Al cinema, belli comodi a vedersi un film, non ci vuole andare più nessuno. Il calo di biglietti strappati nel 2017 rispetto al 2016 è un “disaster-movie” già affrontato con ricco corollario di improbabili rimedi, e per il 2018 non si prevedono ancora sconquassi all’orizzonte
Che strana agonia quella della visione dei film nelle sale italiane. Qua e là qualche weekend con un segno più rispetto al finesettimana dell’anno precedente capita, ma mai cifre per gridare al miracolo. La tendenza rimane sempre quella. Giù, giù, giù, sempre più giù. Al cinema, belli comodi a vedersi un film, non ci vuole andare più nessuno. Quel “meno 44%” di biglietti strappati per i film italiani, e il -12,38% sui titoli complessivi nel 2017, rispetto al 2016, è un “disaster-movie” già affrontato con ricco corollario di improbabili rimedi, e per il 2018 non si prevedono ancora sconquassi all’orizzonte. Nel frattempo c’è un dato curioso che fa davvero impressione. In epoca di bassa domanda di film l’offerta dei film medesimi s’impenna. Un rebus a cui nemmeno il più dissennato neoliberista della scuola di Chicago saprebbe dare risposta. Nei primi tre mesi del 2018 sono usciti, e usciranno a breve, 133 titoli in tutto, quindi una media di quasi un film e mezzo al giorno. Solo a marzo ne risultano in distribuzione 59, ovvero quasi due film al giorno in media. Una quantità di visioni quotidiane che nemmeno Francesco Rutelli, presidente Anica, riuscirebbe a mantenere. Il 15 marzo scorso eravamo a 11 uscite, il prossimo 22 marzo saranno 12. Insomma un numero altissimo di titoli che, ovviamente, finiranno per non essere visti, spesso nemmeno da noi che proviamo a recensirli e presentarli ai lettori. Rispondete con sincerità: su 11 film in uscita in un weekend, gli aficionados della sala, oramai una nicchia studiata nelle facoltà di psicologia degli atenei estoni, quanti ne riescono a vedere? Uno di norma, due ad essere generosissimi.
Fossimo di fronte al bancone di un fruttivendolo vedremmo una quantità impressionante di pere, mele e pomodori rimanere lì per giorni e infine marcire. Solo che dei film, bene sempre più immateriale (un volatile dcp non è più quella bella pizza tonda di celluloide), non ci si accorge nemmeno della loro presenza fisica. Come di quel marcire di frutta e verdura di cui non si percepisce nemmeno più l’olezzo. Il paradosso della legge di mercato mai è stato più sbilanciato come in questo caso. Già perché a parte quei tre-quattro titoli che occupano le prime posizioni al box office per la forza dei loro distributori (408 sale per Tomb Raider, 347 per Metti la nonna in freezer solo questa settimana), ai tanti titoli rimanenti non restano che briciole. Chiaro, tutti i produttori/distributori/registi vogliono essere visti su grande schermo, ma l’effetto del semivuoto diventa la triste norma. Lungi da noi chiedere come fanno a campare tutti gli addetti ai lavori che dopo 15 giorni di sala raccolgono le povere cose di film magari bellissimi e imperdibili segnando sul conto corrente 2 o 300mila euro. Li capiamo, capiamo il dramma, e ci dispiace. Comprendiamo anche che il tentativo del terno al lotto si prova a farlo tutti. Magari due volte l’anno, forse tre, quattro se proprio si hanno ampie risorse economiche. Poi oggettivamente le dita fanno fatica a rimanere incrociate.
Ad aggiungere ulteriore confusione ad una situazione già ampiamente complicata, ecco il ritorno dei CinemaDays con i film a 3 euro. Iniziativa ministeriale protratta nel tempo che tanto fece infuriare molti esercenti e parecchi distributori/produttori che arrivarono perfino a boicottarla. Il MIBACT parla di “tutti i cinema d’Italia aderenti” (quindi potranno essere tutti o nessuno) che in tre diversi periodi (9-12 aprile; 9-15 luglio; 24-27 settembre 2018) offriranno le prime visioni a 3 euro. Inoltre l’operazione davvero magistrale è quella del Ferragosto. Dal 9 al 15 agosto 2018 grazie a CinemaDays nelle sale si terranno proiezioni di anteprime della nuova stagione cinematografica. Insomma, il caos attorno al capezzale della sala cinematograficamente morente aumenta. E non sembra esserci più medico o medicina per poterla curare.