Venerdì 16 marzo a Modena alla Camera di Commercio, gli avvocati penalisti che parteciperanno al seminario titolato “Criminalità organizzata e terrorismo” riceveranno tre crediti formativi in “etica”, come previsto dal regolamento sulla formazione continua. A parlare saranno due esperti della materia. Il primo è il generale Mario Mori, ex comandante del Ros dei Carabinieri ed ex direttore del Sisde. Il secondo è il colonnello Giuseppe De Donno, pure ex carabiniere del Reparto Speciale. Solo che entrambi sono imputati al processo sulla Trattativa tra pezzi dello Stato e Cosa nostra, in corso all’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo. Dove dopo quattro anni e otto mesi di udienze il pubblico ministero Vittorio Teresi ha chiesto una condanna a 15 anni per Mori e a 12 per De Donno.
La requisitoria dell’accusa è fresca, del gennaio scorso: “Sono colpevoli e vanno condannati”, ha detto Teresi, per aver trattato con la mafia “mentre esplodevano le bombe tra la Sicilia e il continente”. Il riferimento è agli anni bui delle morti di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, delle stragi di Roma, Firenze, Milano e ai successivi presunti contatti per cercare da un lato di fermare la violenza mafiosa e dall’altro di portare benefici e favori alle cosche. Dodici anni di carcere sono stati chiesti anche per il generale Antonio Subranni e per Marcello dell’Utri, co-fondatore di Forza Italia con Silvio Berlusconi. Per l’ex ministro Nicola Mancino, accusato di falsa testimonianza, la richiesta è di 6 anni.
L’iniziativa con Mori e De Donno sotto la Ghirlandina è promossa dalla Camera Penale Carl’Alberto Perroux di Modena ed è rimbalzata la mattina di martedì 13 marzo nell’aula bunker del processo Aemilia dove è ancora calda la polemica sull’Osservatorio, istituito dalla stessa Camera Penale, per controllare il lavoro dei giornalisti che seguono le udienze. È un gruppo di quattro avvocati, coordinati da Alessando Sivelli, che ha il compito di “verificare le modalità con le quali vengono riportate dagli organi di stampa le notizie di cronaca giudiziaria”. Partendo dal presupposto che “l’informazione spesso diventa strumento dell’accusa per ottenere consensi e così inevitabilmente condizionare l’opinione pubblica”. Iniziativa “sconcertante e di grande preoccupazione”, commentarono allora il presidente dell’ordine dei giornalisti Carlo Verna e il segretario della Fnsi Raffaele Lo Russo.
Oggi, invece, lo stesso Osservatorio decide di invitare a parlare di criminalità organizzata e terrorismo due imputati eccellenti del processo sulle più alte e segrete collusioni tra apparti dello Stato e Cosa Nostra, che sta cercando nel silenzio generale di fare luce sulla stagione di morte degli anni Novanta. Il generale Mori ha già dovuto rispondere due volte in tribunale all’accusa di favoreggiamento nei confronti di Cosa Nostra: per la mancata perquisizione del boss Totò Riina e per il mai ordinato arresto di Bernardo Provenzano. È stato assolto in entrambi i casi. Al processo Stato-mafia è accusato di violenza o minaccia a corpo politico dello Stato. Come De Donno, accusato in particolare di avere contattato Massimo Ciancimino per stabilire un contatto con il padre Vito, ex sindaco mafioso di Palermo, al fine di aprire un dialogo tra le due parti in guerra e fermare la strategia stragista di Riina. Dopo aver lasciato i carabinieri De Donno ha lavorato nel settore della sicurezza privata per Roberto Formigoni in Lombardia, entrando nel Comitato per la trasparenza delle procedure legate all’Expo. Incarico che lo ha fatto finire indagato: secondo i pm avrebbe causato un danno di oltre mezzo milione di euro alla pubblica amministrazione.
Insomma, l’interrogativo è lecito: era proprio il caso di invitare i due a parlare di etica? L’Unione degli avvocati penalisti di Modena, però, non ha dubbi e ripropone il format già sbarcato in Sicilia il 17 gennaio scorso. Allora fu il presidente dell’Assemblea siciliana, Gianfranco Miccichè, ad accogliere con tutti gli onori Mario Mori e Giuseppe De Donno a palazzo dei Normanni, per la proiezione del film di Ambrogio Crespi “Generale Mori: un’Italia a testa alta”. Unico commento politico fuori dal coro, per quella iniziativa, fu del capogruppo parlamentare dei 5 Stelle Giancarlo Cancelleri che disse: “È una vergogna. Qui siamo all’assoluzione preventiva”.
Cancelleri ebbe il buon senso di dirlo prima delle richieste di condanna dei pubblici ministeri al processo Stato-mafia, ma oggi a Modena quelle richieste sono ben note. Ciò non ha impedito ai penalisti modenesi di optare per il rodato due Mori-De Donno per far acquisire agli avvocati i tre crediti in etica.In attesa di sapere se i due ex alti ufficiali del Ros sono eroi, come sentenziava Vittorio Sgarbi a Palermo, o gli uomini dell’interlocuzione con Cosa nostra, nel biennio stragista, come sostiene l’accusa del processo nello stesso capoluogo siciliano.