Operazione anti droga della procura di Venezia. Gli arrestati sono accusati di associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti con l’aggravante, per alcuni, del favoreggiamento alla mafia e del riciclaggio. Tra loro c'è anche il calabrese già arrestato e rilasciato per l'assassinio del giornalista slovacco
Era stato arrestato e rilasciato con l’accusa di aver avuto un ruolo nell’omicidio di Jan Kuciak, il giornalista assassinato il 26 febbraio in Slovacchia. Ora finisce nuovamente agli arresti. C’è anche il calabrese Antonino Vadalà tra le diciassette persone coinvolte nell’inchiesta anti droga della procura di Venezia. Per undici è stata ordinata la custodia cautelare, per sei invece l’obbligo di dimora: sono tutti accusati di associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti con l’aggravante, per alcuni, del favoreggiamento alla mafia e del riciclaggio.”L’importanza dell’indagine sta anche nel coinvolgimento di alcuni personaggi che sono di grosso spessore nell’ambito della criminalità organizzata. In particolare c’è Vadalà, arrestato per l’omicidio del cronista slovacco e poi rilasciato”, dice spiega il procuratore capo, Bruno Cherchi.
La Procura lagunare ha indagato Vadalà per associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, riciclaggio e autoriciclaggio, per aver creato insieme ad altri componenti della banda di matrice ‘ndranghetista dei canali commerciali leciti da utilizzare per l’importazione di droga dal Sudamerica e gestito singole operazioni di importazione finanziando l’acquisto di stupefacente grazie a sue società.
Nei confronti di altre 16 persone coinvolte del traffico sono state ordianate perquisizioni in Veneto, Lombardia e Calabria. Per documentare quanto avveniva, un militare della Guardia di finanza si è infiltrato nell’organizzazione sotto copertura. “Ha dato immediata comunicazione – spiega Cherchi – degli spostamenti e le modalità attraverso cui veniva importato e smistato lo stupefacente in Italia. Ma anche dando possibilità di disporre di un riscontro immediato per la Procura in merito agli accertamenti che mano a mano si facevano”.
Per importare la droga, sottolinea il procuratore, la banda aveva creato delle società per l’import dal Sudamerica di frutta. Nei carichi veniva nascosta una quantità ingente di droga. L’indagine ha coinvolto anche Paesi stranieri, come la Slovacchia, dove è stato rintracciato Vadalà. “C’è stato coordinamento di EuroJust e delle autorità slovacche – ha aggiunto il capo degli inquirenti lagunari-. La Guardia di finanza di Venezia e la procura sono riuscite a tenere un’indagine complessa senza fuga di notizie. Altrimenti sarebbe stato un problema per l’incolumità dell’agente sotto copertura”. La droga arrivava attraverso navi e camion: complessivamente si tratta di 400 chili di cocaina. “La ‘ndrangheta calabrese si muove in maniera diversa rispetto al passato – dice sempre Cherchi -. Non opera più direttamente, ma ha un radicamento attraverso cui si muove in maggiore autonomia sia con approvvigionamento che distribuzione della sostanza stupefacente”.