“Non ho affatto rimosso il precedente del 2013, quando i 5 Stelle dissero no a Bersani. Ma non c’entra niente con la situazione attuale”. Così a Otto e Mezzo (La7) il direttore de Il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, risponde a Stefano Cappellini, caporedattore della sezione Politica di Repubblica. E spiega: “All’epoca i due partiti erano arrivati pari col 25,5% ed era assolutamente impensabile che uno dei due chiedesse all’altro di portargli i voti gratis su un governo presieduto da Bersani, con ministri scelti da Bersani e programma scritto da Bersani. L’errore del M5S non fu quello di dire di no, perché non potevano fare altrimenti. L’errore fu quello di non dirgli in diretta streaming che cosa proponevano in alternativa. Però meno di un mese dopo lo proposero”. E aggiunge: “Quando i 5 Stelle lanciarono Stefano Rodotà candidato al Quirinale, lui sarebbe stato il più bel presidente della Repubblica dai tempi di Einaudi. Grillo in un video disse ai piddini di votare con il M5S Rodotà come presidente della Repubblica e poi fare un governo insieme per far ripartire l’Italia. La risposta fu una grande pernacchia e l’imbalsamazione dell’ancien régime con la rielezione di Napolitano” – continua – “perché il Pd si era già berlusconizzato ed era già pronto a fare il governo con Berlusconi, cioè a fare sempre quello che ha fatto per 20 anni: l’inciucio con Berlusconi, l’unica cosa che finora sono riusciti a fare. Bersani l’avevano già messo da parte. Quel progetto è stato messo in freezer per 5 anni nella speranza che, a furia di tenere il M5S fuori dall’area di governo, i 5 Stelle sparissero da soli. Non sono spariti, ma quel rinvio sciagurato li ha gonfiati ulteriormente di aspettative. Adesso ora i 5 Stelle hanno quasi il doppio dei voti del Pd”. E aggiunge: “Quando Casaleggio parla di trionfo della democrazia diretta, si riferisce a un partito che non ha una sede, non prende finanziamenti pubblici. Non si sa nemmeno dove per parlare con qualcuno. E senza soldi il M5S ha preso quasi il 33%, mentre i due partiti che hanno retto la Seconda Repubblica, cioè Forza Italia e Pd, che 5 anni fa avevano ancora il 50% dei voti insieme, adesso hanno poco più del 30%”. Insorge la conduttrice Lilli Guber: “Non è detto che sia un bene non sapere chi chiamare quando esiste un partito o movimento, chiamiamolo come vogliamo, che prende il 33%”. “Non sto dando un giudizio di valore” – replica Travaglio – “sto dicendo che è una cosa totalmente nuova che si è tentato di esorcizzarla tenendola fuori”. “Sì, ma non è così nuova” – ribatte Gruber – “Quelli che si chiamano inciuci dovrebbero essere tali per tutti, anche se il M5S vuole fare un accordo col Pd”. “C’è una bella differenza tra un inciucio e una intesa alla luce del sole”, risponde Travaglio