Henry John Woodcock non ha commesso violazioni disciplinari quando ha deciso di intercettare Tiziano Renzi pur non avendolo iscritto nel registro degli indagati a Napoli nell’ambito dell’inchiesta Consip (cosa avvenuta in seguito dopo che l’inchiesta è stata trasmessa a Roma). E non c’entra nulla con la fuga di notizie riservate circa l’indagine sulla centrale pubblica degli appalti: si tratta della presunta soffiata (ora è ufficiale: falsa) che in sede penale ha visto Woodcock indagato con la giornalista Federica Sciarelli e conclusa anche dal gip di Roma con l’archiviazione. Né, infine, il pm ha avuto responsabilità nella diffusione della telefonata tra il generale Adinolfi e Matteo Renzi, conversazione agli atti dell’inchiesta Cpl-Concordia. Tradotto: le accuse contro di lui altro non erano che bufale.
LE SEI ARCHIVIAZIONI – Fake news, insomma, e non – come accusavano all’epoca i renziani – comportamenti che facevano pensare a una sorta di complotto dei pm contro l’ex presidente del Consiglio. È quanto deciso dalla procura generale della Cassazione, che ha deciso di archiviare tutte le sei istruttorie aperte nei confronti del pubblico ministero di Napoli accertare eventuali profili di violazioni disciplinari compiute dal magistrato nelle indagini in questione. Oltre le tre appena citate, le altre archiviazioni riguardano la mancata comunicazione al capo dell’ufficio dell’indagine a carico del giudice Rosita D’Angiolella, l’esposto presentato dall’imprenditore Massimiliano D’Errico – arrestato nell’inchiesta Cpl Concordia e poi scagionato – e il caso di Emanuele Caldarera, il dirigente del ministero della Giustizia indagato nell’inchiesta Consip. Le archiviazioni sono definitive poiché il Guardasigilli ha deciso di non opporsi.
IL PROCESSO IN CORSO – All’enorme clamore coinciso con l’apertura delle istruttorie, ha fatto da contraltare l’assoluta segretezza delle archiviazioni. I provvedimenti sono stati depositati dal pg Mario Fresa nell’unico procedimento disciplinare sul caso Consip a carico di Woodcock e della collega Celestina Carrano, in cui sono chiamati a rispondere dell’accusa di aver violato i diritti di difesa dell’ex consigliere di Palazzo Chigi Filippo Vannoni per averlo ascoltato come testimone e non come indagato. Il solo Woodcock, inoltre, è accusato di aver parlato con la giornalista di Repubblica Liana Milella circa il presunto scontro tra le procure di Napoli e Roma a causa dell’inchiesta Consip. La conversazione riservata diventò un articolo di retroscena (con tanto di virgolettati del pm) pubblicato sul quotidiano diretto da Mario Calabresi il 13 aprile 2017. La colpa del pm sarebbe quella di aver tenuto un comportamento scorretto nei confronti dell’ex procuratore facente funzioni di Napoli Nunzio Fragliasso. Quest’ultimo, al pari della cronista di Repubblica, è stato audito durante il procedimento.
L’ARTICOLO DI REPUBBLICA – “Tutte le dichiarazioni a mio avviso non andavano rese, ne prima né dopo la mia raccomandazione al riserbo” ha detto Fragliasso, secondo cui “erano dichiarazioni inopportune, erano benzina sul fuoco e non dovevano esser fatte perché c’è un divieto normativo che impone che le dichiarazioni con la stampa siano riservate al procuratore o a chi ne fa le funzioni”. Altrettanto chiara la versione dei fatti fornita da Liana Milella: “Rassicurai il dottor Woodcock che mai e poi mai avrei pubblicato qualcosa sul mio giornale di quello che ci dicevamo – ha detto la giornalista durante il processo – Ho dato a lui la mia parola d’onore che avrei rispettato il patto. Ma ho scritto lo stesso l’articolo”. L’articolo andò in stampa in un momento molto delicato dell’inchiesta Consip, nel quale si erano create delle profonde divergenza tra i due gruppi inquirenti di Roma e Napoli: piazzale Clodio aveva sollevato il Noe dalle indagini, mentre i magistrati di Napoli avevano confermato la fiducia al Nucleo operativo ecologico dei carabinieri. Le due procure pubblicarono una nota congiunta per ribadire la loro collaborazione. Alla richiesta di Woodcock di evidenziare con un comunicato stampa la fiducia della procura di Napoli nel Noe, Fragliasso rispose che sarebbe stato “inopportuno perché era necessario invece stemperare i toni”, e invitò il pm ad evitare contatti con la stampa. Il giorno dopo uscì l’articolo. Quanto al fatto che Woodcock gli raccontò di essere stato ingannato dalla giornalista di Repubblica, “non ci ho creduto – ha detto – trattandosi di un collega di straordinaria intelligenza e di particolare sagacia“.
DA PAPA’ TIZIANO ALLA TELEFONATA RENZI-GENERALE ADINOLFI – In merito alla mancata iscrizione di Tiziano Renzi nel registro degli indagati, a ritenere il comportamento di Woodcock corretto dal punto di vista disciplinare, perché probabilmente rientrante nella discrezionalità riconosciuta ai pm, è stata la procura generale della Cassazione che con un provvedimento a firma di Mario Fresa ha archiviato il caso in pre-istruttoria, senza cioè nemmeno esercitare l’azione disciplinare. La stessa sorte è toccata ad altri cinque fascicoli relativi alle inchieste Consip e Cpl Concordia. Tra questi uno era sul caso della intercettazione della famosa telefonata tra Matteo Renzi e il generale della Guardia di Finanza Adinolfi, con giudizi poco lusinghieri sull’allora presidente del Consiglio Enrico Letta, finita sulle pagine dei giornali. Mentre un altro riguardava la fuga di notizie che in sede penale ha visto Woodcock indagato con la giornalista Federica Sciarelli e che è stata conclusa anche dal gip di Roma con l’archiviazione.
LA PRESUNTA SOFFIATA AL FATTO QUOTIDIANO – La scorsa estate il pm napoletano è stato indagato a Roma per rivelazione di segreto d’ufficio, in seguito alla fuga di notizie per l’articolo del 21 dicembre 2016, firmato da Marco Lillo, con il quale il Fatto svela l’inchiesta Consip. Nei due giorni seguenti, Lillo rivela anche l’iscrizione dell’ex comandante generale dei carabinieri, Tullio Del Sette, e quella del ministro dello Sport, Luca Lotti, per rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento. Inizialmente i pm romani si convincono che Woodcock abbia passato, attraverso la Sciarelli, notizie a Lillo, il quale ha sempre negato la circostanza. Gli elementi in mano ai magistrati: le celle telefoniche dei cellulari di Lillo e Sciarelli che, il 20 dicembre 2016, agganciano entrambi a piazza Mazzini a Roma. Circostanza spiegata dal semplice fatto che la sede lavorativa della Sciarelli e l’abitazione di Lillo si trovano nella stessa zona. Poi ci sono i contatti telefonici tra i due, sempre il 20 dicembre, giorno in cui Lillo scrive il primo articolo sulle perquisizioni in Consip, pubblicato il giorno dopo. In realtà, come ha spiegato Lillo, quel giorno chiama la Sciarelli solo per sapere dove si trovasse Woodcook e avere un ulteriore riscontro della sua presenza a Roma. Nulla di più. La conduttrice di Chi l’ha visto? a quel punto richiama Lillo per dirgli che il pm le aveva riferito di non essere a Roma. Quando viene interrogato, il 7 luglio, Woodcock nega di essere la fonte. Poi spiega che il 20 dicembre, dopo esser stato chiamato dal maggiore del Noe Gianpaolo Scafarto, arriva a Roma alle nove di sera. Il maggiore gli riferisce che l’ex Ad di Consip, Luigi Marroni, aveva iniziato a rispondere agli investigatori. Si recano nella sede del Noe e continuano l’interrogatorio. Poi il pm torna a Napoli e – solo l’indomani – iscrive nel registro degli indagati Del Sette e Lotti. Ritorna così a Roma per consegnare il fascicolo ai colleghi, ai quali, nel frattempo ha trasferito l’inchiesta per competenza. Dagli accertamenti della Procura emerge che mai, in questi due giorni, vi siano stati contatti con Lillo.