Ai Cinquestelle la presidenza della Camera, come chiedono. Il presidente del Senato sarebbe invece un eletto del centrodestra, più probabilmente di Forza Italia. E un invito a tutti i partiti per un incontro congiunto da organizzare già domani, vigilia delle prime votazioni per i presidenti delle Camere. E’ il risultato del vertice a Palazzo Grazioli, tra il presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi, il segretario della Lega Matteo Salvini e la presidente dei Fratelli d’Italia Giorgia Meloni.

“Il centrodestra – si legge in una nota congiunta – propone ai capigruppi parlamentari un comune percorso istituzionale che consenta alla coalizione vincente (il centrodestra) di esprimere il presidente del Senato e al primo gruppo parlamentare M5s il presidente della Camera. A tal fine anche per concordare i nomi i leader del centrodestra invitano le altre forze politiche ad un incontro congiunto”. Per il Senato, ad ogni modo, Berlusconi insiste sul nome di Paolo Romani con la condivisione di tutto lo stato maggiore del partito.

Se sul nome del ministro dello Sviluppo economico del quarto governo Berlusconi il Movimento 5 Stelle aveva messo subito il veto, in serata è arrivato il niet del Partito Democratico all’incontro: “Il Pd non può partecipare a incontri i cui esiti sono già scritti – si legge in una nota – se c’è già un accordo sulle presidenze da parte di qualcuno è bene che chi l’ha fatto se ne assuma tutta la responsabilità”.

Un accordo che nei piani di Berlusconi, Salvini e Meloni metterebbe “le cose a posto” all’interno dello stesso centrodestra – come anticipavano oggi i giornali – perché in questo schema (nel quale l’eventuale incaricato di trovare una maggioranza sarebbe Salvini o un leghista o ancora una figura proposta dal Carroccio) va a buca un altro punto per Salvini: il candidato presidente alle Regionali in Friuli Venezia Giulia è Massimiliano Fedriga, ex capogruppo della Camera. Una decisione arrivata dopo numerose lotte all’interno del centrodestra: basti pensare che fino all’ora di pranzo il candidato ufficiale era l’ex governatore Renzo Tondo).

Il centrodestra definisce questo atteggiamento comune come una “proposta così rispettosa del voto degli italiani possa essere accolta positivamente da tutte le altre forze in campo”. Ma già dalla nota congiunta traspare la differenza di “sensibilità” – chiamiamole così – della Lega da una parte e di Forza Italia dall’altra continuano ad essere diverse. I leader del centrodestra “si fanno promotori di un percorso istituzionale nella definizione degli assetti parlamentari che coinvolga tutte le forze politiche. Il centrodestra riconosce in ciascun ramo del Parlamento un vicepresidente a ogni gruppo parlamentare che non esprima il presidente”.

Infatti in mattinata Renato Brunetta e Paolo Romani, capigruppo di Forza Italia, hanno incontrato il coordinatore della segreteria del Pd, Lorenzo Guerini e gli hanno ribadito quanto hanno detto ai loro omologhi dei Cinquestelle Giulia Grillo e Danilo Toninelli: “Il Partito democratico è una forza importante in questo Parlamento, è stato il secondo partito più votato alle elezioni politiche del 4 marzo, e deve essere coinvolto nell’accordo al quale si sta lavorando in queste ore”. Il M5s non voterà mai – come conferma di nuovo oggi – Romani per via della condanna definitiva per peculato, ma se si arriverà a un ballottaggio, basteranno i voti del centrodestra. Peraltro il Pd per il momento non ha detto una sola parola contro la candidatura del senatore berlusconiano. Anzi, l’unico che si è sbottonato è stato in senso opposto: “Su Romani c’è un dibattito forzato, politico, mi pare un no a prescindere – ha spiegato Ettore Rosato – Non condividiamo le liste di proscrizione M5s a momenti alternati: vediamo se mantengono la parola sulla non iscrizione di quelli che non hanno effettuato tutti i rimborsi”.

Quanto all’agenda possibile, infine, per il presidente del Senato si dovrebbe attendere solo fino a sabato al massimo domenica (alla quarta votazione c’è il ballottaggio tra i due più votati). Per la Camera i tempi invece potrebbero allungarsi, soprattutto senza un accordo politico che regga davvero, anche nel segreto dell’una. In ogni caso le convocazioni sono in entrambi i casi per venerdì mattina: alle 10,30 a Palazzo Madama e alle 11 a Montecitorio.

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