Alla conquista dell’orto. Arriva anche in Italia Peter Rabbit. L’animazione Sony Pictures Animation (Stuart Little) e Animal Logic (Babe, La tela di Carlotta) che porta su grande schermo dopo più di cento anni The tale of the Peter Rabbit, gli acquerelli ideati e disegnati dall’autrice inglese Beatrix Potter nel 1902. Metà animazione in digitale e metà live action (gli attori in carne ed ossa recitano prendendo in braccio i conigli con cui però non comunicano a voce) la versione baldanzosa a firma dello statunitense Will Gluck è quella di un coniglio antropomorfo e combattivo, perennemente in guerra con il vecchio contadino McGregor, che trascina dietro di sé e alla sua franca determinazione animalesca l’intero sottobosco familiare (un fratello e tre sorelle), maiali, tassi, rane, volpi e cervi. Per la stampa inglese, però, Peter Rabbit è stato una specie di sacrilegio. Diverse testate, tra cui il prestigioso The Guardian, di fronte al semplice trailer hanno addirittura parlato stizzosamente di film “horror”.
Già, perché Gluck e lo sceneggiatore Rob Lieber si prendono parecchie libertà di plot e a livello valoriale rispetto al protagonista disegnato dalla Potter, tanto da trasformare il placido e dinoccolato racconto per l’infanzia ambientato in una incontaminata campagna inglese, in un fracassone e travolgente action movie per adolescenti e non solo. Peter Rabbit in primis è un coniglione atletico e mai domo che non sfida inconsapevolmente McGregor nel suo orto finendo oppresso simbolicamente dall’allungata ombra del cattivo come fosse in una cupa fiaba. Nel racconto a effetto domino dal ritmo incalzante di Gluck/Lieber, nei gesti e nei piani di Peter c’è spesso un certo sadismo per la difesa del proprio spazio vitale conigliesco. Ad esempio l’anziano (e cattivissimo) contadino muore d’infarto mentre Peter con il fratello e le tre sorelle lo fanno ammattire nel rubare cavoli, pomodori, melanzane e zucche (e proprio non provano gran dispiacere a vecchietto stecchito). Quando successivamente arriverà Thomas (Domhnall Gleeson), lo schizofrenico nipote da Londra a rilevare la burbera e violenta presenza dello zio tra le piantine di verdura arrivando persino ad installare fili elettrici attorno ai muri di cinta dell’orto per seccare i conigli invasori, Peter&Co. si industriano in mille modi per fargli del male, inducendogli perfino uno shock anafilattico per indigestione di more lanciategli a forza in bocca, sapendo che il ragazzo ne è allergico.
Insomma, più che i sonnacchiosi personaggi ritratti negli affascinanti quadri della Potter, il rapporto Peter Rabbit vs McGregor sembra una extended version dei migliori episodi di Wile Coyote e Beep Beep, come di una classica puntata di Tom e Jerry. In più qui c’è anche un tocco fiabesco animalista nella presenza della bella Bea (Rose Byrne), vicina dei McGregor, pittrice svampitella e cortese, amante a dismisura dei conigli che prende in braccio e coccola, nonché difenditrice di una superiorità naturale degli animaletti pelosi sull’uomo. Pur innamorandosi del goffo e tignoso Thomas, una delle prime lezioncine che gli impartirà sarà di natura animalista. Lui: “I conigli devono stare al loro posto”. Lei: “Il loro posto è ovunque, siamo noi gli invasori qui”. Anche la minaccia per i conigli di diventare pasticcio di carne, più che la generica morte in sé, è un più che evidente messaggio di crudeltà umana dal quale l’animale non può che difendersi; oltretutto la variopinta controparte della crew animale (puro sottotesto, complimenti per il coraggio) quando muore il vecchio fattore invade casa e la diventare, senza offesa a nessuna bestiola, un porcile, si abbuffa solo di frutta e verdura dell’orto. Così il tono chiaramente comico delle tante gag esilaranti che prendono in giro i luoghi comuni su alcuni specie animali (il cervo che fissa i fari delle auto, il gallo che nel dare la sveglia ogni giorno si complimenta impetuosamente con sé stesso per essersi svegliato nuovamente) si mescola armoniosamente con quelle frequenti dosi di ferocia, di gelosia (Peter sarà ovviamente arrabbiatissimo delle attenzione di Bea a Thomas non più rivolte a lui), di cinico sadismo che contraddistingue comunque il Peter Rabbit versione cinematografica USA. Frame-stop: il maiale che si impaurisce rispetto alla sorpresa degli umani che gli urlano in faccia, urlandogli a sua volta in faccia con una voce umana più forte. Povera bestia.