“Di presidenze si parla con Berlusconi“, dicono Romani e Brunetta. “I Cinque stelle devono parlare anche con me, non solo con Salvini“, fa filtrare l’ex Cavaliere. Ma il M5s non vuole incontrarlo, come anticipato da ilfattoquotidiano.it e confermato da Toninelli in serata: “Gli elettori hanno votato Salvini, è lui il leader del centrodestra, non siamo disposti noi a legittimare Berlusconi. No al Nazareno bis”. E così le trattative per l’elezione dei presidenti delle Camere si ingarbugliano maledettamente, come testimoniato dal nulla di fatto della riunione serale dei capigruppo di tutti i partiti. Tutto daccapo? Fino al momento del voto qualsiasi cosa può ancora succedere. “I nomi usciranno solo se ci sarà un incontro tra i leader altrimenti il centrodestra andrà con Romani al Senato e Giorgetti alla Camera” fanno sapere da Forza Italia. Salvini, però, prima fa il nome di Romani per il Senato durante la riunione, poi con le agenzie di stampa insiste sulla linea dell’apertura: “Per rispetto del voto degli italiani, ribadisco la nostra disponibilità a riconoscere ai 5 stelle la presidenza di una delle due camere. Invito tutti i partiti ad essere resposabili”. E il Pd? Secondo le indiscrezioni, sul nome di Romani oscilla tra l’astensione e il votare scheda bianca. Nonostante la mano tesa da parte dei grillini: “Noi ci siamo spogliati di due vicepresidenti e li abbiamo dati al Pd per rispettare il voto popolare” ha detto il capogruppo M5s a Palazzo Madama Toninelli. Una mossa che non ha avuto alcun esito.

Unica certezza nell’impasse: nel rebus per le presidenze delle Camere, Forza Italia e Berlusconi hanno ancora un ruolo decisivo, nonostante la sconfitta dell’ex premier contro Salvini. L‘ex Cavaliere vuole ribadire la propria centralità nel centrodestra e mandare un messaggio alla Lega. Da qui si ripartirà, con le prime riunioni interne dei partite programmate per le prime ore della mattina. Il Movimento 5 Stelle ha convocato i suoi eletti alle 9. Il Pd ha parlato di convocazione in mattinata per decidere se scegliere un nome, astenersi o votare scheda bianca. Incontri che serviranno per provare a studiare strategie in grado di superare lo stallo creatosi con l’evaporazione di ogni accordo sui presidenti delle Camere, che a questo punto slitteranno quasi sicuramente a sabato.

LA GIORNATA – La giornata era cominciata con la richiesta del capogruppo uscente Pd Ettore Rosato di “resettare” ogni trattativa. Poi è il centrodestra a tornare a riunirsi e dal nuovo vertice Berlusconi-Salvini-Meloni esce nuovamente il nome di Romani. È a quel punto che Di Maio rompe il silenzio proponendo una riunione tra tutti i capigruppo e sentenziando il “no” del M5S al capogruppo Fi, condannato in via definitiva per peculato. Non passa neanche un’ora e Salvini complica ulteriormente il quadro, riaprendo al M5S (“se c’è un tavolo, siamo pronti”) e sancendo “l’azzeramento” di qualsiasi trattativa. Parole che riportano il M5S nei giochi in maniera prepotente. Anche perché Salvini ammette di sentire Di Maio “più di sua madre”, raccontando anche di un contatto telefonico tra i due prima che il leader della Lega entrasse a Palazzo Grazioli per il vertice del centrodestra. Ma di sblocco dell’impasse, all’orizzonte, neanche l’ombra. La riunione convocata dal M5S alle 20 dura poco più di un’ora. E sul tavolo sembrano spuntare i primi nomi, a cominciare da quello meno gradito al M5S. “La Lega ha fatto il nome di Romani“, spiega Ignazio La Russa uscendo dal vertice. Un vertice che, tuttavia, non porta novità. “Il leader del centrodestra è Salvini, siamo disposti ad incontralo. Non legittimeremo Berlusconi e non siamo disposti a un Nazareno-bis”, è la reazione dei vertici del M5S alla richiesta, da parte di FI, di un vertice Di Maio-Berlusconi. Un vertice che, dalle parti dei pentastellati, considerano come “letale” per l’immagine del Movimento davanti ai propri elettori.

Risultato finale: FI insisterà su Romani e M5S insisterà con il suo “niet”. Con un rischio, per il Movimento: se al Senato, dopo i primi tre scrutini, il centrodestra può eleggersi da solo un “suo” presidente, a Montecitorio al M5S servono comunque almeno 94 voti. Da qui, il timore di Di Maio di “perdere” anche la Camera, a favore di un candidato come Giancarlo Giorgetti. Se FI e M5S riusciranno a smussare lo scontro il ticket giusto, secondo gli ultimi rumors, potrebbe essere quello di Anna Maria Bernini (con Anna Maria Casellati, ex magistrato, come outsider al quale il M5S avrebbe una qualche difficoltà a dire di no) al Senato e Riccardo Fraccaro alla Camera. Ma è un ticket del quale, almeno fino a domani sera, non dovrebbe esserci alcuna traccia ufficiale e che potrà emergere solo dopo che il “gioco dei veti” – copyright del reggente del Pd Maurizio Martina – si sarà smussato.

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