Capitoli

  1. Due parole su quel che resta di Sgarbi
  2. Pagina 1
Politica

Due parole su quel che resta di Sgarbi

Devo confidarvi un segreto: c’è Vittorio Sgarbi, o quel che ne resta, che da tre giorni mi manda sms di insulti. Mercoledì notte: “Inutile, inetto”. Ieri: “Coglione e disonesto”. E via così. Senza ovviamente che io me lo sia mai filato di pezza. Già solo questo ci dà contezza di come Basaglia, purtroppo, abbia fallito. Evidentemente il poveruomo non ha ancora metabolizzato la figuraccia raccattata martedì a Cartabianca. Infatti è sempre lì a scrivere (male) di me su Il Giornale, scavando ogni giorno di più.

Non riesce proprio a metabolizzare lo smacco. Anche se non sembra, Sgarbi o quel che ne resta è però un uomo tenero. Per questo voglio dedicargli pensieri saturi di affetto e stima.

1. Sgarbi scrive: “Ricordo (a Scanzi, NdA) che, in quarant’anni, ne ho visti tanti come lui, sparire. Mentre io ci sono ancora. E me lo mangio”. Ohi ohi: è già nella fase terminale in cui si fa i complimenti da solo e si convince allo specchio di avercelo lungo. Sgarbi non si rende conto che, in questi quarant’anni, è lui ad essere scomparso da un pezzo. E’ postumo in vita da anni, ma purtroppo non pare rendersene conto. Voglio però rassicurarlo: non ho mai fatto la corsa su di lui, semplicemente perché non amo vincere facile. E più ancora perché non sono necrofilo.

2. Sgarbi straparla di fascismo e grillismo, dicendo che ogni fascismo ha i giornalisti che si merita e quello del grillismo sarei io. Ciao core. Dirmi che sono “grillino” è come dire a Sgarbi che è bello: una sciocchezza in sé, ontologicamente. E’ poi vero che ogni epoca ha pure i suoi cortigiani. O le sue meretrici di basso rango, nonché malamente avvizzite.

3. Prima di dire che il grillismo fosse fascismo, il flatulente seriale di Ferrara andava a pranzo con Grillo e diceva che in fondo i grillini non erano male. Poi, visto che tra i 5 Stelle non se l’è filato nessuno, ha provato la carta Renzi sfruttando la sponda Farinetti. Niente. Quindi è tornato a fare il giullare moscio del Berlusca, dopo una parentesi tragicomica con Tremonti e uno straparlare afono di Rinascimento. Una prece.

4. Essendo sconnesso da un bel pezzo, Sgarbi mi accusa di avere molti meno spettatori e lettori di lui. Ricordate: quando un vecchietto accusa uno più giovane di non avere pubblico, sta solo provando a ricordare a se stesso di essere ancora vivo. Oltretutto Sgarbi, che ormai non ne indovina una neanche per sbaglio, ha pure scelto il momento peggiore per dirmelo: il mio libro Renzusconi ha raggiunto le sei edizioni ed è in classifica da più di tre mesi, sideralmente davanti al libretto di Sgarbi uscito nell’anonimato. E il mio spettacolo omonimo ha fatto più spettatori e sold out in un mese che i suoi (discreti) show logorroici in un anno.

Caro Vittorio, non sei neanche il passato. Non sei. E basta.

5. Sgarbi non capisce nulla di politica e non ha mai indovinato non solo un’esperienza di governo (Salemi forever), ma nemmeno un’analisi. Cinque anni fa, dopo una puntata a L’Aria che tira, invitò a casa sua sia me che Cuperlo. Ci promise di farci pranzare e se ne dimenticò (o forse costava troppo). In compenso parlò due ore di fila. Ci disse che Cuperlo era il futuro del Pd. Cuperlo si toccò le palle e capì all’istante che era già finito tutto. Dopo il Referendum costituzionale disse che Renzi aveva vinto, perché “quel 40% è tutto suo”. E infatti si è visto. Anche come politologo, per parafrasarlo in amicizia, è una capra stitica.

6. Sgarbi non ha un pubblico “suo”. Ogni volta che ha provato a fare qualcosa da solo in tivù, tipo prime serate sulla Rai, ha avuto meno pubblico di Socci con Excalibur. Funziona, sempre meno, come sciroccato bollito che urla a caso. Va bene come opinionista alla Pupa e il Secchione. O come zimbello virale quando si fa riprendere sulla tazza del cesso, nel tentativo disperato di espellere se stesso. Senza peraltro riuscirci (la stipsi è una brutta bestia).

7. Sgarbi non ha elettori, politicamente vale meno di un Alfano coi capelli e ad Acerra non lo ha votato neanche il gatto. Dopo la figuraccia epocale con Di Maio, nella quale è stato in grado di perdere con 43 (ahahahahaha) punti di distacco, avrebbe dovuto ritirarsi in un eremo. Invece blatera ancora perché si è salvato col paracadute come un Carbone qualsiasi. Politicamente ha il peso di Ferrara e Adinolfi. Senza però averne (più) l’intelligenza.

(continua nella pagina successiva)