalla manutenzione effettuata da giugno 2016 in poi. Insomma: “strade nuove” ha retto. Con la nuova gara, però, gli interventi sarebbero potuti essere molto più organici. Nelle intenzioni, la città dovrà essere divisa in “lotti”: le aziende in lizza potranno partecipare al massimo a 4 di questi, ma potranno aggiudicarsene soltanto uno, mantenendo però il lavoro per 3 anni. Per la “sorveglianza della rete stradale e per il suo monitoraggio” invece, ci sarà un’altra gara, questa volta divisa in tre lotti.

LA GIUNGLA DELLE MANUTENZIONI – Chi ripara le buche a Roma? Dipende innanzitutto da com’è catalogata la strada. Esiste infatti una “grande viabilità” e una “viabilità municipale”. La prima – secondo la delibera 1022/04 – comprende un elenco di 599 strade per un totale di circa 800 km e una superficie (compresi i marciapiedi) di ben 14 milioni di metri quadrati: in questa tabella ci sono tutte le grandi arterie e le principali vie di collegamento. La manutenzione di queste strade, divise in 10 lotti, dipende dal Dipartimento Lavori Pubblici del Campidoglio, che si occupa anche di verificare i lavori. La “viabilità municipale”, da definizione, è invece assegnata a ciascuna circoscrizione di competenza, che a sua volta procede con appalti diversi a seconda delle zone. E’ possibile che, per non sforare le somme stanziate, il Dipartimento chieda ai municipi di intervenire sulla grande viabilità, anche se questo lascia scoperte le strade minori.

APPALTI E COSTI – Ormai da più di 25 anni il Comune di Roma non ha più i suoi operai che vanno a riparare le buche. Le manutenzioni, sia quelle ordinarie sia le straordinarie, vengono dunque affidate a ditte esterne. Se ci sono delle vacatio nelle assegnazioni, come avvenuto di recente, le voragini più pericolose vengono guardate a vista e addirittura riparate con mezzi di fortuna dai vigili urbani, o da qualche associazione di volontariato. Da quando l’Anac ha censurato in maniera veemente le modalità di affidamento dei lavori, il Dipartimento cerca di assegnare i lavori quasi sempre con procedura aperta, anche quando l’importo della gara è inferiore alla soglia di 1.000.000 di euro, sotto la quale il nuovo codice degli appalti consentirebbe in realtà la cosiddetta “procedura negoziata” (gara limitata alle aziende presenti nell’albo capitolino): una sorta di “azione difensiva” degli uffici, che garantisce la trasparenza ma che allunga inevitabilmente i tempi. Ha raccontato Lorenzo Botta, dirigente dell’ufficio Pianificazione e programmazione interventi, durante una recente commissione capitolina: “In precedenza, veniva fatto un ampio ricorso alle procedure ristrette o negoziate sotto la soglia di 1 milione di euro. Oggi, esiste una fascia, fra 150.000 euro e 1.000.000, dove ci viene consigliato di optare per gare a procedura aperta. E noi, per evitare censure, procediamo quasi sempre per la gara d’appalto allargata”.

Riasfaltare una strada significa stendere almeno 3 cm di bitume, al costo di circa 25 euro al metro quadro; ipotizzando una via larga 10 metri, 1 km di asfalto costerebbe dunque circa 250.000 euro. In realtà, una riasfaltatura più duratura comporterebbe anche la sostituzione del cosiddetto “massetto” (ma non si fa quasi mai), al costo totale di 100 euro al mq, 1 milione di euro al chilometro. “Le ditte disoneste – spiega Paolo Masini, ex assessore ai Lavori Pubblici durante la giunta Marino – tendono a fare la cresta sull’asfalto stendendo non i 3 cm ordinati, ma 2 o addirittura 1 cm, risparmiando così anche il 60% dell’asfalto. E’ questo che gli amministratori devono controllare”. Nelle gare d’appalto è anche specificata nel dettaglio la tipologia di bitume che le ditte devono utilizzare.

IN ORIGINE FU L’APPALTONE ROMEO – Una parte della giungla delle manutenzioni è stata generata ai tempi del sindaco Walter Veltroni. La giunta del primo segretario Pd nel 2006 arrivò ad assegnare per la grande viabilità un mega-appalto da 580 milioni in 9 anni alla società Romeo Gestioni di Napoli. Il patron era proprio l’Alfredo Romeo arrestato per corruzione il 1 marzo dello scorso anno nell’ambito dell’inchiesta Consip. La Romeo, che già gestiva in parte il patrimonio immobiliare del Comune di Roma, non aveva esperienze pregresse nel settore, ma ottenne lo stesso la super commessa, che nell’intendimento di Veltroni avrebbe dovuto risolvere definitivamente la questione della cura delle strade. Bene, ma chi avrebbe controllato? Il problema fu proprio quello: delegare tutto a uno stesso soggetto non portò a sbarazzarsi della questione, ma a peggiorarla. Così, secondo i dati diffusi allora, in un anno e mezzo il nuovo gestore realizzò solo il 10% della manutenzione prevista, benché il Campidoglio avesse sborsato già 45 milioni.

I 10 LOTTI, LE SOMME URGENZE E LE POLIZZE – Appena arrivato a Palazzo Senatorio, Gianni Alemanno non ci pensò due volte e, insieme al suo assessore Fabrizio Ghera – oggi in Fratelli d’Italia – mise subito mano all’appaltone, di fatto rescindendolo. “Il modello Romeo non andava bene perché lo stesso consorzio aveva un ruolo di controllore e di controllato” si giustificò nel gennaio 2009 il neo sindaco di centrodestra, una volta che gli avvocati capitolini riuscirono a inserirsi nelle pieghe del contratto utilizzando come appiglio le “notevoli problematicità” emerse “dalle relazioni del responsabile del procedimento, dai rendiconti trimestrali del monitoraggio nonché da doglianze dei municipi e segnalazioni dei cittadini”.

Si dovette aspettare però il 2011 per arrivare al definitivo modello di manutenzione della grande viabilità da 10 lotti distinti, che poi è ancora quello attuale. Ma anche così i problemi non sono mancati. Già nel febbraio del 2010 il consigliere Massimiliano Valeriani (Pd) denunciava lavori di “somma urgenza” per decine di milioni su importi inferiori ai 500mila euro: in questo modo, secondo il centrosinistra, si assegnavano lavori extra in affidamento diretto facendo lievitare i costi. Inoltre, presto si scoprì che “per garantire la buona esecuzione dei lavori di ordinaria e straordinaria manutenzione”, le società appaltatrici avevano sottoscritto polizze fideiussorie con la società di assicurazioni del Comune stesso, l’AdiR. Una contraddizione in termini. L’annullamento di queste polizze sopraggiunse solo nel 2014.

LE INCHIESTE E GLI ARRESTI – Inevitabile, in questo contesto confusionario, l’ingresso a sirene spiegate della magistratura, che nel dicembre 2015 ordina l’arresto di 7 funzionari capitolini, 2 del Dipartimento Lavori Pubblici e altri 5 legati ai municipi. L’inchiesta, che coinvolse in totale 18 persone, riguardava 33 gare d’appalto per complessivi 16 milioni di euro. Secondo gli investigatori, “gli accordi presi tra gli imprenditori e i funzionari incaricati di sorvegliare il corretto andamento dei lavori comportavano la dazione di cifre che nel tempo variavano da poche migliaia di euro sino ad oltre 100mila euro, pertanto nell’ordine del 3-4% del valore dell’appalto stesso”. Emblematico il caso delle pulizia delle caditoie stradali, dove solo un numero ridotto veniva ripulito rispetto al totale dichiarato nella documentazione di esecuzione lavori. La solita storia: il problema non è (solo) chi esegue i lavori, ma (soprattutto) chi dovrebbe controllare.

LE DEROGHE E I RINNOVI – Corruzione, malaffare, regole poco chiare e personaggi senza scrupoli. Nel 2015, per un Comune già traumatizzato dall’inchiesta sul Mondo di Mezzo, con il fiato sul collo di Anac e Corte dei Conti e che in estate aveva sfiorato lo scioglimento per mafia, operare in questo ambito era diventato impossibile. Così, il 30 settembre i bandi e nell’impossibilità di firmare proroghe il servizio di manutenzione delle strade semplicemente si fermarono. Fu il caos. Volanti della Polizia Locale ferme per giorni a fare la guardia alle buche, vigili urbani a elemosinare asfalto nei cantieri edili, addirittura i produttori di un film su James Bond – girato a Roma – che regalarono quintali di bitume al Municipio del Centro Storico per coprire le voragini. L’ultimo assessore della giunta Marino, Maurizio Pucci, stimava in 2 miliardi il costo di “una grande opera per rifare le strade di Roma”. Si andò avanti per mesi, fino a febbraio 2016, quando Francesco Paolo Tronca ci mise una pezza e con uno stanziamento in bilancio di 50 milioni di euro firmò un bando semestrale (sul modello Alemanno-Ghera), messo in campo tale e quale da Virginia Raggi già nell’autunno 2016. E poi, semestre dopo semestre, fino ad oggi.

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