La riforma penitenziaria, che nello scorso Consiglio dei ministri ha fatto un ulteriore importante passo avanti, sarebbe uno svuota-carceri per le solite retoriche della paura di massa sempre incapaci di leggere la realtà attraverso dati effettivi, quelle leghiste in testa. Eppure quella riforma, per chiunque l’abbia letta, non svuoterà proprio nulla e si limiterà a fare piccoli passi verso un modello di pena più in linea con il dettato costituzionale.
Bisogna invece costruire nuove carceri, è il mantra di Matteo Salvini e di tutti coloro che lo hanno preceduto ai vertici del suo partito e delle sue alleanze. Nuove carceri per metterci dentro nuove persone, le quali oggi se ne starebbero libere. È questa davvero un’esigenza dell’Italia? Decidere così, a tavolino, che una quota della gente che oggi è immersa nel normale contesto sociale è invece bene che se ne vada in galera? E su quale base? Aspirare a che il tasso di detenzione di Paesi europei quali il nostro divenga incontrollabile come quello statunitense appare folle da molti punti di vista, mentre ridurre l’ambito delle misure extracarcerarie a favore della detenzione lo è quantomeno da quello della recidiva, che il carcere aumenta rispetto alle misure alternative. La storia ci insegna, e tutti gli organismi internazionali sono concordi nel ricordarcelo, che la costruzione di nuove carceri non ha mai contribuito a risolvere il problema della sicurezza.
Forse, dunque, costruire nuove carceri potrebbe non essere la priorità per i cittadini. Perché, si badi bene, nuove carceri e nuove detenzioni costano assai. E le paghiamo con le nostre tasche. Quindi, prima di innamorarci del progetto, assicuriamoci che sia davvero pensato per noi e non per qualcun altro che possa guadagnarci privatamente, come già accaduto in passato. Mi riferisco all’epoca delle carceri d’oro? Certo. Ma non solo.
Quando, all’inizio del millennio, il Ministero della Giustizia era governato dalla Lega, l’allora ministro Roberto Castelli cantò a gran voce il solito refrain: vanno costruite nuove prigioni. Lancia in resta, annunciò un corposo piano di edilizia penitenziaria. A capo del governo c’era Silvio Berlusconi. Nel luglio del 2003 Castelli presentò pubblicamente una sua creazione che doveva servire allo scopo: la società Dike Aedifica s.p.a. Anche questa, naturalmente costituita con i soldi delle nostre tasche. Era questa società che, nei piani del ministro leghista, doveva costruire l’impero di mattoni per rinchiudere quelle troppe persone ancora, a suo parere, ingiustamente libere. Il piano di edilizia avrebbe fatto paura a qualsiasi bravo padre di famiglia. Per costruire un nuovo carcere a Varese stanziava 43 milioni di euro, per costruirne uno a Pordenone stanziava 32 milioni, per ristrutturazioni e ampliamenti altre cifre non indifferenti. Ma, state tranquilli, nulla di tutto questo avvenne. I soldi pubblici della Dike Aedifica finirono distribuiti tra i vari amministratori che costituivano la struttura e non fu posato mai neanche un mattone. La Dike Aedifica era una società fantasma. Nel 2006 il consiglio di amministrazione si era riunito un’unica volta. Lungo la sua breve vita, i vari collaboratori hanno intascato, per non fare niente, 1.094.435 euro, pari all’87% delle perdite complessive della s.p.a. La Corte dei Conti non rimase indifferente all’operazione e agli sprechi. La società fu liquidata nel giugno del 2007 (e perfino liquidarla costò 30.000 euro di compenso al liquidatore).
Nel 2010 fu Silvio Berlusconi a riproporre un faraonico piano carceri. Anche qui, costi stratosferici sulle nostre spalle, nella speranza di farci credere che fosse una nostra sentitissima esigenza quella di mandare più gente in prigione. Anche qui, fortunatamente, nulla di fatto.
Quindi, ricapitolando: vogliamo convincerci che le misure alternative al carcere – che costano tanto ma tanto di meno e che pagano tanto ma tanto di più in termini di abbattimento della recidiva e dunque di sicurezza per i cittadini – sono quelle che convengono a noi, mentre i vari piani di edilizia penitenziaria convengono solo ai costruttori e ai traffichini? E vogliamo convincerci che, quando la Lega scrive nel suo programma elettorale che serve la “completa e piena attuazione di un piano straordinario per le carceri con investimenti straordinari sull’edilizia penitenziaria (sia nuove strutture che ampliamento padiglioni esistenti)”, si tratta di un dejà vu finito talmente male che il medesimo partito di allora dovrebbe avere un minimo di pudore nel riproporlo?