“Il Papa scomodo” lo ha definito il vaticanista del Tg2 Enzo Romeo. “Un Papa che divide?” si è, invece, domandato Gianfranco Svidercoschi, vicedirettore de L’Osservatore Romano durante il regno di san Giovanni Paolo II. È un dato di fatto incontrovertibile, però, che allo scoccare dei primi 5 anni di pontificato di Jorge Mario Bergoglio le opinioni, più dentro che fuori il gregge dei credenti, siano abbastanza discordanti. Del resto, come ricordò il cardinale Giacomo Biffi alla vigilia del conclave che nel 2005 elesse Joseph Ratzinger, Gesù stesso ha detto: “Io sono venuto a portare la divisione”.
Per Romeo “Bergoglio reinterpreta il ruolo di ‘sovrano Pontefice’ per piegarsi sulle periferie del mondo. Le sue novità sono ‘scomode’ per la Chiesa, dove c’è chi evoca addirittura il pericolo di uno scisma. Molti i problemi ancora aperti, dal contrasto alla pedofilia alla gestione delle finanze vaticane. Ma lo ‘stile Francesco’ riavvicina i ‘lontani’ e la sua ‘diplomazia della misericordia’ contribuisce a disinnescare la ‘guerra mondiale a pezzi’ che insanguina il mondo”. A chi accusa Bergoglio di aver desacralizzato il papato risponde lo scrittore Erri De Luca: “La figura del Pontefice non è desacralizzabile, ciò avviene solo quando il Papa si dimette”.
Ma davvero Francesco è un Papa che divide? “Potrebbe – risponde Gian Franco Svidercoschi in un suo interessante libro appena pubblicato da Rubbettino – sembrare una domanda provocatoria, critica. Invece, è come se fosse la fotografia, a cinque anni dagli inizi, del pontificato bergogliano. Per Francesco, bisogna tornare al Vangelo, declinato però nel segno della misericordia, della centralità dei poveri, dell’attenzione alle periferie, anche esistenziali, anche morali. Insomma, una proposta di cambiamento radicale. Che inquieta i cuori, sconvolge mentalità e abitudini, scompagina i centri di potere, provoca resistenze, opposizioni, all’interno della stessa gerarchia ecclesiastica. E finisce, appunto, per dividere il popolo cristiano”.
Per Svidercoschi, che ha raccontato al mondo la Curia romana dal Concilio Vaticano II in poi, “c’è gente che non si riconosce nella ‘Chiesa in uscita’ di Bergoglio, nel suo ‘perdonismo’. Si parla di un Papa ‘eretico’, di uno scisma. Sono le inevitabili contraddizioni che caratterizzano il progetto rivoluzionario di Papa Bergoglio; e con queste contraddizioni, perciò, è necessario fare i conti. Senza che per questo si debba cedere al pessimismo. Il cattolicesimo è in un periodo di transizione molto complesso, molto sofferto. Ma, se vissuto con coraggio e creatività, potrebbe spalancare orizzonti oggi impensabili”.
Un Papa comunista o meglio peronista secondo alcuni. Un Papa movimentista secondo altri. E perfino un Papa grillino. “L’obiettivo di Francesco – secondo La Civiltà Cattolica diretta da padre Antonio Spadaro – è stato quello di avviare le riforme interne alla Curia, ma non quello di portarle tutte e subito a compimento. L’umiltà gli impedisce di immaginare se stesso come il ‘Don Chisciotte’ della riforma, che ‘è come pulire la Sfinge d’Egitto con uno spazzolino da denti’, per usare una sua immagine eloquente. Questa è l’ironica e smaliziata constatazione che lo ha guidato sin dall’inizio”.
Certamente l’elezione di Bergoglio ha lasciato in molti l’amaro in bocca. “Se nel marzo 2013 – ha scritto Alberto Melloni su La Repubblica – la maggioranza che Ratzinger sperava eleggesse il cardinale Scola fosse stata solida o sincera, in questi giorni festeggeremmo l’anno quinto di Paolo VII (dicono avrebbe scelto questo nome). Fine teologo, il ‘Papa ciellino’, avrebbe scritto dotte encicliche. La causa di beatificazione di Giussani sarebbe avanzata. Renzi non avrebbe toccato Lupi. Parolin sarebbe nunzio in Venezuela e Bassetti vescovo emerito di Perugia, entrambi senza porpora. Chi campa lodando qualunque Papa, lo loderebbe; i critici sarebbero bastonati senza pietà”.
La verità è che Francesco, da autentico gesuita, ha sempre messo le mani avanti: “Io ho la sensazione che il mio pontificato sarà breve: 4, 5 anni”. Se questa convinzione di Bergoglio fosse vera saremmo già all’epilogo di un pontificato destinato a rimanere nella storia, anzi a segnare la storia. E non solo quella della Chiesa cattolica o del cristianesimo. ma del mondo. E i nemici sono soltanto il segno eloquente dell’ottimo stato di salute di cui gode questo pontificato.