Secondo "Repubblica" il leader di Forza Italia ha dato l'ok a Salvini per avviare la trattativa ai Cinquestelle. Un modo, soprattutto, per lasciare il cerino in mano al M5s
Lo schema sarebbe questo: presidenza della Camera ai Cinquestelle, presidenza del Senato a Forza Italia, guida del governo alla Lega (o a una personalità che alla Lega piace), candidatura alla presidenza del Friuli al leghista Massimiliano Fedriga. Una specie di domino, la cui ultima tessera è il via libera a Matteo Salvini per una trattativa di governo con il Movimento Cinque Stelle. Non più “grillini più pericolosi dei comunisti“, come diceva in campagna elettorale: Silvio Berlusconi – racconta Repubblica – è pronto ad andare oltre il confronto parlamentare sulle presidenze delle Camere. Secondo il retroscena di Carmelo Lopapa il leader di Forza Italia avrebbe spiegato a Salvini di non avere “preclusioni“: “Pensiamo si possa trovare un’intesa su un governo di programma“. Naturalmente, se il retroscena venisse confermato, c’è molta strategia. Almeno per tre aspetti.
Il primo: il Pd in questo momento non si schioda dalla convinzione di stare all’opposizione e soprattutto Salvini non vuole parlare con i democratici (“Se faccio un governo, non lo faccio per far tornare chi è stato bocciato dal voto”) quindi veder fallire subito un tentativo con i grillini aprirebbe a strade alternative meno ostiche. Il secondo aspetto: il leader di fatto del centrodestra, dopo le elezioni del 4 marzo, è Salvini, capo del primo partito della coalizione, e in più la Lega sta facendo da calamita per molti berlusconiani sul territorio, anche al Sud; un modo per tamponare questa situazione è almeno farlo “friggere” con i tentativi di formare una maggioranza che possono risultare “velleitari” e – chissà – in apparenza da Prima Repubblica e “inciucisti”, buona parte dei temi dei comizi consuti di Salvini. Il terzo e principale: dando la propria disponibilità a un accordo con i Cinquestelle non toccherà a Forza Italia dire di no, ma è probabile che sarà lo stesso M5s a negarsi. E a quel punto la responsabilità di un governo che non si forma non sarà più di Berlusconi, ma – appunto – di Luigi Di Maio e dei suoi (che peraltro non perderebbero un voto da questa decisione, conoscendo un po’ quell’elettorato).
Venerdì, intanto, rispettivamente alle 10,30 e alle 11, le Aule di Montecitorio e di Palazzo Madama riuniranno per la prima volta i deputati e i senatori (anche se incredibilmente di alcuni non è ancora certa l’elezione, a 17 giorni dal voto). Ad oggi, secondo i giornali, per la presidenza della Camera – che secondo gli accordi tra i partiti dovrebbe andare al M5s – i nomi che girano sono quelli di Roberto Fico e Riccardo Fraccaro (il secondo più vicino a Di Maio del primo, come noto); per la presidenza del Senato – che dovrebbe avere una guida eletta col centrodestra – la terna di Forza Italia proposta da Berlusconi è composta da Paolo Romani (su cui il leader insiste), Maurizio Gasparri (per 5 anni vicepresidente a Palazzo Madama) e Annamaria Bernini (stimata anche dal Pd e dai modi sempre istituzionali). Per la Lega il nome buono che resta in piedi è comunque quello di Giulia Bongiorno, la cui colpa per Berlusconi potrebbe essere la sua “resistenza” alle leggi ad personam.