La difesa dell'ex Nar imputato: "Pretende di essere sentito" e chiede di citare l'ex terrorista Carlos. Il procuratore: "Processo è risposta alle vittime". Bolognesi: "Il nostro stato d’animo è positivo perché c'è la possibilità di fare un passo avanti per la verità"
A 38 anni dalla strage di Bologna è iniziato un nuovo processo per la strage di Bologna in cui è imputato l’ex Nar Gilberto Cavallini. La responsabilità attribuita di concorso si ricava dalla “lettura combinata delle sentenze irrevocabili” emesse nei suoi confronti per altri delitti e nei confronti dei suoi presunti complici, Giuseppe Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini per l’attentato del 2 agosto del 1980. Le responsabilità per la strage, dunque, ha spiegato il pm Antonella Scandellari, illustrando le ragioni a sostegno delle richieste di testimoni per l’accusa, “si riverberano sulla posizione di Cavallini”, che per la Procura avrebbe dato supporto logistico agli attentatori, fornendo alloggio, auto e documenti falsi.
“Basta la lettura del suo casellario giudiziale – ha detto il pm Antonello Gustapane – per comprendere la scelta deviante, eversiva, fascista fatta da Cavallini fin dal 1976, quando esordì nell’ambito criminale con un omicidio e un tentato omicidio”. Cavallini, ha aggiunto, faceva parte della stessa banda armata degli altri Nar condannati per la strage, un gruppo che “aderiva ad un’ideologia neofascista spontaneista, che propugnava la lotta allo Stato borghese attraverso piccoli nuclei di persone estremamente decise che si doveva rendere responsabile di azioni eclatanti per disgregare lo Stato”. E Cavallini, emerge dalle sentenze, “all’interno della banda aveva un ruolo apicale”, ha detto Gustapane.
La difesa chiede di far testimoniare l’ex terrorista Carlos
L’imputato “verrà. Non solo accetta l’esame, lo pretende. E dichiarerà la sua estraneità alla strage, che non ha nulla a che vedere con lui e con gli errori infiniti commessi, non certo legati ad attività stragista” ha scandito l’avvocato Alessandro Pellegrini, che insieme al collega Gabriele Bordoni difende l’ex Nar 65enne. Nella prima udienza l’imputato ha rifiutato a comparire. Ma nelle prossime ci sarà, hanno assicurato i difensori. “Perché soltanto oggi a 38 anni di distanza lo Stato processa Cavallini? Perché non lo ha fatto prima? Perché la Procura della Repubblica, oggi così fiera, sicura e determinata, negli ultimi anni per ben due volte ha chiesto al gip l’archiviazione di Cavallini?”, ha domandato Pellegrini, nell’intevento a sostegno della propria lista testi. Secondo Pellegrini, “non c’erano e non ci sono elementi per procedere per il delitto di strage” nei confronti del suo assistito. La verità, ha detto, “sta acquattata, ma prima o poi salta fuori. E magari salta fuori un Thomas Kram, quando uno meno se lo aspetta”. Il riferimento è al terrorista tedesco, già finito indagato e archiviato nella cosiddetta ‘pista palestinese’.
Un’ipotesi alternativa alle pronunce giudiziarie, su cui la difesa Cavallini spinge con forza: “La prova ultima, vera e obiettiva della presenza di Mambro, Fioravanti e Ciavardini a Bologna non c’è e non c’è mai stata”. Una persona di cui si ha prova che era in città il 2 agosto 1980, ha sostenuto il legale, “c’è, ma si chiama Kram ed è un estremista tedesco di sinistra, delle cellule rivoluzionarie”. Proprio per chiarire questi aspetti, Bordoni e Pellegrini hanno insistito nella richiesta di far testimoniare il terrorista venezuelano ‘Carlos’, che in passato frequentava il gruppo di Kram e disse di aver informazioni sulla sua presenza a Bologna, “nei pressi della stazione”. Rfi-Ferrovie dello Stato si è costituita parte civile nel processo. In totale sono novanta coloro che chiedono che gli sia riconosciuto un risarcimento tra cui il Comune di Bologna, la Regione Emilia-Romagna, la Presidenza del Consiglio dei ministri, i ministeri dell’Interno e dei Trasporti. Gli altri sono feriti o parenti e eredi di persone morte a causa dell’attentato.
Il procuratore di Bologna: “Processo è risposta alle vittime”
Il processo a Gilberto Cavallini è, per la Procura di Bologna, “un accertamento di una responsabilità penale” nei confronti di una persona e “una risposta in favore e nell’interesse dei familiari delle vittime – ha detto il procuratore capo Giuseppe Amato, lasciando l’udienza – È un discorso coerente e ci fa piacere che ci siano i familiari delle vittime che ci supportano in questo sforzo, che non è facile a 37 anni di distanza”, ha aggiunto. “Oggi finalmente ridiscuteremo in un dibattimento pubblico una serie di elementi nuovi, che negli ultimi 15 anni hanno arricchito il quadro indiziario nei confronti del gruppo neofascista Nar, nei confronti di questo imputato ex Nar, Gilberto Cavallini” ha detto l’avvocato Andrea Speranzoni, che insieme ai colleghi Roberto Nasci e Giuseppe Giampaolo assiste i familiari delle vittime. “Siamo di fronte a un momento giudiziariamente importantissimo, in rappresentanza delle parti civili costituite io e il collegio di difensori – ha proseguito Speranzoni – lavoreremo per aggiungere nuovi pezzi di verità in questa vicenda, oltre a quelli già consolidati, ossia le condanne a Mambro, Fioravanti e Ciavardini, perché il diritto alla verità è sacrosanto per chi ha subito crimini politici di questa natura e credo vada coltivato in tutte le sedi in cui è possibile farlo valere”. Considerando i tanti testimoni ‘eccellentì indicati dalle parti in questo processo, Speranzoni ha poi spiegato che gli avvocati dei familiari lavoreranno per “il diritto alla verità, per un processo penale che possa implementare il quadro di conoscenze e di responsabilità, non dimenticando mai che l’imputato è Gilberto Cavallini”.
Bolognesi: “Bisogna vedere se la verità si vuole o meno”
“Il nostro stato d’animo è positivo perché c’è la possibilità di fare un passo avanti per la verità. Qui però bisogna vedere se la verità si vuole o meno, non tanto per questo processo ma per altre situazioni” ha dichiarato Paolo Bolognesi, deputato uscente e presidente dell’associazione delle vittime della Strage del 2 Agosto che ha anche risposto a una domanda dei cronisti sull’inchiesta sui mandanti della strage, che da qualche mese ha avocato la Procura generale: “Io credo che da qui possono trovarsi degli spunti da inserire nell’altro filone”. “Ho visto col quarantennale di Moro che si è dato più spazio ai terroristi che alle commissioni parlamentari – ha proseguito Bolognesi – e a tutto quello che era venuto fuori, che demolisce completamente il memoriale Morucci che è stata la verità per 40 anni. Chiarezza si può fare, ma se si fa come per quarantennale, con le istituzioni che hanno avallato questa situazione, credo sia molto difficile per tutti arrivare alla verità”. Bolognesi ha poi spiegato di aver mandato una lettera alla commissione Moro, invitando il procuratore “Giuseppe Pignatone a valutare tutte le ipotesi di depistaggio nei confronti dei vertici dell’Aisi, proprio sulla Gladio nera e i nuclei di difesa dello Stato. La verità chiaramente passa anche smascherando gli organi coperti dello Stato – ha concluso – che hanno operato in maniera illegale facendo anche probabilmente cose relative alla strage di Bologna”.