La Lega calcio ha un nuovo presidente: i proprietari delle società di Serie A hanno eletto all’unanimità Gaetano Miccichè, fratello del forzista Gianfranco, numero uno di Banca Imi del gruppo Intesa Sanpaolo. Il pallone italiano finisce dunque in mano a un banchiere, magari anche due se dovesse passare la linea di Giovanni Malagò anche per l’amministratore delegato, ruolo per cui il numero uno del Coni vorrebbe Marzio Perrelli, capo esecutivo di Hsbc. Ma per quest’altra casella probabilmente ci vorrà tempo: intanto la Serie A ritrova una guida forte dopo quasi un anno di caos.
È il primo risultato concreto della reggenza Coni, che fin qui almeno a Roma in Figc ha concluso davvero poco (se non una girandola di poltrone per la solita resa dei conti interni). Discorso diverso a Milano, invece, dove la Lega esce dallo stallo in cui era piombata ad aprile 2017, con nove mesi di commissariamento da parte di Carlo Tavecchio e ora altri due di Malagò che comunque non sono ancora finiti. Il regime straordinario proseguirà fino a quando non saranno nominati tutti gli altri organi, e potrebbe non essere questione di poco.
Miccichè è il secondo presidente dai tempi della separazione dalla Serie B, dopo Maurizio Beretta, manager di Unicredit. Un altro banchiere, e forse non per caso: i rapporti tra club e istituti di credito sono sempre più frequenti (visti i finanziamenti necessari alle società per stare in piedi), e l’uomo forte di Banca Imi aveva già avuto modo di conoscere più o meno direttamente tanti degli interlocutori che troverà in via Rosellini. Si tratta di un profilo di spessore, pescato da Malagò nella folta schiera delle sue conoscenze che contano e accettato all’unanimità dai presidenti del campionato: banchiere ma legato al mondo dell’impresa e dell’economia reale, paladino del made in Italy, già nominato cavaliere del lavoro dall’ex presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e protagonista di una serie di ristrutturazioni aziendali di successo.
Questi sono i punti più positivi del suo curriculum. Poi ci sono altri aspetti più controversi, che avrebbero forse consigliato una scelta diversa e che probabilmente sono invece proprio i motivi per cui è stato eletto senza resistenze. In un momento politicamente delicato per il Paese, Miccichè è politicamente connotato: fratello di Gianfranco Micciché, alfiere di Forza Italia in Sicilia e presidente dell’Ars (a dimostrazione che il pallone negli ultimi tempi ha deciso di svoltare a destra). Come avrebbe potuto dirgli di no Claudio Lotito, dopo essere stato appena candidato alle Politiche (e aver mancato di un soffio l’elezione) con Berlusconi? Per non parlare dei conflitti di interesse con Urbano Cairo: il proprietario del Torino deve tanto alla Banca Imi da lui guidata per la scalata al Corriere della Sera, in Rcs lo ha come suo consigliere in Cda, e ora se lo ritroverà presidente in Lega Calcio. Persuasi con questi argomenti in due patron più difficile da convincere, Malagò ha avuto buon gioco ad imporre il suo nome alla Confindustria del pallone.
Il commissariamento, comunque, non è ancora finito: Miccichè comincerà a lavorare da subito, ma si insedierà ufficialmente solo quando saranno completati tutti gli organi. Il che permetterà a Malagò di fermarsi un altro po’ a Milano, dove ha dimostrato di trovarsi particolarmente bene. C’è da trovare un amministratore delegato, il vero ruolo apicale secondo lo statuto (ma ora che è stato scelto un “uomo forte” come presidente potrebbe la situazione potrebbe anche cambiare): sul tavolo ci sono sempre i nomi di Perrelli, Sami Kahale e Luigi De Siervo, anche qui però Malagò potrebbe tirar fuori una carta a sorpresa (lo stesso Miccichè pare intenzionato a far sentire la sua voce). E poi bisognerà scegliere i consiglieri per la Lega e per la Figc: Lotito non ha perso la speranza di tornare in Federazione, e proprio in cambio del suo voto a Miccichè potrebbe incassare il via libera da Malagò al posto che tanto gli sta cuore.