Il futuro di Napoli nelle mani del Governo. C’è poco tempo per evitare il dissesto. A rendere disastrosa una situazione già complicata è stata una sentenza pronunciata il 7 marzo dalle Sezione Unite della Corte dei conti, che hanno respinto in via definitiva il ricorso presentato dal Comune di Napoli contro una delibera della magistratura contabile campana che contestava all’ente di aver sforato nel 2016 il Patto di Stabilità. Questo perché non aveva inserito nel bilancio 114 milioni di debito con il Cr8, consorzio che lavorò alla ricostruzione edilizia durante il commissariamento post-terremoto del 1981. Così il Comune potrebbe passare presto dal pre-dissesto (situazione nella quale si trova dal 2013) al crac, come accadde nel 1993, quando un deficit da duemila miliardi di lire spinse Palazzo San Giacomo a dichiarare il fallimento. Da allora i debiti del passato continuano a pesare come macigni, ma è anche vero che le amministrazioni che si sono succedute alla guida della terza città d’Italia non sono mai riuscite a risanarli. Una storia che “mi fa rivoltare lo stomaco – è stata la prima reazione del sindaco Luigi de Magistris dopo la sentenza – perché sono circa due anni che devo discutere per un debito del 1981. Tutto ciò mi fa provare profonda indignazione e preoccupazione”. Già, perché da prima del voto del 4 marzo il Comune aspetta che l’esecutivo Gentiloni riconosca la transazione con la quale si dovrebbe accollare circa il 75% del debito con il Consorzio Cr8, perché risalente a una fase gestita dal commissariato straordinario di governo. Cosa accadrà ora, a elezioni concluse? E con un pignoramento di 24 milioni dalle casse comunali? Il presidente del Consiglio ha assicurato a De Magistris che la prossima settimana, a Palazzo Chigi, si potrebbe procedere con l’eliminazione del pignoramento. Un primo passo. Una mossa necessaria. Perché se le motivazioni della sentenza dovrebbe arrivare nel giro di 15 giorni, l’Ente ha di fronte a sé un’altra scadenza da rispettare. Entro il 30 marzo deve infatti approvare il bilancio di previsione.
LE CONTESTAZIONI DELLA CORTE DEI CONTI – A ottobre scorso, la sezione regionale della Corte dei Conti, con la delibera 240, ha espresso alcune criticità sulla gestione dei conti dal parte del Comune di Napoli che aveva sì recuperato parte del disavanzo originario (850 milioni dal 2013 al 2015), ma per effetto di un’errata contabilizzazione delle entrate. I magistrati hanno scoperto altri debiti fuori bilancio che, nel frattempo, avevano portato il disavanzo del Comune a più di un miliardo di euro. Da quei debiti deriva lo sforamento del Patto di Stabilità contestato per il 2014 e il 2016. Il Comune ha poi presentato ricorso. Il 7 marzo scorso è stata pronunciata la sentenza delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti che hanno accolto il ricorso solo per quanto riguarda i conti del 2014, dando invece ragione per quanto riguarda il 2016 ai magistrati contabili campani, secondo cui quell’anno il pareggio di bilancio era stato raggiunto solo sulla carta, mentre il Comune era in rosso di 114 milioni. Una cifra che, stando alla legge, dovrà essere recuperata nel primo anno utile.
I DEBITI DEL PASSATO CHE NON SI RISANANO – Da dove saltano fuori quei 114 milioni? Tra i debiti fuori bilancio scoperti dalla Corte dei Conti, il più consistente è quello nei confronti di due consorzi che si sono occupati della ricostruzione edilizia dopo il terremoto. Tra ‘Cr8’ e Comune di Napoli, in particolare, c’è stata battaglia culminata in una sentenza con la quale nel 2016 la Corte d’appello di Napoli ha imposto a Palazzo San Giacomo il pagamento di 83 milioni. Soldi che il Comune non aveva nelle casse, motivo per cui è scattato il pignoramento. Altri i debiti non onorati che hanno portato la somma totale a 114 milioni.
Per de Magistris “la decisione delle Sezioni Riunite della Corte di Conti è giuridicamente infondata e produce una profonda ingiustizia sociale”. Dopo il problema del pignoramento, ci sarà infatti da risolvere quella legata al debito. Secondo i prospetti finanziari avanzati dall’amministrazione comunale nei numerosi tavoli che si sono svolti a Palazzo Chigi, competerebbe allo Stato il saldo di circa l’80-90% del debito con il Cr8, considerando che i lavori sono stati commissionati sotto il commissariamento post terremoto. Fino a oggi, però, è mancato il via libera politico per porre fine alla vicenda. Il sindaco di Napoli ha già annunciato che il 10 aprile sarà a Roma per guidare una manifestazione pubblica proprio “contro il debito addossato alla città”.
COSA DI RISCHIA – Non sarà facile far fronte all’ennesima batosta per un ente tuttora alle prese con un piano di rientro per evitare il dissesto, la cui riformulazione è stata già bocciata proprio dalla Corte dei Conti. Tanto che a fine 2017 era stato necessario approvare un emendamento ‘salva-Napoli’ da inserire nell’ultima legge di Bilancio che raddoppiava da 10 a 20 anni il tempo a disposizione dei Comuni in pre-dissesto (altri duecento, circa, quelli che ne beneficerebbero) per ripianare gli squilibri finanziari. Tra l’altro, nel caso di Napoli, dal 2013 sono già stati utilizzati 5 anni. E poi c’è la questione dell’Anm in concordato preventivo, con il manager dell’azienda dei trasporti pubblici Ciro Maglione che ha rassegnato le dimissioni all’indomani della sentenza della Corte dei Conti. L’ente rischia molto. Intanto perché in questi casi la legge prevede, tra le altre cose, il taglio dei trasferimenti statali pari ‘all’elusione del saldo di finanza pubblica’, ossia proprio quei 114 milioni di euro. “Non solo dobbiamo pagare un debito che non ci appartiene – ha commentato a riguardo De Magistris – ma dobbiamo pagare anche la sanzione”.