Meno casi rispetto al 2012, ma “i veri problemi sono prima”. Gli osservatori sono concordi: la rielezione di Vladimir Putin non è stata caratterizzata da evidenti brogli elettorali, ma il voto è stato influenzato dal clima vigente nel Paese. Le presidenziali russe si sono distinte per una mancanza di “reale competizione“, scrivono i membri della missione dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa nel loro giudizio finale sull’evento elettorale. Tra gli elementi negativi figurano anche “l’esclusione di un candidato” dal processo elettorale (Alexei Navalny, ndr), le “limitazioni” alla libertà d’espressione e di assemblea prima delle elezioni, le “pressioni” ai danni dei critici delle autorità e la “copertura mediatica eccessiva” riservata al presidente Putin.
“Restrizioni alle libertà fondamentali di riunione, associazione ed espressione” hanno “limitato la spazio per l’impegno politico e sono risultate in una mancanza di genuina competizione” nelle elezioni presidenziali in Russia, ma la Commissione elettorale centrale ha gestito il processo in modo “efficiente e aperto”, con il voto “condotto in modo ordinato nonostante le carenze legate a segretezza del voto e trasparenza dei conteggi”, si legge nel report dell’Osce, che ha inviato 481 osservatori internazionali a monitorare il voto. Per l’organizzazione, inoltre, “la copertura estesa e acritica del presidente uscente nella maggior parte dei media è scaturita in uno scenario impari“, in cui vari attivisti che hanno criticato la legittimità delle elezioni sono stati fermati.
“La scelta senza reale concorrenza, come abbiamo visto qui, non è una vera scelta. Ma la gestione professionale ed efficiente degli aspetti tecnici delle elezioni da parte della Commissione Elettorale Centrale merita di essere riconosciuta”, ha dichiarato Michael Georg Link, coordinatore speciale e leader della missione di osservazione a breve termine dell’Osce. “Ma dove il quadro giuridico limita molte libertà fondamentali e il risultato non è in dubbio, le elezioni quasi perdono il loro scopo: consentire alle persone di scegliere i propri leader”.
di Luca Ombra
Anche l’associazione Golos, che si occupa di trasparenza e correttezza del processo elettorale, ha espresso un giudizio duro. Pur ammettendo una forte riduzione dei brogli rispetto alle elezioni del 2012, in una conferenza stampa a Mosca i vertici dell’organizzazione hanno sottolineato che il voto nel suo insieme non è stato conforme “alla Costituzione e agli standard democratici“.
Secondo il co-presidente di Golos, Grigori Melkoniants, “le elezioni si sono svolte in condizioni di concorrenza limitata” e i candidati non hanno avuto “accesso paritario ai mezzi di informazione”. “Il giorno del voto è solo una tappa del processo elettorale, i veri problemi sono prima”, ha detto un altro dirigente di Golos.
Domenica l’escluso Alexei Navalny, che aveva fatto appello per il boicottaggio del voto e la cui organizzazione aveva inviato 33mila osservatori nei seggi, ha denunciato irregolarità, soprattutto a Mosca e dintorni, a San Pietroburgo e in Baschiria. Violazioni ci sono state, come “gruppi di elettori portati a votare in bus” o schede elettorali “immesse nelle urne ancor prima dell’apertura dei seggi” ma in generale, al netto di alcuni casi di “pressione sugli osservatori”, “il numero dei brogli rispetto alle tornate elettorali precedenti si è ridotto”, spiegava domenica a seggi ancora aperti Grigory Melkoniants, co-presidente di Golos, che alle 19 italiane aveva conteggiato 2.709 casi di irregolarità tra cui urne riempite di schede fasulle, voti multipli o impedimento del lavoro degli osservatori. Tra le varie denunce ci sono state anche casi di polli, buoni sconto e biglietti per concerti promessi a chi avesse votato.
L’alta affluenza, che era tra gli obiettivi del Cremlino, “è una conseguenza logica e naturale della grande campagna di sensibilizzazione varata dalla Commissione Elettorale: ci piacerebbe fosse così anche per le altre elezioni; allo stesso tempo sono state condotte molte pressioni di tipo amministrativo e questo aumento dell’affluenza per me dipende da questo secondo elemento”, argomentava Melkoniants.
“Pressioni da parte dei datori di lavoro, che a loro volta vengono contattati dall’amministrazione presidenziale. Senza contare che tutti gli impiegati statali vengono costretti ad andare a votare. E’ successo anche ai miei parenti: gli è stato chiesto di telefonare e confermare di essere stati ai seggi”. Pressioni indebite sì, ma violazioni vere e proprie poche. “Teniamo conto però che uno dei candidati non ha potuto partecipare, i media non sono liberi… insomma, il sistema si è preparato in anticipo. La Commissione Elettorale Centrale è davvero contro i brogli, se avvengono è perché nelle regioni vanno per inerzia, alla vecchia maniera“.