L'annuncio è arrivato durante l’incontro con il presidente Andrej Kiska: lascerà il posto da premier e verrà formato un nuovo governo, ma senza andare ad elezioni anticipate
Il primo ministro slovacco Robert Fico ha offerto le dimissioni tre settimane dopo l’uccisione di Jan Kuciak, giornalista che stava lavorando a un’inchiesta sui legami della ‘ndrangheta con personalità vicine al premier. La mossa è stata concordata con i leader alleati del Most-Hid, partito della minoranza ungherese, e dell’ultranazionalista Partito nazionale slovacco.
L’annuncio è arrivato durante l’incontro con il presidente della Repubblica Andrej Kiska: “Oggi ho offerto le mie dimissioni”, ha dichiarato il premier. “Se il presidente le accetta sono pronto a dimettermi domani”, ha aggiunto, ma senza andare ad elezioni anticipate: Fico ha condizionato il passo indietro al rispetto da parte di Kiska dell’attuale maggioranza della coalizione governativa. Secondo il primo ministro, il diritto a nominare un premier nuovo spetta al suo partito (lo Smer, democratici sociali), vincitore delle elezioni parlamentari del 2016.
Il giornalista, 27 anni, e la sua fidanzata sono trovati senza vita il 25 febbraio nella loro casa vicino Bratislava, uccisi a colpi di arma da fuoco. Kuciak stava realizzando un’inchiesta, pubblicata poi postuma incompleta, sulle relazioni fra imprenditori italiani sospettati di essere legati alla ‘ndrangheta e uomini politici slovacchi. La vicenda aveva dato il via a proteste in Slovacchia e altri Paesi: venerdì 40mila persone sono scese in strada a Bratislava nella più grande protesta dalla rivoluzione di velluto che nel 1989 rovesciò il regime comunista cecoslovacco e altre manifestazioni si sono svolte in varie città slovacche, così come a Praga e Berlino.
La poltrona di Fico sembrava poter rimanere solida dopo le dimissioni di Robert Kalinak, ministro dell’Interno e vice-premier, arrivate il 12 marzo. In precedenza si erano già dimessi la consigliera di Fico, Maria Troskova, il ministro della Cultura Marek Madaric e il segretario del Consiglio di sicurezza, Viliam Jasan.
Era stato Kiska a infliggere un forte scossone alla compagine di governo: il 7 marzo il presidente aveva accusato l’esecutivo di aver ignorato gli avvertimenti dell’intelligence sulle infiltrazioni della criminalità organizzata italiana, che è sospettata di un coinvolgimento negli omicidi del giornalista e della compagna. Il presidente slovacco aveva riferito che il capo dello spionaggio Anton Safarik gli aveva comunicato che alcuni ministri erano stati informati da tempo sulla mafia italiana.
Il primo marzo la polizia slovacca aveva arrestato sette italiani nominati nel reportage, poi rilasciati. Tra loro l’imprenditore Antonino Vadalà, il fratello e il cugino. Vadalà è finito di nuovo in manette il 13 marzo. Stavolta però le porte del carcere si sono aperte per lui con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, riciclaggio e autoriciclaggio.