Martin Schulz accusato di “clientelismo stalinista” e di regalare poltrone agli amici. Angela Merkel descritta come “l’arroganza al potere” e “un attentato alla democrazia”. La scusa del c’eravamo tanto insultati, sbandierata ora da molti dem per sbarrare la strada a un possibile accordo con il M5s, in Germania non ha retto: dopo i consueti attacchi da campagna elettorale e le prese di posizione del post-elezioni, alla fine Cdu e Spd hanno dimostrato ancora una volta che forze politiche opposte e nemiche possono sedersi a un tavolo, decidere un programma comune e poi governare. I tedeschi potranno anche essere ormai assuefatti alle Grandi coalizioni, ma le ragioni per cui questo accordo non viene definito inciucio sono da ricercare soprattutto in quel documento di 177 pagine, divise in 14 capitoli, disponibile online per tutti i cittadini, che in Germania viene definito Koalitionsvertrag. E’ il contratto di coalizione firmato il 7 febbraio scorso da Cdu, Csu e Spd, in cui l’azione di governo per i prossimi anni viene definita punto dopo punto.
2005. Schröder: “Merkel non ce la farà mai a formare coalizione” – E’ vero, dal dopoguerra ad oggi la Germania potrebbe essere definita la terra delle coalizioni e gli elettori sono abituati. Ma è anche vero che loro stessi possono liberamente consultare ogni punto del programma di governo, decidere se il compromesso raggiunto è soddisfacente e verificare poi se i partiti tengono fede agli impegni presi. E questo non vieta alle forze politiche che potranno formare un governo di darsi battaglia in campagna elettorale, al netto della nota pacatezza tedesca, anche a suon di insulti e colpi bassi. Era successo anche la prima volta, nel 2005, quando l’allora candidato Spd, Gerhard Schröder, proprio il giorno delle elezioni aveva detto che “la signora Merkel”, allora 51enne, non era in grado di fare la cancelliera: “Non ce la farà mai a formare una coalizione sotto la sua guida con il partito socialdemocratico. Non illudetevi”, aveva dichiarato davanti a lei.
Quando Angela prometteva la flat tax – Tredici anni fa per Schröder la Merkel era “la ragazza dell’Est”, quella che avrebbe usato i tedeschi come cavie per sperimentare nuove politiche economiche. La Mutti di Germania era stata allora bombardata di attacchi, perdendo 10 punti percentuali tra i primi sondaggi e il voto finale che la vedeva comunque in testa. La proposta del suo ministro delle finanze in pectore, una flat tax al 25 per cento – sì, quasi identica a quella promessa da Silvio Berlusconi – fu derisa e sbeffeggiata insieme all’inesperienza di una giovane Merkel. Alla fine l’aliquota unica fu messa da parte e nacque la Grosse Koalition: qualcosa che i tedeschi non vedevano dagli anni 60. Quattro anni dopo votarono di nuovo per la Merkel.
Spd: “Merkel arroganza al potere, attacco alla democrazia” – Dopo il voto del 24 settembre scorso, con il crollo della Spd fino al 20,5% – peggior risultato della storia – la reazione dell’allora segretario Martin Schulz era stata praticamente identica a quella avuta da Matteo Renzi dopo il 4 marzo: “Staremo all’opposizione”. Passati due mesi, di fronte al fallimento delle trattative per la coalizione Giamaica e al rischio concreto del ritorno alle urne, Schulz ha fatto marcia indietro e ha aperto al dialogo con l’Unione della Merkel. Sapeva che nuove elezioni avrebbero condannato i socialdemocratici all’anonimato, dimezzando i consensi, e favorito il boom dell’estrema destra. Schulz è arrivato a questa scelta dopo una campagna elettorale in cui aveva giurato e spergiurato che mai più la sua Spd avrebbe governato con i cristiano-democratici. Aveva accusato Merkel di essere “nient’altro che l’arroganza al potere” e di usare una strategia da regime, “basata sulla cancellazione degli argomenti scomodi, mettendo sistematicamente a tacere ogni dibattito”. Di più: “I suoi tatticismi sono un vero attacco alla democrazia”, aveva dichiarato.
Cdu contro Schulz: “Capo di un sistema di clientelismo statalista” – Le sue offese erano una risposta al dossier pubblicato dalla Bild un po’ di tempo prima: un documento redatto dalla Cdu e dagli alleati bavaresi della Csu per gettargli fango addosso. Veniva accusato di spese pazze durante i suoi anni da presidente del Parlamento europeo, di usare un jet privato, di avere due chauffeur sempre a sua disposizione, di spendere soldi dell’Ue per cenare al Au Cocodrile, ristorante di Bruxelles dai prezzi non proprio popolari. “Non è integro”, aveva detto di lui il capogruppo della Cdu, “ha creato un sistema di clientelismo stalinista” per fare in modo che “molti suoi fidati occupassero posizioni influenti nell’Ue”. Schulz aveva risposto chiamando vicino a sé Gerhard Schröder. L’ex cancelliere serviva proprio a rievocare i toni di quella campagna, che nonostante l’esito finale era stata durissima.
2017. Nahles: “Spaccheremo la faccia al nuovo governo” – Dopo i risultati delle elezioni di settembre 2017 l’esperienza della Grosse Koalition sembrava al capolinea. Con parole molti simili a quelle usate oggi dagli esponenti democratici in Italia, lo ripeteva soprattutto Andrea Nahles: “Gli elettori ci hanno mandato all’opposizione, punto”, diceva l’anti-Merkel per eccellenza e ormai sicura segretaria della Spd (nella foto). Anzi, “spaccheremo la faccia al nuovo governo”, aveva dichiarato appena tre giorni dopo il voto. Oggi, da leader in pectore dei socialdemocratici, è stata protagonista della trattativa per la formazione di quel governo e avrà quattro anni di tempo per ricostruire un consenso pur facendo parte della maggioranza nel Bundestag, il parlamento tedesco.
Poi l’accordo sui contenuti: dal lavoro ai migranti – E’ chiaro che per riuscirci la Spd dovrà fare di tutto per non essere percepita come la stampella di un altro governo Merkel, una delle ragioni della bocciatura alle urne. Ma nell’accordo di coalizione è già chiarito quali cose i socialdemocratici potranno fare e quali paletti avranno. Hanno per esempio dovuto rinunciare alle loro battaglie sul tema migranti e sull’assicurazione per i cittadini, ma hanno ottenuto importanti vittorie sul lavoro e sulle pensioni. L’accordo è pur sempre un compromesso che però è stato sottoposto al voto dello stesso partito. La Spd, come la Cdu e la Csu, ha portato in assemblea il documento per farlo approvare. In più, i socialdemocratici hanno chiesto anche il sì di tutti i loro iscritti, per essere sicuri del consenso almeno della maggioranza della loro base. Un procedimento che in Italia trova un parallelo solo nelle consultazioni del M5s, tramite la piattaforma Rousseau, mentre per il Pd comporterebbe una consultazione in stile primarie mai sperimentata se non sul nome del segretario.
In Germania non si parla quindi di spartizione di poltrone – anche se ovviamente ogni parte della coalizione ha ottenuto ministri peso – o di intese da cercare in Parlamento sui singoli provvedimenti, strada che espone a richieste di futuri favori. Il compromesso si raggiunge al contrario con lunghe e faticose trattative – i tedeschi questa volta hanno aspettato più di cinque mesi, in cui comunque l’economia ha continuato a crescere – ma una volta trovato l’accordo, con quello si governa. I socialdemocratici hanno potuto inserire nel documento di coalizione nuovi limiti ai contratti a tempo determinato e il diritto di ritorno al tempo pieno per chi ha il part-time, ma hanno rinunciato alla parità di trattamento nella sanità tra chi ha un’assicurazione privata e chi ha quella pubblica (Bürgerversicherung), che pure era stato un cavallo di battaglia della campagna elettorale. Allo stesso modo l’Unione ha ottenuto un tetto all’immigrazione – massimo 220mila persone l’anno – e ha raggiunto un compromesso con la Spd anche sul ricongiungimento familiare, il tema che aveva fatto fallire le trattative con i liberali per la coalizione Giamaica.
La Csu bavarese ha visto inserita nell’accordo la sua richiesta di riforma dei centri per i rifugiati e ha ottenuto la guida del ministero dell’Interno: due fronti su cui si giocherà le sue carte per riguadagnare consensi in vista delle elezioni nella sua Baviera del prossimo autunno. La Spd ha ottenuto i dicasteri degli Esteri e delle Finanze, simbolicamente importante perché mette fine all’era del tanto odiato Wolfgang Schaueble, ma anche quelli del Lavoro, della Famiglia e dell’Ambiente, che le consentiranno di tornare capofila in alcune storiche battaglie della sinistra. La Merkel infine si ritrova, al suo quarto mandato, un governo più forte in Europa, stabile e moderato, con cui la sua Cdu potrà gestire la transizione verso il futuro. Compito che tra i socialdemocratici toccherà invece alla Nahles: dovrà convincere molti scettici e per farlo tornerà un giorno ad attaccare Frau Merkel e chi ne prenderà il testimone. Intanto rimarrà all’interno di quella Grosse Koalition che dopotutto ha portato la Germania a essere leader indiscussa dell’Unione europea.