C’è qualche segnale di movimento, dopo due settimane che lasciavano immaginare un post voto persino più sfibrante della campagna elettorale, anche perché l’imminente elezione dei presidenti delle Camere impone a vincitori e sconfitti, inclusi quelli che come Silvio Berlusconi pretenderebbero di continuare a distribuire i posti, di prendere atto della realtà.
Oltre al frutto politico avvelenato della legge elettorale che, concepita per azzoppare la vittoria del M5S, rischia di infilare il paese in un cul de sac il paese, si sono dispiegati anche sul piano “tecnico” gli effetti nefasti del Rosatellum.
Infatti ci sono voluti ben quindici giorni perché finalmente la Corte di Cassazione riuscisse a diffondere la lista definitiva degli eletti che è arrivata in contemporanea con l’adempimento delle formalità di inizio legislatura per i neosenatori; e la serie di verifiche, riconteggi e ricorsi si deve alle complicazioni, mai viste prima de Rosatellum, per la redistribuzione dei voti all’interno delle coalizioni combinate con la possibilità per ogni candidato di correre in ben cinque diversi collegi plurinominali.
Nessuno tra i maggiori responsabili nonché beneficiari, secondo le intenzioni, dei macchinosi inghippi del Rosatellum ha accennato minimamente ad un mea culpa.
Ettore Rosato – artefice del capolavoro legislativo – a chi osa avanzare qualche perplessità sugli effetti del prodotto, risponde sprezzante (come ha fatto giovedì scorso a Piazza Pulita) che si è trattato della legge elettorale approvata con il più vasto consenso parlamentare della storia repubblicana ma si dimentica di aggiungere che è avvenuto anche “grazie” alla raffica di voti di fiducia; poi senza il minimo imbarazzo fa notare che prima si votava con il Porcellum. Poi abbastanza sorprendentemente lo stesso Ettore Rosato si è dichiarato favorevole ad un referendum tra gli iscritti in merito ad una eventuale ipotesi di governo con il M5S e solo 24 ore dopo ha ritenuto opportuno smentirsi dichiarando che il referendum da sottoporre agli iscritti manca “dell’oggetto” e cioè la proposta: ma se è così non sembra che ci fosse nemmeno il giorno prima.
Intanto la coppia del Nazareno, con i relativi supporter, è più che mai impegnata nel tentativo di impedire con mezzi di molteplice natura qualsiasi uscita dallo stallo che non li veda almeno coprotagonisti. E che Renzi con il suo cospicuo plotone parlamentare di fedelissimi in grado, non si sa ancora per quanto, di condizionare le mosse di un partito in stato confusionale così come B. impensierito dalla “spregiudicatezza” di Matteo Salvini e terrorizzato dallo spettro di nuove elezioni vogliano convergere un’irresistibile quanto improbabile ammucchiata PD- centrodestra è quasi una non notizia.
Così mentre i capigruppo del M5S stanno facendo il secondo giro di colloqui con tutti per le presidenze delle camere da FI è arrivato solo da Toti l’ovvio riconoscimento che “il M5S è indubbiamente l’interlocutore istituzionale” mentre B. dall’alto del suo 14% si era compiaciuto di “aprire la porta per cacciarli” con contestuale raccomandazione ai neoletti di avvicinare i “grillozzi“, come li chiama con trasudante disprezzo Il Foglio, per “persuaderli” con discrezione e con i consolidati metodi alla sua causa.
E analogamente i renziani stanno perseverando nel non capire, come gli ha rimproverato persino Andrea Orlando, fino a prova contraria non un fan grillino, che sarebbe ora di “fare basta con la spocchia verso i 5Stelle sui congiuntivi, sui curriculum e sulle proposte”. Anche perché, come ha dovuto ancora una volta spiegare una voce fuori dal coro e vicina alla realtà, questa volta quella del giovane Nicholas Ferrante, giunta da Avellino, gli elettori del Pd “hanno votato il M5S contro un sistema marcio e clientelare, contro i signori delle tessere” e cioè hanno guardato dove hanno individuato la difesa di valori, principi e beni comuni ed irrinunciabili come “l’onestà, la moralità, la sovranità popolare, la democrazia diretta, il lavoro, i diritti, l’acqua pubblica” che non ha più trovato casa e da troppo tempo nel loro partito di riferimento.
Di Maio alla prima riunione con i senatori ha ribadito che prima ci si accorderà sui metodi e poi sui nomi e per non sbagliare con un preciso riferimento ai nomi che circolano per il Senato, in primis quello di Paolo Romani, ha di nuovo sottolineato con assoluta chiarezza il NO per chi è condannato o sotto processo. Beppe Grillo in una lunga intervista a Repubblica ha ripetuto che “l’epoca dei vaffa è finita ma quella degli inciuci non comincerà”.
Per ora, anche se a qualcuno può sembrare poco, mentre a tanti navigatori di lungo corso e rottamatori gattopardeschi la conferma della sprovvedutezza e dell'”infantilismo” del M5S, il perimetro minimo della trasparenza, della disponibilità all’accordo nel rispetto delle istituzioni, della coerenza con i valori di riferimento è stato tracciato.