Cinema

Cinema, calo nelle sale. Il presidente dei distributori Anica: “Documentari e film evento sono aumentati ma non sono “veri” film”

Andrea Occhipinti, in qualità di presidente dei distributori ANICA, replica così ai dati che vedono una sovrabbondanza di titoli a fronte di sale sempre più vuote: "Un calo non indifferente è vero, ma sapete che di quel meno 44% tra il 2016 e il 2017 sui film italiani, il 35% è dovuto a Zalone?"

di Davide Turrini

“Agonia, disaster movie, dati inesatti. Mi dispiace ma con il vostro articolo avete fatto disinformazione, qualcosa che poi danneggia il cinema stesso”. Parole di Andrea Occhipinti, in qualità di presidente dei distributori ANICA, di fronte all’articolo “Cinema, il paradosso: meno spettatori ma più film in sala. Ecco perché è una strana agonia”. “Avete confuso la rivolta degli esercenti per i cinema a 2 euro una volta al mese, iniziativa portata avanti dal ministro Franceschini che non ci ha convinti perché svendeva il nostro prodotto, con la Festa del cinema/CinemaDays con i film a 3 euro, quest’anno per 15 giorni in tre periodi diversi.

Torniamo ai dati: il 22 marzo 2018 escono 12 film, il 15 marzo ne sono usciti 11. Un film e mezzo al giorno in media. Nell’intero marzo ne escono 60, la media è due al giorno. Sono davvero tanti
“Dipende da quante copie hanno i singoli film. E poi la trasformazione da pellicola a digitale permette di diversificare l’offerta durante la giornata. Mentre prima un cinema doveva programmare lo stesso film da mattina a sera, oggi ci sono sale che hanno sette schermi e magari proiettano dodici film. C’è una flessibilità enorme, sono aumentati moltissimo i cosiddetti film evento che però non sono film. Se andiamo a vedere durante l’intero anno i film “veri” non sono così tanti e non sono così aumentati. L’aumento è per quelli che genericamente vengono chiamati film ma sono documentari, film su Pertini, su Renato Zero, su Caravaggio, sull’opera di Londra. Film di super nicchia. Sono circa 180 i titoli che fanno meno di 10mila euro d’incasso. Sono uscite virtuali. Un documentario, ad esempio, esce un giorno ma non è un’uscita, non ha occupato la sala.

Loving Vincent, uno dei film evento del 2017, ha fatto oltre un milione e trecentomila euro…
Appunto è una distribuzione limitata di tre giorni. E se ha successo viene ripetuta. Ci sono dei film che si aggiungono alla normale programmazione, una sorta di sovraofferta. È come quando si dice che c’è crisi della lettura e aumentano i libri nelle librerie. Ci sono libri di ipernicchia come ci sono film di ipernicchia.

Il film evento si conteggia come qualsiasi altra uscita
Assolutamente è la stessa modalità, ma non escono di giovedì e vanno avanti finché funzionano. Tutto quello che si chiama evento normalmente ha un solo spettacolo ed è riferito ad un pubblico di fan, ad esempio, dei manga, di una band, ecc… La diversificazione è tale che è chiaro che aumenta il numero dei film nell’insieme, ma i film reali che escono con la promozione classica più o meno sempre gli stessi. Rispetto all’anno scorso noi ne abbiamo calcolati 30 di meno.

Ci siamo limitati ai primi tre mesi del 2018, e qualche titolo evento non è nel conteggio: 133 titoli in 90 giorni di programmazione
Negli anni i film evento sono aumentati moltissimo, è vero. A fine anno se andiamo a vedere ci sono anche una marea di piccoli documentari. Che so magari un documentario che parla dell’artigianato dell’Abruzzo. L’hanno fatto uscire in due sale dell’Abruzzo e questo film risulta un’uscita. Sono quelle proiezioni accompagnate dal regista. E poi nessun esercente ha voglia di tenere un film in sala se non ha spettatori.

Oggi escono film bellissimi tutti da vedere. Mettiamoli in fila: Hostiles; Foxtrot; Il sole a mezzanotte; Pacific Rim 2; Peter Rabbit; Un sogno chiamato Florida; Una festa esagerata; Petit Paysan; Insyriated; 8 minuti; Illegittimo; Fixeur. Tra questi non ci sono film evento
Intanto che escano tanti film e così diversi gli uni dagli altri è una ricchezza e non un problema. Poi purtroppo non tutti vanno a vedere tutto. Uno va per Foxtrot e un altro per Pacific Rim, ma pochissimi vanno a vedere tutti e due. C’è un target specifico di pubblico per ogni proposta. Il cinema oggi è così: c’è il cinema popolare  americano e c’è il cinema popolare italiano. Il cinema d’autore italiano e quello europeo hanno lo stesso pubblico. C’è chi entra solo in alcune sale, chi solo nel multiplex. Non esiste un pubblico unico che va a vedere tutto indistintamente.

Un pubblico che però cala da tempo…
Un calo non indifferente è vero, ma sapete che di quel meno 44% tra il 2016 e il 2017 sui film italiani, il 35% è dovuto a Zalone?

Se si perdono milioni di spettatori per strada si perdono e basta
Lo sfruttamento in sala è sempre più marginale rispetto a qualsiasi altro momento storico. Negli anni settanta facevamo 600milioni di biglietti in Italia. Quando è arrivata la tv privata c’è stato un crollo verticale. Con la pay tv un’altra modalità ancora, con i primi dvd ancora un’altra. Oggi con tutte le piattaforme il cinema si vede molto di più di 20 anni fa, ma non lo si vede tutto in sala. Quello che si è perduto in sala lo si è acquistato da un’altra parte. È vero sì, il pubblico in sala non c’è. Ci lamentiamo da quindici anni perché vendiamo più o meno 100milioni di biglietti l’anno: se c’è Zalone facciamo 110, se non c’è 90. Il box office non cresce è vero ma nello stesso tempo c’è l’esplosione di un’altra modalità di visione. Ad ogni modo con il vostro articolo sembrava che odiaste il cinema…

Avere due film in media al dì da vedere, con il calo delle presenze, è come lasciare della frutta a marcire…
Il numero di sale è proporzionato alla commerciabilità del titolo. E con il digitale tutto si calibra ‘a fisarmonica’: quando ci sono film come Quo vado? in 800 copie e incassa, il giorno dopo va a 1100 copie. C’è una flessibilità incredibile. Quindi oggi se vuoi uscire con un film è la cosa più semplice del mondo. Farti uscire non costa niente.

Come non costa niente? Il produttore non paga il distributore per avere il suo film in sala?
No… oddio… dipende.

Da cosa?
Se vogliamo essere tecnici ci sono molte modalità. Ad esempio un film medio piccolo italiano messo in sala se non ha probabilità di recuperare i soldi che io spendo per promuoverlo, quindi non bastano gli incassi in sala, mi prenderò in garanzia la vendita in pay tv.

E della concentrazione in 700-800 copie di solo due-tre film, quelli che incassano al box office, chiaro che ne pensa? Lei iniziò con LuckyRed che partì come distributore di nicchia…
Non c’è paragone tra oggi e quando ho iniziato io. Oggi è tutto più veloce. Il passaparola è scomparso. Trent’anni fa uscivi con una copia a Roma e un mese dopo col passaparola uscivi a Milano. Oggi è impossibile. Ti giochi tutto il primo weekend. Sul tema della “concentrazione”… eh… posso dire che sono dinamiche di mercato. Quelle che abbiamo in Italia sono dinamiche che non mi fanno impazzire. L’avvicendamento di titoli è velocissimo. In altri paesi non è così.

Alla fine, purtroppo, conveniamo insieme che la centralità della sala viene meno
Ci auguriamo che l’esperienza in sala possa continuare ad essere vissuta da tutti. Speriamo ne aprano di nuove dove non ci sono. Per esempio al Sud, in Calabria e in Sicilia, sono sottoquotate. Ci sono ferme 324 domande di ristrutturazione di cinema. Con la legge Franceschini ci sono le risorse per sistemarle.

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