C’è questa scena di Star Trek: Next Generation nella quale l’ologramma di Stephen Hawking gioca a carte con Isaac Newton e Albert Einstein. Una scena che, a guardarla oggi, fa venir voglia di alzare gli occhi al cielo, verso le stelle. Così, per salutare questi tre signori che oltre a una partita a carte fantastica condividevano le stesso quoziente di intelligenza, 160 o 165. E per salutare in particolar modo Einstein, del quale ricorre l’anniversario di nascita e Hawking, morto oggi a 76 anni. Una coincidenza governata da chissà quale legge, se ce n’è una: i due ancora una volta ‘legati’, oltre la ricerca.
“Einstein sbagliò quando disse: “Dio non gioca a dadi”. La considerazione dei buchi neri suggerisce infatti non solo che Dio gioca a dadi, ma che a volte ci confonde gettandoli dove non li si può vedere”. Parole di Stephen. Uno che viene facile chiamare per nome perché oltre a essere una delle menti più brillanti mai esistite, è diventato una icona pop impareggiabile. Familiare, in un modo o nell’altro, per tutti noi. Nessuno snobismo, nessun atteggiamento da star: è l’attitudine dei grandi, funziona così. Allora vale la pena ricordarlo insieme ai Monty Python quando, nel 2015, per celebrare la nuova cover di Galaxy Song, brano tratto da Il Senso della Vita, il quartetto simbolo della comicità britannica e Stephen misero in piedi un video. Lui che viaggia per la galassia a bordo della sua carrozzina insieme a tante, bellissime, immagini di repertorio.
Uno potrebbe chiuderla qui, che il video vince tutto. Ma ci sono molte altre apparizioni nelle quali Hawking ridefinisce l’idea di non prendersi troppo sul serio essendo una delle menti più brillanti di sempre. Dai Simpson, dove in diversi episodi compare nel ruolo di se stesso, a Futurama (anche qui svariate apparizioni, impossibile non ricordare quella nell’episodio Anthology of Interest I dove Hawking ha il ruolo di Vice Presidential Action Rangers, custode del continuum spazio-temporale), ai Griffin. E ancora, la pubblicità (compare in uno spot Jaguar), i documentari, le sue frasi più note così condivise e condivisibili, e il cinema, naturalmente. Con Eddie Redmayne che nel 2014 vinse l’Oscar per La teoria del tutto, lungometraggio ispirato al memoir della ex moglie di Stephen. “Ha una personalità, un carisma, una forza d’animo che era davvero una sfida enorme poterla rappresentare. Qui però volevamo fosse la sua storia umana e d’amore ad emergere, quella famigliare con i suoi fallimenti, o i limiti che la vita ti porta a dover affrontare”. Lo ha detto Redmayne a proposito di questa interpretazione che è stata per lui “la sfida più grande”.
A leggere di tutte queste incursioni nella cultura pop viene facile capire come mai non serva essere esperti di astrofisica per sentire una quale forma di nostalgia, oggi. E non è mica finita. Per chiudere una lista di ricordi che potrebbe continuare ancora a lungo vale la pena citare i Pink Floyd. La voce di Hawking è utilizzata campionata nella loro canzone Keep talking, album The division bell (1994). E ancora, nel brano Talkin’ hawkin , album The endless river (2014). Ascoltarle non è una cattiva idea.
Ciao, Stephen.