Proprio nella zuccherosa e commerciale giornata dedicata al “papà” arriva l’ennesima notizia legata alla ipotetica svolta, spesso vagheggiata, ma mai assunta come impegno scientifico serio, nella ricerca sulla contraccezione maschile. Sembra infatti che dall’ultima sperimentazione negli Stati Uniti su un ritrovato chimico, il Dmau, (del quale si discute a Endo 2018, il centesimo meeting annuale dell’Endocrine society), escano risultati promettenti in vista, chissà mai, della possibile commercializzazione di un prodotto contraccettivo orale maschile.

Ma occorre frenare l’entusiasmo. Già il fatto che comunemente si accenni alla contraccezione maschile come al pillolo racconta quanto sia difficile che il discorso sulla sessualità e (paternità) responsabile sia serio: pillolo invece che pillola maschile, come sarebbe normale.

Il che ci riporta al mammo. Pare che quando si tocca l’argomento dell’intimo maschile (vuoi la sessualità, vuoi la contraccezione, vuoi il paterno) sia necessario trovare aggiustamenti semantici per non correre il rischio di “femminilizzare” la virilità.

Come se pillola (femminile) fosse una parola inadeguata, come se si faticasse a immaginare e definire un uomo paterno senza che questo fosse una diminutio della virilità. E in effetti ha senso questa paura: mentre le parole per dire, e gli strumenti per agire, il controllo sulla sessualità femminile sono state automatiche, facili e doverose, la cautela è assoluta se si toccano i genitali maschili. Si tentenna, si deve capire se l’effetto collaterale non è solo fisico ma è anche psicologico, soprattutto psicologico: non sarà che controllare la fecondità degli uomini li renderà meno virili, meno potenti, meno alfa?

La ricerca sulla possibilità di controllo della fecondità femminile attraverso gli ormoni inizia in Europa negli anni 30, ma sarà nel 1958, ad opera di tre biologi, Garcia, Rock e Pincus, che la sperimentazione avrà successo. La prima pillola sarà commercializzata negli Usa due anni dopo, con il nome di Enovid, mentre in Europa arriverà nel 1961. Una evoluzione scientifica abbastanza cotta e mangiata, come si può ben vedere, e senza tanti complimenti rispetto agli effetti collaterali, che comunque ci sono, come nel caso di ogni farmaco.

Perché di questo si tratta: le donne, dagli anni 60, hanno assunto farmaci ormonali per evitare di restare incinte, e fin qui, profilattico a parte, i partner non hanno mai dovuto preoccuparsi dell’eventuale effetto collaterale, (la gravidanza), della loro sessualità.

Le donne hanno dovuto anche lottare, scegliendo questa contraccezione impegnativa per il corpo, contro i feroci attacchi di ogni fede religiosa che ha visto nel controllo sulla fecondità un’offesa a Dio (ma soprattutto, molto terrenamente, una sottrazione del potere maschile).

La pillola è stata una liberazione per le donne? Certamente sì, rispetto al carico di gravidanze indesiderate, al non dover affrontare aborti talvolta mortali, al poter vivere un atto potenzialmente procreativo come soltanto ludico. Certamente no, rispetto all’assenza di responsabilità maschile sulla propria sessualità.

Ed è questo il nodo: millenni di ferrea divisione dei (presunti) compiti naturali attribuiti ai due generi hanno stabilito che il carico della cura degli aspetti relazionali sul pianeta stia sulle spalle delle donne. A questi non sfugge, a maggior ragione, il governo della sessualità e della fecondità: disciplinabile, medicalizzabile, controllabile quella femminile; selvaggia, irrefrenabile, libera quella maschile. E così, purtroppo, inconsapevole. Mi colpì moltissimo che nessuno dei 300 uomini che risposero nel 2012 alle sei domande sulla sessualità, poi raccolte nel testo Uomini che (odiano) amano le donne accennasse, nemmeno fugacemente, alla propria sessualità come anche riproduttiva: le donne, al contrario educate a disciplinare e connettere la sessualità con la riproduzione, raramente le disgiungono.

Piena di se e di ma, anche la scienza sulla contraccezione non sfugge a questo schema: lo scorso anno una ricerca sulla pillola maschile evidenziò le resistenze degli uomini all’assunzione del farmaco, motivate dalle paure per gli “effetti collaterali”, sintetizzabili facilmente con il timore di una diminuzione della virilità.

Il profilattico smorza la sensibilità, la pillola smorza la virilità, il coito interrotto è faticoso e lesivo del piacere: vuoi mettere come è meglio che sia lei a prendere la pillola per ridurre la faticosa presa in carico della contraccezione da parte degli uomini?

Alla faccia della responsabilità e della condivisione: “Ti amo piccola, ti proteggerò da ogni avversità, ma gli ormoni proprio no. Prendili tu”. Confidiamo nel Dmau, e lavoriamo perché l’educazione dei figli maschi, specialmente attraverso l’esempio dei loro padri, possa far crescere uomini un po’ più coraggiosi.

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