L’associazione ambientalista chiede al prossimo governo di approvare subito gli strumenti regolatori e legislativi per chiudere le centrali a carbone entro il 2025, e di definire il Piano nazionale clima ed energia e la Strategia di decarbonizzazione a lungo termine
Il mondo perderà la metà delle specie animali e vegetali che oggi lo popolano se non si ridurranno le emissioni di CO2. La fauna e la flora di paradisi naturali come le isole Galapagos e l’Amazzonia, ma anche il Mediterraneo rischiano l’estinzione entro la fine del secolo. È l’allarme lanciato dal Wwf, che ha condotto uno studio sul clima assieme ad esperti dell’Università dell’East Anglia e della James Cook University. I risultati, pubblicati sulla rivista Climatic Change, sono preoccupanti: anche rimanendo entro il limite di 2°C posto dall’Accordo sul clima di Parigi per l’aumento della temperatura, il nostro pianeta è destinato a perdere il 25% delle specie che popolano le aree chiave per la biodiversità.
Un aumento di 2 gradi centigradi della temperatura globale nel Mediterraneo metterebbe a rischio quasi il 30% della maggior parte dei gruppi di specie analizzate, si legge nello studio. Senza un taglio alle emissioni di gas serra, con il termometro che salirebbe di 4,5 gradi, sparirebbe invece metà della biodiversità. Le specie più a rischio sono le tartarughe marine, in primis la Caretta caretta, e i cetacei. I ricercatori stimano che l’aumento delle temperature supererà la variabilità naturale del passato, rendendo questa zona del pianeta un hotspot dell’impatto climatico. Dovremo aspettarci periodi di siccità in tutte le stagioni, con potenziali stress da calore per gli ecosistemi e le specie più sensibili, come le testuggini d’acqua dolce, o gli storioni: questi ultimi minacciati sia per il cambiamento del regime di salinità, sia per la riduzione dell’areale idoneo, combinazione drammatica per specie già fortemente indebolite dalla pesca illegale.
Le altre zone che soffrirebbero di più delle variazioni climatiche sono le savane boschive a Miombo, in Africa, dove vivono ancora i licaoni, l’Australia sudoccidentale e la Guyana amazzonica: fino al 90% degli anfibi, l’86% degli uccelli e l’80% dei mammiferi si potrebbero estinguere. L’Amazzonia potrebbe perdere il 69% delle sue specie vegetali, mentre nell’Australia sudoccidentale l’89% degli anfibi potrebbe estinguersi localmente. Nel Madagascar il 60% di tutte le specie sarebbe a rischio di estinzione locale. Le boscaglie del fynbos nella regione del Capo Occidentale in Sud Africa, che stanno vivendo una fortissima siccità con carenze idriche significative verificatesi anche a Città del Capo, potrebbero affrontare estinzioni locali di un terzo delle specie presenti, molte delle quali sono uniche di quella regione Mediterraneo bollente.
Questo studio è stato pubblicato a 10 giorni dall’Earth Hour, l’Ora della Terra, che ricorre il 24 marzo, occasione in vista della quale il Wwf Italia ribadisce la necessità di politiche volte a ridurre le emissioni di CO2 per contenere il cambiamento climatico. In particolare, l’associazione ambientalista chiede al prossimo governo di approvare subito gli strumenti regolatori e legislativi per chiudere le centrali a carbone entro il 2025, e di definire il Piano nazionale clima ed energia e la Strategia di decarbonizzazione a lungo termine.