Cinema

Un sogno chiamato Florida, bello da fare invidia a tanti compatrioti registi: sembra un po’ un Amarcord felliniano

Il regista Sean Baker filma la realtà con una naturalezza rara, angolando e abbassando ad altezza testa di bimbo la macchina da presa, prendendosi il tempo di qualche inatteso long take. Quest'opera è una delle cose più belle dell’annata cinematografica 2017/2018

di Davide Turrini

Moonee, Scooty, Jancey e gli altri. La rumorosa e saltellante comunità di piccoli protagonisti di Un sogno chiamato Florida è una delle cose più belle dell’annata cinematografica 2017/2018. Un gruppo di monelli che corre, sputa, urla e letteralmente danza sotto il cielo luminoso della Florida. Kissimmee, sobborgo a sud di Orlando che sembra un paese di marzapane. Giallo, azzurro, viola, tutto rifulge di una reale sovrabbondanza di colori e forme pubblicitarie tra supermercati, bar e drugstore. A un tiro di schioppo, poi, c’è l’utopia del Walt Disney World, roba che non è per tutti i bimbi. Visto che i genitori dei protagonisti, soprattutto di Moonee, ovvero la giovane madre single Halley, vivacchiano in uno stato di dolce far niente, davanti alla tv, nella stanza di un motel, nientemeno che il The magic Castle, attendendo dollari in extremis per non essere sfrattati. Infatti Un sogno chiamato Florida – di cui il Fattoquotidiano.it vi presenta una clip in esclusiva – è letteralmente un film sulla povertà delle periferie dei grandi centri urbani contemporanei. 

Un tempo perduto dei bassifondi raccontato senza piagnistei, senza tragedie, ma con un vitale e dissacrante tono comico che fa respirare con brio una storia semplice che sembra definitivamente fondare una nuova categoria di genere: il ballatoio-motel movie. Spazio centripeto dove tutto e tutti ritornano. Viola pantone su muri, colonne, porte che abbracciano l’occhio, e lo sfidano a rielaborare e pensare la miseria dentro al luccicare contrastante del colore e dei raggi di sole. Sean Baker filma la realtà con una naturalezza rara, angolando e abbassando ad altezza testa di bimbo la macchina da presa, prendendosi il tempo di qualche inatteso long take. Bello da fare invidia a tanti compatrioti registi, questo Un sogno chiamato Florida sembra un po’ un Amarcord felliniano nell’anarchia bambinesca della fuga e della libertà, un po’ Ken Loach modello Ladybird Ladybird nel terribile ma anche dolce finale. William Dafoe, proprietario buono e tollerante del Magic Castle, ha ricevuto una nomination (ultrameritata) all’Oscar come Miglior attore non protagonista. In sala il 22 marzo 2018 per Cinema di Valerio De Paolis.

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