Le forze siriane alleate della Turchia hanno preso il controllo dell’enclave curda di Afrin dove l’assedio, che va avanti dal 20 gennaio, ha costretto almeno 150mila civili alla fuga. “Le unità dell’Esercito Siriano Libero, che sono sostenute dalle forze armate turche, hanno preso il controllo del centro di Afrin questa mattina alle 8:30″, ha detto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, aggiungendo che “sono in corso le operazioni di ricerca per localizzare mine e altri esplosivi”. Anche per gli attivisti dell’Osservatorio nazionale per i diritti umani, i turchi hanno conquistato metà della città e sono in corso pesanti combattimenti. Inoltre, prosegue l’Osservatorio, i turchi avrebbero colpito l’ospedale, uccidendo almeno dieci persone tra cui due donne incinte. Fatti che Ankara, però, nega di avere commesso.
Ma in un primo momento a smentire la conquista della città da parte delle forze turche è un alto funzionario curdo-siriano, Hadia Yousef. All’Associated Press ha riferito che i combattimenti in tarda mattinata erano ancora in corso e che i curdi stavano aiutando i civili a fuggire dai “massacri” perpetrati dalle forze turche e dai loro alleati nell’enclave. Più tardi, poi, i combattenti curdo-siriani hanno promesso di riprendere l’enclave di Afrin. “La resistenza continuerà sino a quando ogni centimetro di Afrin sarà liberato e il popolo di Afrin potrà tornare nei suoi villaggi e nelle sue case”, hanno dichiarato. “In tutti i settori di Afrin, le nostre forze diventeranno un incubo permanente” per le milizie pro-Ankara, afferma una nota, dove si legge: “La nostra guerra contro l’occupazione turca è entrata in una nuova fase: si passa dal confronto diretto agli attacchi-lampo“.
Intanto l’agenzia russa Interfax scrive che oltre 25mila persone hanno lasciato Ghuta Est – distretto alle porte di Damasco, dove, al contrario di quanto accade ad Afrin, Russia e Turchia combattono i ribelli – a partire da questa mattina attraverso il corridoio umanitario aperto ad Hammuriah: lo sostiene il generale russo Vladimir Zolotukhin, portavoce del Centro russo per la riconciliazione delle parti belligeranti (un organo del ministero della Difesa di Mosca). La crisi umanitaria, nonostante Isis sia stata sconfitta, è ancora gravissima e non si arrestano le violenze sui civili, che continuano a morire sotto le bombe del regime, della Turchia e della Russia.