In Francia è stato appena pubblicato il primo codice giuridico dei diritti degli animali d’Europa. Si tratta di una prima pubblicazione che speriamo sia da esempio per tutti gli altri paesi, Italia inclusa. In più di mille pagine è stata raccolta tutta la legislazione in vigore riguardante gli animali. Un lavoro che ha coinvolto un team di specialisti nel diritto degli animali e la Fondation 30million d’amis.
Si tratta di un codice privato, che non crea nuova legge ma va a consolidare quella esistente, andando a utilizzare le disposizioni dei testi originali. Sono stati riuniti tutti i sette codici dell’ordinamento francese, dal civile al penale, passando per quello rurale e amministrativo, le regole europee e i casi di giurisprudenza più significativi rispetto ad animali da compagnia, d’allevamento o selvatici.
Come possiamo immaginarci questo testo è destinato principalmente a magistrati, procuratori, avvocati, veterinari o studenti. Li aiuterà a inquadrare più facilmente le situazioni e darà una visione generale del problema dei diritti degli animali, raccogliendo appunto tutto in un unico volume. L’importanza di questo lavoro va però ben oltre.
Si sta aprendo infatti la strada per un prossimo passo: il riconoscimento della personalità giuridica degli animali, che passerebbe attraverso una nuova evoluzione del codice civile. Questo non frenerebbe il loro sfruttamento, ma getterebbe le basi per una maggiore protezione e per una loro difesa anche in ambito processuale. Come sta accadendo negli Stati Uniti o in Argentina, dove ad alcuni animali reclusi in zoo e laboratori di ricerca è stato riconosciuto lo status di persona giuridica non umana, portando alla loro liberazione e una nuova vita all’interno di rifugi.
Ma come fa notare il filosofo Florence Burgat nella prefazione del libro, proteggere gli animali mentre li si uccide è un paradosso della nostra società. “Da un lato abbiamo una legge che prevede pene elevate per gli abusi sugli animali e, dall’altro, un’intera serie di norme che consentono di macellare gli animali per la carne, ucciderli per la pelliccia, cacciarli o usarli nella sperimentazione, ucciderli per elettrocuzione, dissanguamento o in camere a gas”.
Il codice giuridico appena stampato in Francia non risolve la questione, ma mette insieme tutte le norme e rende più facile navigarvi per chi vuole difendere gli animali. Ma più che altro affiancando le leggi che proteggono gli animali e quelle che legiferano il loro sfruttamento e la loro uccisione evidenzia questo enorme paradosso.
Ed è proprio qui forse il nocciolo della questione. Iniziare a mostrare la discrepanza presente nella società attuale tra il trattamento di alcuni animali e di altri appartenenti a specie diverse, o perfino degli stessi animali a seconda dei contesti in cui si trovino. In questa società fatta di allevamenti intensivi nascere maiale rispetto a cane o gatto è sicuramente una sfortuna, ma anche per altri dipende tutto dal caso: un cane in famiglia gode di diritti e non può essere maltrattato, ma in un laboratorio si possono compiere su di lui perfino esperimenti estremamente dolorosi; una volpe nata in libertà è un animale selvatico protetto, una volpe nata in un allevamento vive in gabbie minuscole e si può uccidere con scosse elettriche per ricavarne pellicce.
Ma sempre di un cane o di una volpe si tratta. Dove sta il confine? Dove sta la differenza? Se iniziamo a porci domande e a guardare a fondo forse vedremo che siamo noi, con le nostre leggi e regole culturali, ad avere categorizzato gli animali e averli divisi in comparti: quelli da compagnia, quelli da reddito, quelli selvatici protetti e quelli cacciabili.
E se li considerassimo semplicemente esseri senzienti con cui condividiamo il pianeta?