Flaminio de Castelmur per @SpazioEconomia
2040. E’ l’anno nel quale alcune nazioni bandiranno la vendita di auto a motore endotermico (benzina e diesel, per intenderci) obbligando gli acquirenti a scegliere esclusivamente tra modelli mossi da motori elettrici. Con alcuni Paesi ancora più rapidi, come la Norvegia che, con un piano progressivo di detassazione, ha fissato nel 2025 la fine delle auto a carburante oppure l’Olanda la quale ha già stabilito il divieto di vendita nel 2025 e il divieto di circolazione delle”vecchie” auto nel 2035. Passando poi all’anno 2030 con la fine della vendita di auto a motore termico in Germania e in India e al 2040 scelto come anno limite da Francia, Regno Unito e Italia.
Tutto ciò segue le prese di posizione politiche di parte della comunità scientifica e (gran) parte dei governi delle nazioni più evolute. Si presenta il motore diesel come maggior responsabile di inquinamento e peggioramento dell’ambiente, assoggettandolo a regole di immatricolazione sempre più severe e penalizzanti. Vengono imposti limiti elle emissioni talmente severi da indurre alcuni marchi a non sviluppare più nuovi motori diesel, rinunciando persino alla presentazione di versioni diesel dei nuovi modelli, come sta facendo la Toyota già dal 2018.
Alcuni effetti di questa situazione sono già visibili. L’Acea, Associazione Europea dei costruttori di automobili evidenzia nelle statistiche che, per la prima volta dal 2009, nell’Unione europea a 15 le vendite di auto a benzina hanno sorpassato quelle dei diesel, con una quota del primo semestre dell’anno scesa al 46,3% dal 50,2 della prima metà del 2016.
Tali posizioni, enfatizzano i demeriti ambientali del diesel, che ha un rendimento migliore e consumi più bassi di un pari cilindrata a benzina, producendo minori quantità di CO2. Resta superiore nelle emissioni di ossido di azoto (NOX), al centro dello scandalo dieselgate, e di polveri sottili, anche se le auto più recenti, dotate di filtro anti-particolato, inquinano meno di quelle a benzina. La questione, semmai, riguarda quelle più vecchie.
Siffatti cambiamenti di mercato, cosa hanno veramente dietro e a chi potrebbero giovare?
In Usa il diesel ha una quota di mercato inferiore all’1%, relegato perlopiù al settore dei furgoni mentre in Europa nel 2016 più della metà delle immatricolazioni ha riguardato auto a gasolio. La Cina per ora rappresenta il mercato principale per i veicoli elettrici, spinti anche da politiche prezzi bassi per l’elettricità ed elevati per il gas. In Italia, invece, le nuove immatricolazioni riguardano ancora il diesel per il 57% del totale.
Il dubbio che la campagna sia spinta da tali nazioni per propri interessi è presente, tenendo conto anche che i produttori europei sono più bravi degli altri nella progettazione dei motori diesel.
Una valutazione del cambiamento del parco auto che imporranno i nuovi divieti, non può prescindere anche dal sistema distributivo dell’elettricità e dal consumo delle ricariche. Pochi dati bastano a spiegare il problema.
In Italia sono registrati circa 37 milioni di vetture a motore endotermico. Ipotizzando che 10 milioni di queste vengano sostituite da mezzi elettrici e che vengano collegate alla rete per ricaricarsi anche solo con un basso assorbimento, 3 KW l’una, il totale della richiesta istantanea sulla rete sarebbe pari a 30 MegaWatt, solo per le auto. Si capisce tale valore pensando che oggi in Italia si consumano circa 35 MegaWatt al giorno in totale. Come potrebbe reggere il sistema distributivo ad un raddoppio della domanda? E dove dovremmo approvvigionarci di energia visto che già oggi la acquistiamo all’estero? Ancora, quante colonnine dovrebbero venire installate visto che i tempi per una ricarica completa delle batterie di un’auto (piccola) si aggirano tra le 5 e le 6 ore?
Per trasformare in elettrico meno di un terzo del parco circolante, occorrerebbe investire centinaia di miliardi di euro in linee elettriche, colonnine di ricarica e centrali energetiche, e questo solo in Italia.
Infine, è agevole capire che la sostituzione della vecchia auto, per molte famiglie potrebbe risultare non sostenibile economicamente, anche ipotizzando sussidi statali per l’acquisto di auto ecologiche. Sostegni che, sempre nell’ipotesi di sostituire 10 milioni di auto con sgravi pari ad almeno 5.000 € l’una, comporterebbero solo per l’Italia ad un esborso di almeno 50 miliardi!
Il bando dei motori a gasolio inoltre comporterà una fortissima svalutazione dei modelli esistenti, con una perdita patrimoniale degli italiani di molti miliardi e una minor sostenibilità della sostituzione di un usato senza più valore.