Il decreto fissa per il 30 maggio 2018 l'udienza in cui l'azienda del trasporto pubblico dovrà chiarire i punti deboli del piano. Che sono molti. Il trattamento prospettato per il Campidoglio, che si vedrebbe rimborsare il dovuto insieme ai creditori teoricamente privilegiati, viene per esempio definito "non conforme alla legge"
Atac ha rimborsato 55 milioni di euro alle banche il giorno prima che il cda votasse il via libera alla presentazione della domanda di concordato preventivo. “Senza che la restituzione sia stata effettuata a fronte di nuove linee di credito”. Tanto che il Collegio del Tribunale fallimentare di Roma, incaricato di esaminare il piano presentato dalla società capitolina dei trasporti, rileva “la possibile illiceità” degli atti compiuti dai vertici aziendali nei giorni immediatamente precedenti all’avvio delle procedure. E evoca la “possibile revocabilità di tali pagamenti, essendo i destinatari certamente solvibili”. Tradotto: i giudici potrebbero decidere di chiedere agli istituti di credito di restituire la quota incassata, riportando la situazione economica alla data del 31 agosto, quando – come risulta ai giudici dalla relazione attestativa, pagina 327 – è avvenuto il maxi-rimborso. L’azienda del trasporto pubblico romano, controllata dal Campidoglio, ora ha due mesi di tempo per pensare come rispondere a questo e agli altri dubbi sollevati dai giudici Antonino La Malfa, Lucia Odello e Luigi Argan nel decreto. Che fissa per il 30 maggio 2018 l’udienza in cui Atac dovrà chiarire i punti deboli del piano.
IL PAGAMENTO DOPO LE PRESUNTE PRESSIONI BNL – Il pagamento alle banche, si legge nel decreto, è avvenuto il 31 agosto 2017 “nelle more della sottoscrizione di un nuovo accordo”, “a seguito del venir meno del beneficio della dilazione di pagamento del debito bancario” in quanto “Atac si è trovata con un patrimonio netto negativo di 50,5 milioni”. Secondo le carte dell’inchiesta della Procura di Bari relative alla procedura fallimentare della società pugliese Ferrovie Sud Est, proprio in quei giorni i vertici Atac e quelli capitolini avrebbero subito pressioni da parte di un funzionario Bnl, Giuseppe Maria Pignataro, il quale spingeva affinché Roma Capitale non portasse i libri in tribunale. Dalle intercettazioni risulta una telefonata di Pignataro a Lorenzo Bagnacani, presidente dell’Ama Spa, datata 28 agosto, in cui il funzionario dice al manager che “Ama viene valutata dalla banca come Roma Capitale” e che in caso di concordato “nessuna banca al mondo più potrebbe avere rapporti” con il gruppo capitolino. Sempre Pignataro dice a Bagnacani che “abbiamo problemi seri”, ovvero che “Monte dei Paschi ha ridotto la linea di credito del 33%” e che “oltre a Unicredit si sono aggiunti pure loro perché si sono spaventati per quelle notizie su Atac”.
Il 31 agosto, Pignataro telefona invece a Maria Grazia Russo, direttrice amministrazione e finanza di Atac, dirigente che aveva già contattato a fine luglio per rappresentarle i suoi “dubbi” rispetto alla procedura; Pignataro le dice che la soluzione del concordato “mi sembra quella peggiore, si possono fare degli accordi stragiudiziali con tutti che non hanno effetti collaterali devastanti”. Il 31 agosto stesso, secondo il decreto del Tribunale fallimentare di Roma, avviene il pagamento di 55 milioni di euro, mentre il 1 settembre in una nota Atac annuncia che “il cda ha individuato nella procedura di concordato preventivo in continuità la migliore soluzione alla crisi della società deliberando l’immediata comunicazione all’azionista e convocazione dell’assemblea dei soci per le decisioni di competenza” e di aver “affidato l’incarico di Advisor Finanziario e Industriale alla società Ernst & Young”. Il 18 settembre Atac presenta domanda di concordato in Tribunale. Il 20 settembre, Pignataro chiama il suo contatto in E&Y, Stefano Vittucci, a cui dice: “Io sia con la parte politica che con la parte aziendale, ho condiviso il modo con cui dobbiamo risolvere questa faccenda”.
SUL CREDITO DEL COMUNE DI ROMA PIANO “ELUSIVO DELLE NORME” – Quello del rimborso delle banche non è l’unico dubbio sul fronte legale sollevato dal Tribunale fallimentare di Roma. Che rileva anche come il piano preveda “di fatto anche una offerta di pagamento al creditore postergato” Comune di Roma, che controllata l’azienda. Il rimborso del credito vantato dal Campidoglio, pari a 450 milioni di euro, è stato appunto postergato, vale a dire che dovrebbe essere pagato dopo il soddisfacimento degli altri creditori. A partire dal 2021, cosa che aveva messo in allarme i tecnici capitolini. Ma il piano a guardar bene prevede che “dal 2027″, quando “entrano in gioco gli strumenti partecipativi di tipo B che, nella prospettazione della proponente, sono idonei a coprire l’ulteriore 39% del credito chirografario”, “tale soddisfazione avverrebbe concorrenzialmente al credito, postergato, del Comune di Roma: infatti i creditori chirografari hanno diritto a essere soddisfatti di pari passo con il credito del Comune, ed in misura proporzionale ai rispettivi crediti”. Peccato che “tale operazione appare non conforme a legge”, in quanto “strumento elusivo delle norme in tema di trattamento dei crediti postergati”. In sintesi: se il Comune è creditore postergato, deve riprendere i soldi per ultimo.
TEMPO FINO AL 30 MAGGIO – Atac ora ha due mesi di tempo di chiarire con i giudici questi e gli altri dubbi sollevati nel decreto. “Il Tribunale – si legge in una nota Atac – non si è pronunciato sull’ammissibilità della proposta concordataria, bensì ha richiesto chiarimenti e integrazioni al piano depositato. Il Tribunale ha concesso fino al 30 maggio all’azienda per apportare le integrazioni richieste e produrre documenti integrativi. La richiesta di chiarimenti rientra nella normalità delle procedure concorsuali, in particolare se complesse come quella di Atac”.
Riceviamo da Atac e pubblichiamo:
Con riferimento alle informazioni diffuse circa la menzione nel decreto del Tribunale di Roma a rimborsi del debito bancario, a fronte di non corrette notizie di stampa, si precisa che gli stessi sono avvenuti nei mesi anteriori alla presentazione del ricorso, tramite meccanismi di rimborso automatico previsti in contratti stipulati negli anni precedenti e, da ultimo, nel contratto di estensione sottoscritto a maggio 2017, anteriormente all’ingresso dell’attuale Consiglio di Amministrazione. Non si è trattato quindi di rimborso disposto il giorno prima del concordato.
Risponde l’autore:
Con questa nota Atac non smentisce Ilfattoquotidiano.it bensì i giudici del Tribunale Fallimentare, che a pagina 21 del decreto 5459/18 riporta in maniera dettagliata (citando la documentazione presentata da Atac) quanto da noi evidenziato nell’articolo. Ne prendiamo atto.