Tre mesi e mezzo, zero delibere e una riunione di giunta. Sono i numeri dell’avventura di Vittorio Sgarbi da assessore ai Beni Culturali della Regione Siciliana. “Il presidente Nello Musumeci non vede l’ora che io me ne vada. Non sarò più assessore ai Beni culturali. Hanno deciso loro che me ne devo andare, non ho scelto io“, annuncia il critico d’arte presentando la mostra “Antonello incontra Laurana” a Palermo. “La sgradevolezza nei confronti di un grande professionista quale io sono – sostiene Sgarbi – si manifesta continuamente. Oltretutto, se me ne fossi andato tre giorni fa questa mostra sarebbe rimasta orfana, così come quella a palazzo Riso che inaugureremo presto”.
Indicato in giunta da Forza Italia, il critico d’arte è stato anche eletto alla Camera dal partito di Silvio Berlusconi alle ultime elezioni politiche. I due incarichi, però, sono incompatibili secondo la legge ma Sgarbi ha ancora del tempo per decidere quale carica mantenere. Sarà stata la giunta per le elezioni, che si riunirà dopo l’insediamento delle Camere, a intimare all’esponente di Forza Italia di optare entro un mese per uno dei due incarichi. D’altra parte già ai tempi della nomina in giunta il critico d’arte aveva annunciato l’intenzione di lasciare l’incarico in Sicilia in caso di nomina a ministro dei Beni culturali, in un eventuale governo di centrodestra.
“Me ne andrò quando lo consente il regolamento del Parlamento. La giunta per le elezioni dovrebbe essere convocata per la fine di marzo, a quel punto io avrò un mese per decidere se restare come assessore o andare in Parlamento e più o meno saremo al giorno del mio compleanno, l’8 maggio, che tra l’altro è il giorno in cui mi cacciò la Moratti. Sia chiaro, non rimango perché ho bisogno di questo c… di poltrona, dove non mi sono mai seduto, ma perché mi pare bello che quello che ho iniziato si porti a compimento”, spiega Sgarbi annunciando dunque che lascerà la Sicilia, dopo che nei giorni scorsi il Movimento 5 stelle aveva presentato all’Ars una mozione di censura nei suoi confronti. “L’idea che Musumeci mi chiami e mi dica ‘la situazione è insostenibile‘, immagino perché bussano i 5 stelle alle porte, ‘e quindi te ne devi andare‘ significa che il patto secondo cui avrei lasciato l’assessorato solo se diventavo ministro è diventato: te ne devi andare perché sei deputato. Forse, siccome quasi sicuramente non diventero ministro, sarei restato qui, ma il tempo di capire come vanno le cose. Non sono io che me ne vado, sono di fatto stato cacciato. Fra assessore e deputato avrei scelto la prima, anche perché questi erano i patti ma loro hanno deciso che devo sloggiare per lasciare il posto a qualcuno che sono sicuro che sarà siciliano e di un partito. Forse hanno bisogno di bilanciare…non so”.
Poi rilancia. “Un piccolo ricatto per Musumeci, che non vede l’ora che me ne vada. Il 27 arriva un mecenate che porterà 39 milioni per Selinunte. Non li dà a me, ma deve trattare con me. Con chi tratterà se me ne vado? Fossi Musumeci aspetterei”, dice spiegando che invece “Gianfranco Miccichè voleva che io rimanessi il più possibile”. Il risultato di tre mesi e mezzo di lavoro sull’isola? Il critico d’arte sostiene di avere “fatto bene nelle condizioni in cui ero è in tre mesi di lavoro”. Il ritiro sui monti altro non sarebbe che il week end sulle Madonie convocato dal governatore per discutere di finanziaria.
Per la verità, però, qualche giorno fa a fare il bilancio dell’esperienza di Sgarbi nella giunta Musumeci era stato Emanuele Lauria sull’edizione palermitana di Repubblica. L’assessore non si è presentato alla prima riunione di giunta il 30 novembre scorso, visto che dopo aver fatto la foto ufficiale ha preso il primo volo per Bologna. Poi si è fatto vedere una volta a Palazzo d’Orleans mentre tra gli atti approvati dal governo in tre mesi e mezzo nessuno risulta provenire dal suo assessorato: su 164 delibere, provvedimenti di spesa e nomine, non ce n’é una che porta la firma o è stata proposta da Sgarbi. Che, però, racconta sempre Repubblica, nei suoi cento giorni da assessore è stato l’incubo dei dipendenti del suo assessorato presentandosi spesso a sorpresa – a volta a sera inoltrata – in ufficio.