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Trump licenzia via twitter McMaster: Bolton nuovo consigliere per la sicurezza. E’ legato alla lobby delle armi

Altro scossone dopo il licenziamento del segretario di stato Rex Tillerson. Bolton è stato un convinto fautore degli interventi militari in Iraq e Afghanistan e chiede la fine dell’accordo sul nucleare iraniano. Un uomo che per il presidente Usa è molto più malleabile e pronto a seguire le sue indicazioni

Nell’ormai lunga serie di abbandoni e licenziamenti all’interno dell’amministrazione Trump, è ora la volta del consigliere alla sicurezza nazionale, HR McMaster, cui il presidente dà il benservito con un tweet. Il presidente scrive di essere “grato per il servizio del generale HR McMaster, che ha fatto uno straordinario lavoro e che rimarrà per sempre mio amico”. Al suo posto, Trump annuncia la nomina di John Bolton, un conservatore che fu l’ambasciatore di George W. Bush alle Nazioni Unite tra il 2005 e il 2006. L’amministrazione Usa, dopo il licenziamento del segretario di stato Rex Tillerson, subisce dunque un ulteriore scossone, motivato dalla volontà di Donald Trump di controllare un’area così cruciale della politica americana.

Il passaggio ufficiale di consegne sarà il prossimo 9 aprile. A differenza di Tillerson, McMaster non lascia con dichiarazioni apertamente critiche nei confronti della Casa Bianca. “”Ringrazio il presidente Donald J. Trump per l’opportunità che mi ha dato di servire lui e la nazione come consigliere alla sicurezza nazionale”, ha detto McMaster, che ha annunciato il suo ritiro dall’esercito dopo 34 anni di servizio e il ritorno alla vita civile. Il generale potrebbe a questo punto entrare come analista alla Hoover Institution.

L’uscita di scena di McMaster era attesa. Trump sta ridisegnando la sua amministrazione, liberandosi di quelle figure che non ne condividono totalmente le idee, o di cui lui sente di non potersi fidare. McMaster era considerato un falco sulle questioni di politica internazionale e di sicurezza. Aveva affermato la necessità dell’uso della forza militare contro l’Iran e la Corea del Nord e preso posizioni molto dure sulla Russia. Il generale apparteneva però a quegli ambienti militari che non hanno mai guardato con molta simpatia e rispetto a Trump. Anzi, erano stati proprio i militari, dopo alcuni mesi di presidenza, a prendere il controllo di un’amministrazione che appariva allo sbando. Il generale John Kelly era andato ad occupare il ruolo di chief of staff e un militare affidabile come McMaster era diventato consulente alla sicurezza nazionale – dopo lo scandalo di Michael Flynn e l’intensificarsi delle polemiche sulle interferenze russe alle presidenziali 2016.

Il rapporto tra McMaster e il presidente è però sempre stato problematico. Le differenze di temperamento e di opinioni sul modo di condurre gli affari di governo non hanno mai fatto scattare reale solidarietà, o amicizia, tra i due. Si sa anche che Trump non gradiva l’atteggiamento che McMaster manteneva durante le riunioni del suo gabinetto. Pensava che il generale lo trattasse con condiscendenza e scarso rispetto. La rottura definitiva tra i due sembra essere arrivata alcuni giorni fa, quando si è diffusa la notizia che McMaster aveva suggerito a Trump di non congratularsi con Vladimir Putin dopo la vittoria elettorale. La notizia della telefonata di Trump a Putin era trapelata, scatenando il furore del presidente, che ha accusato proprio McMaster di essere l’autore della “soffiata” ai media. Il destino del consigliere alla sicurezza nazionale era a quel punto deciso.

John Bolton, che sostituisce il generale McMaster, è da anni parte dell’establishment conservatore di Washington (il Super PAC di Bolton, il suo comitato d’azione politica, ha pagato almeno 650 mila dollari a Cambridge Analytica per dati e analisi a favore di candidati repubblicani particolarmente conservatori come Thom Tillis, Tom Cotton, Richard Burr). Negli ultimi mesi Bolton ha però costruito un rapporto personale molto saldo con Trump, apparendo anche di frequente in tv per difendere e appoggiare pubblicamente le sue prese di posizione. Trump ama le idee di Bolton in politica internazionale – e il modo particolarmente clamoroso e anticonvenzionale con cui le esprime. Bolton è stato un convinto fautore degli interventi militari in Iraq e Afghanistan, chiede la fine dell’accordo sul nucleare iraniano – ha di recente chiesto il “regime change” a Teheran – e considera “morta” la soluzione dei due Stati nel conflitto israelo-palestinese. Altra cosa che lo avvicina a Trump: non ha mai mostrato molta considerazione per le istituzioni internazionali (quando era ambasciatore all’Onu, disse che se il palazzo delle Nazioni Unite avesse perso dieci dei suoi trentotto piani “non avrebbe fatto alcuna differenza”) ed è vicino alla Nra, la lobby americana delle armi. Soprattutto, sostituendo McMaster con Bolton, Trump sa di piazzare in un posto cruciale un uomo molto più malleabile e pronto a seguire le sue indicazioni. Il nuovo arrivato lo sa e lo ha detto esplicitamente dopo la sua nomina. “Le mie passate dichiarazioni non sono importanti. L’importante è quello che dice il presidente”, ha commentato Bolton.