Giovedì le minacce della Guardia costiera libica, oggi il pellegrinaggio tra i porti dell’Ue alla vana ricerca di un approdo. Continua l’odissea della Open Arms, la nave della ong spagnola Proactiva che ieri ha soccorso 218 migranti scontrandosi con i guardacosta di Tripoli che aveva intimato all’organizzazione umanitaria di consegnare le persone salvate, minacciando anche con le armi.
“Per aver rifiutato di dare ai libici i migranti soccorsi – spiega in un tweet il fondatore di Proactiva, Oscar Camps – il protocollo ci vieta al momento di sbarcare in un porto europeo“. Ma il team medico, sottolinea, “chiede l’immediata evacuazione delle persone più gravi a bordo. Siamo comunque diretti verso nord”. Le norme prevedono che l’autorità del Paese che ha coordinato i soccorsi – in questo caso la Libia – debba indicare il porto di arrivo, ma la Open Arms non riconosce l’autorità del Paese nordafricano. È stato quindi interessato il Paese di bandiera della nave, la Spagna, per cercare una soluzione. Fino a questo momento solo una bimba di tre mesi in condizioni gravi (disidratata e con un’infezione di scabbia) e sua madre sono state evacuate d’urgenza.
Nel pomeriggio di giovedì la nave di Proactiva – che ha sottoscritto il Codice per le ong proposto dal Viminale – era accorsa per soccorrere tre imbarcazioni di migranti in difficoltà a 73 miglia dalle coste libiche. Il mezzo umanitario aveva messo in mare le lance per fare il trasbordo del primo barcone. Era quindi intervenuta una motovedetta libica che ha ‘preso in consegna’ la seconda imbarcazione in difficoltà, mentre si è verificato stato quasi un ‘corpo a corpò tra spagnoli e libici per la terza.
La Guardia costiera del Paese nordafricano – addestrata dall’Italia che ha anche donato alcune motovedette – ha infatti intimato alla ong di consegnare a lei i migranti salvati. L’ordine è stato seguito dalla minaccia di aprire il fuoco e uomini delle forze libiche sono anche saliti a bordo delle lance di Proactiva per indurli a desistere dall’intervento di salvataggio. La nave umanitaria ha tuttavia resistito alla pressione ed ha concluso il trasbordo di 218 migranti.
Secondo Judith Sunderland, dirigente di Human Rights Watch, la motovedetta che ha minacciato la ong spagnola è la numero 648, la stessa che il 6 novembre scorso aveva speronato un gommone carico di migranti, causando la morte di 50 persone. L’imbarcazione era stata “donata alle autorità libiche dal governo italiano“, scrive su Twitter la Sunderland.
This same patrol boat was involved in a horrible incident on November 6, when they intervened aggressively in a rescue already in progress by @seawatchcrew. Patrol boat 648 was donated by the Italian government. Watch this @amnesty video: https://t.co/M6xUTv7fmO.
— Judith Sunderland (@sunderland_jude) 16 marzo 2018
L’ex senatore Luigi Manconi ha definito “di gravità estrema” quanto accaduto. “I libici, con le armi spianate – ha spiegato l’ex parlamentare – hanno intimato alla nave spagnola di non muoversi e hanno minacciato di condurre a Tripoli le lance di recupero. Pretendevano che l’equipaggio delle lance consegnasse donne e bambini, altrimenti avrebbero fatto fuoco sui volontari”.
E’ la quarta volta, ha ricordato il senatore, “che i libici, violando le regole del diritto internazionale, interferiscono con l’attività di soccorso delle ong. Fino ad assumere un ruolo decisamente pericoloso per il faticoso e incerto equilibrio di quel tratto di mare, e a trasformare l’asserita volontà di controllare l’immigrazione irregolare in una sorta di caccia all’uomo“. Lo scorso 7 agosto proprio per contrastare un salvataggio della nave della ong spagnola un equipaggio della Guardia costiera libica aveva sparato dei colpi in aria.