La data della nuova udienza sarà comunicata successivamente. Smentito il rischio prescrizione: si deve infatti operare un ricalcolo alla luce dei precedenti rinvii per cui la data non è così imminente come era stato erroneamente ipotizzato
Rinviato a data da destinarsi. Lo sciopero degli avvocati miete una vittima eccellente: il processo in Cassazione per l’inquinamento di Bussi sul Tirino (Pescara), la discarica dei veleni della Montedison. Previsto questa mattina dopo il ricorso degli imputati condannati in secondo grado dalla Corte d’Appello dell’Aquila, il rinvio è scattato per l’adesione allo sciopero di alcuni dei legali delle difese e degli avvocati di parte civile. La data della nuova udienza, come detto, sarà comunicata successivamente. A nulla, quindi, è valso l’appello lanciato ieri da Wwf Abruzzo. Pur dicendosi “fiducioso per la sentenza e la bonifica”, l’ente ambientalista ha sottolineato in una nota che “in verità il codice deontologico dei legali stabilisce che non debba esserci astensione dalle udienze qualora sia imminente la data di prescrizione del reato e nel caso di Bussi il disastro ambientale sarebbe prescritto tra appena un mese. In ogni caso – ha aggiunto – lo sciopero determinerebbe un allungamento dei tempi, il termine per la prescrizione potrebbe e anzi dovrebbe essere spostato per consentire il recupero dell’udienza eventualmente saltata”.
La previsione del Wwf, tuttavia, si è dimostrata errata. Dopo il rinvio, infatti, l’associazione ambientalista ha sottolineato che non c’è tuttavia il pericolo che il processo possa saltare: “Il Procuratore generale ha chiarito che non si verificava l’ipotesi prevista dal codice di autoregolamentazione, che chiede di non astenersi nel caso di processi prossimi alla prescrizione – ha detto l’avvocato del Wwf Tommaso Navarra – Si deve infatti operare un ricalcolo alla luce dei precedenti rinvii per cui la data di prescrizione non è così imminente come era stato erroneamente ipotizzato. In ogni caso i termini oggi sono stati sospesi sino alla prossima udienza: il processo non corre alcun rischio di non arrivare a una definitiva sentenza“. “È importante – ha sottolineato invece il delegato Abruzzo del Wwf Italia Luciano Di Tizio – che intanto vada avanti il procedimento in corso presso il Ministero dell’Ambiente, il cui prossimo appuntamento ci sarà a breve, per arrivare alla bonifica dei terreni contaminati. L’obiettivo finale non può che essere infatti il ripristino totale dei terreni contaminati“.
LA STORIA DEL PROCESSO – In secondo grado, il 17 febbraio 2017 la Corte d’Assise d’Appello dell’Aquila ha certificato che il sito industriale e le discariche dei veleni dello stabilimento Montedison hanno effettivamente avvelenato le acque di falda e riconosciuto che sul disastro colposo esistono dei comportamenti aggravati che impediscono la prescrizione del reato. Una sentenza rivoluzionata rispetto a quella di primo grado della Corte d’Assise di Chieti, pronunciata nel 2015. Riconosciuto, infatti, l’avvelenamento delle falde, seppure prescritto, e condannati dieci imputati per disastro colposo, con provvisionali milionarie. I giudici aquilani, infatti, hanno hanno spiegato che invece ci sono colpe precise e l’inquinamento è assodato. Una sentenza che arriva dopo anni di veleni non solo materiali: gravano su quella di primo grado i dubbi di alcune inchieste sul presidente della Corte chietina, Camillo Romandini, sulle presunte pressioni sui giudici popolari che hanno portato all’apertura di un fascicolo disciplinare aperto dal Ministero di Grazia e Giustizia.
In primo grado, il 19 dicembre 2014, la Corte d’Assise di Chieti aveva derubricato il reato di disastro ambientale in disastro colposo e giudicato gli imputati non colpevoli per sopraggiunta prescrizione; i giudici di secondo grado, invece, sono arrivati alla condanna perché un ricalcolo dei tempi ha portato a stabilire che la prescrizione non era scattata. La Corte ha stabilito che tutte le condanne, che vanno dai 2 ai 3 anni di reclusione, sono condonate perché i fatti sono tutti antecedenti al 2 maggio 2006. A 3 anni di reclusione, pena condonata, sono stati condannati Maurilio Agugia, Carlo Cogliati, Leonardo Capogrosso e Salvatore Boncoraglio; alla pena di due anni, anche questa condonata, Nicola Sabatini, Domenico Alleva, Nazzareno Santini, Luigi Guarracino, Carlo Vassallo e Giancarlo Morelli. Si tratta nella maggior parte dei casi di ex manager della Montedison. Le provvisionali e le spese legali da riconoscere alle parti civili ammontano a 3,7 milioni di euro, suddivisi in 2,705 milioni di provvisionali e 592mila euro che, con gli oneri, arriveranno a un milione di spese legali.