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Cambridge Analytica, scatta la prima class action negli Usa. La Federal trade avverte: ‘Rischio multa da 40mila dollari a utente’

Il social network è accusato di aver lasciato che la società inglese utilizzasse i dati di decine di milioni di utenti a loro insaputa. L'agenzia governativa punta ad accertare che il social network abbia rispettato i suoi impegni nel chiedere il consenso. Kogan, l’uomo che attraverso la sua app ha raccolto le informazioni: "Mi usano come capro espiatorio"

Scatta la prima class action contro Facebook e Cambridge Analytica negli Stati Uniti. L’azione legale è stata avanzata presso la corte distrettuale di San Josè, in California, e potrebbe aprire la strada a molte altre cause collettive per la richiesta dei danni provocati dalla mancata protezione dei dati personali. Dati raccolti senza alcuna autorizzazione – spiegano i promotori dell’azione legale – e che sono stati utilizzati per avvantaggiare la campagna di Donald Trump. Ma la notizia non sembra influenzare i mercati: dopo giorni di caduta libera infatti, il titolo di Facebook inverte la rotta e a Wall Street gira in territorio positivo, salendo dello 1,60%. Negli ultimi due giorni infatti, Zuckerberg ha perso oltre 7 miliardi di dollari in Borsa, scendendo dal quinto al settimo posto nella classifica degli uomini più ricchi del mondo.

E anche la Federal Trade Commission (Ftc), un’agenzia governativa americana per la protezione dei consumatori e la concorrenza, ha aperto un’indagine sullo scandalo che ha coinvolto Facebook. Il social network è accusato di aver lasciato che la società Cambridge Analytica utilizzasse i dati di decine di milioni di utenti a loro insaputa. L’indagine della Ftc punta ad accertare che Facebook abbia rispettato i suoi impegni nel chiedere il consenso prima di raccogliere i loro dati e condividerli con altre società, secondo il Wall Street Journal. Se così non fosse, la Ftc potrebbe imporre una sanzione di 40.000 dollari per ogni violazione constatata, stando a quanto riporta il Washington Post.

La notizia dell’indagine rafforza la pressione sulla società di Mark Zuckerberg, convocato martedì dalla Commissione parlamentare britannica su Cultura, Media e Digitale e dal Parlamento europeo per chiarire la propria posizione mentre in Italia ha chiesto chiarimenti l’Agcom e alcuni parlamentari chiedono che parta una commissione di inchiesta ad hoc. Facebook in due sedute ha perso quasi il 12% a Wall Street, cosa che per Zuckerberg equivale a una perdita di 9 miliardi di dollari. Da segnalare tuttavia che, negli ultimi tre mesi, il fondatore ha venduto più azioni di quanto abbia fatto qualsiasi altro insider di una società quotata a Wall Street. Negli ultimi tre mesi non c’è stato, di fatto, nessun insider selling di una tale portata in nessun’altra società quotata in borsa, stando al report Vickers Weekly Insider di Angus Research.

Martedì Cambridge Analytica ha sospeso l’ad Alexander Nix, che in un video registrato a sua insaputa afferma che la società di consulenza ha avuto un ruolo decisivo nella vittoria elettorale del 2016 del presidente Usa Donald Trump. Nix descrive le pratiche utilizzate per influenzare elezioni all’estero e rivendica che la sua società ha compiuto tutte le ricerche, le analisi e il targeting degli elettori per le campagne tv e digitali di Trump. Nix vanta inoltre di aver incontrato “molte volte” Trump quando era candidato alla presidenza.

Intanto Alexander Kogan, l’uomo che attraverso la sua app ha raccolto ed elaborato i dati di 50 milioni di utenti di Facebook per poi passarli a Cambridge Analytica, si difende: “Mi usano come capro espiatorio, sia Facebook sia Cambridge Analytica”, dice dai microfoni di Bbc Radio 4, ma “la verità è che tutti sapevano tutto e tutti ritenevamo di agire in modo perfettamente appropriato” dal punto di vista legale. Kogan aggiunge di essere stato rassicurato proprio dai vertici di Cambridge Analytica che la cessione dei dati e la sua consulenza con loro fosse “perfettamente legale e nei termini contrattuali”. Del resto aggiunge di considerare millanterie pubblicitarie le affermazioni del management della stessa Cambridge Analytica secondo cui la società ha avuto un ruolo cruciale nel far vincere Trump. “E’ un’esagerazione”, sostiene Kogan, osservando che la maggior parte di quella montagna di dati sarebbe stata più adatta a danneggiare la campagna del tycoon che non a favorirla.