Xi Jinping può restare presidente della Repubblica popolare cinese per sempre. L’Assemblea nazionale del Popolo ha abolito il limite del mandato con il voto favorevole di 2.963 delegati su 2.969, varando la riforma costituzionale che permette all’attuale leader di Pechino di diventare potente come Mao Zedong. La barriera dei due mandati quinquennali era stato inserito nel 1982 da Deng Xiaoping proprio per evitare il ritorno ad un regime dittatoriale come quello del “quattro volte grande” che durò dal 1949 al 1976.

La scelta dell’Assemblea da un lato rappresenta un ritorno al passato per la Cina, dall’altro afferma Xi Jinping come una delle figure più potenti nella storia cinese. Sessantaquattro anni, alla guida di Pechino dal marzo 2013, Xi Jinping – che è anche segretario generale del Partito e presidente della Commissione centrale militare, oltre a controllare una decina di organismi di governo – è stato eletto cinque anni fa con appena un voto contrario e tre astensioni. Numeri praticamente identici a quelli odierni (2 no, 3 schede bianche e 1 nulla) che confermano la forza della sua leadership e spianano la strada a una presidenza fino alla morte.

Quando a febbraio era stata proposta la riforma costituzionale, diversi intellettuali aveva lanciato appelli contro un nuovo possibile maosimo. Se da un lato è vero che la rielezione del 2023 passerà comunque attraverso il Congresso, che mantiene intatti i suoi poteri, dall’altro le percentuali schiaccianti lasciano comunque presagire un difficile cambio di rotta nel breve periodo.”Quarantadue anni dopo, nell’era di internet e della mondializzazione, un nuovo tiranno in stile Mao si eleva sulla Cina”, denuncia il dissidente Hu Jia contattato telefonicamente dall’Afp.

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