L'invito diramato dal centrodestra a un "incontro congiunto" per ora non ha sortito effetti: non si sblocca lo stallo nelle trattative intavolate dai partiti per tentare di trovare un accordo sull'elezione della seconda e la terza carica dello Stato
Il Partito Democratico, da un lato, è disposto al confronto “se si riparte da zero“. Il M5s, dall’altro, alle prese con i malumori della base per la trattativa con il centrodestra sulle presidenze delle Camere, rinvia l’assemblea congiunta dei gruppi di Montecitorio e Palazzo Madama convocata per le 13 sulla questione. L’invito diramato dal centrodestra a un “incontro congiunto” per ora non ha sortito effetti: non si sblocca lo stallo nelle trattative intavolate dai partiti per tentare di trovare un accordo sull’elezione della seconda e la terza carica dello Stato.
“Il centrodestra – si leggeva in una nota diramata mercoledì da Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia – propone ai capigruppi parlamentari un comune percorso istituzionale che consenta alla coalizione vincente (il centrodestra) di esprimere il presidente del Senato e al primo gruppo parlamentare M5s il presidente della Camera. A tal fine anche per concordare i nomi i leader del centrodestra invitano le altre forze politiche ad un incontro congiunto”.
Se in serata il Pd aveva risposto picche, oggi Ettore Rosato ribadisce il no ma sposta il discorso un po’ più in là: “Nel comunicato c’era scritto ‘abbiamo già deciso i presidenti di Camera e Senato, uno a Forza Italia e uno al M5s, ci vediamo e così ve lo diciamo’ – ha detto l’esponente dem a Circo Massimo su Radio Capital – bastava un sms sotto quel profilo. Nella tarda serata Forza Italia ha poi detto facciamo un incontro partendo da zero e a quel punto siamo assolutamente disponibili come sempre al confronto, a ragionare insieme”.
“Non è il momento ancora di dare giudizi sulle persone lo faremo se chiamati a farlo – ha detto ancora Rosato, rispondendo alla domanda se i nomi usciti finora per le presidenze di Camera e Senato di Bernini, Romani, Fraccaro e Fico siano all’altezza – il M5S non ha fatto nessun nome ufficialmente, sono più indiscrezioni giornalistiche, mentre FI li avanzati formalmente. Vediamo se questi nomi resistono alla giornata di oggi”. “Non tutti – prosegue – si tratta sempre della seconda carica dello Stato. E’ chiaro che tutti i giudizi sono di parte, ciascuno ha il proprio punto di vista. Cerchiamo di trovare almeno il metodo“.
A Rosato ha fatto eco Lorenzo Guerini: “Se si riparte da zero ragionando con disponibilità e con il criterio ispiratore che è quello di fare le scelte migliori per affidare le presidenze di Camera e Senato, il Pd c’è”, ha detto a Radio Radicale il coordinatore della segreteria dem.
L’apertura del Pd arriva nel momento in cui in casa M5s si registra una frenata nelle trattative con il centrodestra. Le ricostruzioni di diversi giornali sottolineano come i colloqui con l’avversario di sempre agitino la base e pongano questioni di metodo e di merito: secondo il Corriere della Sera, la trilaterale FI-Lega-FdI avrebbe messo condizione per l’incontro la presenza al tavolo di Luigi Di Maio. Una “condizione capestro”, perché se il candidato premier del M5s sedesse allo stesso tavolo di Silvio Berlusconi finirebbe per legittimare quest’ultimo nel suo ruolo di interlocutore politico.
Il malumore è diffuso. “No a Berlusconi tutta la vita”, ha detto mercoledì la senatrice Paola Taverna – che molti al Senato avrebbero voluto in corsa per la presidenza. E prende piede il timore di ritrovarsi in minoranza nelle due Camere anche sulle altre caselle meno in vista ma ugualmente determinanti, vedi la composizione degli uffici di presidenza. Il tutto per puntare a Palazzo Chigi. “E se non dovessimo spuntarla? – si chiedono in tanti tra le file M5S – rimarremmo davvero col cerino in mano“. “Ovvio che non saremo al tavolo con Berlusconi – osserva un senatore – ma lasciare a Fi la presidenza del Senato vuol dire comunque scendere a patti col Caimano”. Tanto che, riporta l’Adnkronos citando “fonti autorevoli”, Roberto Fico, che oggi l’assemblea avrebbe dovuto incoronare come candidato M5S alla presidenza della Camera, avrebbe confidato ad alcuni fedelissimi di essere pronto a sfilarsi qualora la situazione dovesse prendere una piega troppo compromettente.
La paura è che l’ex vicepresidente della Vigilanza Rai, un duro e puro del Movimento della prima ora e da molti ritenuto il capo degli ortodossi, possa essere impallinato dai voti del centrodestra, lasciando campo libero a una figura più vicina a Luigi Di Maio, in primis quella di Riccardo Fraccaro, indicato dal leader del Movimento come possibile ministro dei Rapporti col Parlamento in un ipotetico governo targato M5S.
Un fatto è certo: il Movimento ha sconvocato l’assemblea congiunta dei gruppi di Camera e Senato, che avrebbe avrebbe dovuto indicare il candidato pentastellato per la presidenza dell’assemblea di Montecitorio. Al momento non sono note le motivazioni, ma da fonti M5S non si esclude una nuova convocazione entro la serata o domattina. Non si esclude che la decisione sia dettata dall’esigenza di fare il punto della situazione, magari rivedendo la strategia per la partita delle presidenze. “Ci sono movimenti tellurici – sussurra un eletto di lungo corso – forse le parole di Rosato, che ha aperto al confronto ripartendo da zero, hanno dato da pensare”.