“Quando io sto fermo è perché ho qualcosa in mente” cantava Morgan coi Bluvertigo. Queste parole mi tornano in mente osservando la mossa di Berlusconi nei confronti del M5S, dopo giorni di calma apparente. Invitare Di Maio ad un tavolo è un colpo di scena simbolo del suo pragmatismo politico. Ma è soprattutto una trappola.

Per loro fortuna i 5 Stelle lo hanno capito e hanno rifiutato l’invito ad un tavolo con Berlusconi. Le motivazioni sono chiare, ed il M5S ha fatto bene a dirle esplicitamente “Noi non saremo mai artefici di un Nazareno bis”.

Durante il governo Renzi, Berlusconi fu riportato al centro della politica proprio da un tavolo con l’ultimo che ti aspetteresti, quello famoso del patto del Nazareno. Il Pd lasciò violare la propria sede dallo storico nemico, diventando di fatto simile ad esso, come i maiali che nel finale della Fattoria degli animali di Orwell mutano faccia prendendo le sembianze degli esseri umani coi quali, al tavolo, bevevano e giocavano a carte segretamente.

Non abbiamo nessuna foto di Berlusconi e Renzi insieme, nessuna copia di quell’accordo, ed è proprio grazie a questo che si è potuto fantasticare sul reale contenuto del patto.

Oltre alle riforme, si è ipotizzato che fra i punti ci fossero accordi per il Presidente della Repubblica e soprattutto una serie di garanzie per le aziende di Berlusconi e per il continuo della sua vita politica. Berlusconi era divertito dal mistero attorno al documento. Una narrazione che gli attribuiva più influenza di quella che aveva realmente.

Ecco il vero rischio che ha scampato il M5S.

Non ci sarebbe stata nessuna foto con Di Maio. Sul piano della comunicazione, una foto dei due insieme sarebbe stata un trofeo per Berlusconi. Ma il vero problema non sarebbe stata tanto la legittimazione di Berlusconi – già grave per il M5S ovviamente – piuttosto tutto ciò che Berlusconi avrebbe raccontato dopo.

Proviamo ad immaginarlo, conoscendone lo stile comunicativo.

“Di Maio ha cambiato idea su di me. Anche io su di lui, ha dimostrato notevole intelligenza (cit. Scalfari)”. Probabilmente avrebbe raccontato di un Di Maio affascinato dall’esperienza e dall’intelligenza dell’ex Cav, di una “profonda sintonia” (cit. Renzi) permessa da un incontro di persona, dove finalmente ci si è potuti conoscere, lasciando da parte i racconti dei nemici. Questa versione avrebbe influenzato, nelle intenzioni di Berlusconi, molti elettori del M5S.

Avrebbe raccontato poi di un ripensamento di Di Maio sul Reddito di cittadinanza, usato solo come promessa acchiappa-voti, e sulla politica fiscale. Dopo tutto Berlusconi è quello che racconta di aver messo Draghi alla Bce e di aver posto fine alla guerra fredda.

I suoi racconti di incontri riservati sono cento volte più pericolosi di una diretta streaming o di un documento pubblico di quelle stesse riunioni. Avrebbe fornito dei 5 Stelle un racconto personale devastante per il Movimento. Con Berlusconi bisogna pensare tre mosse avanti. E poi, si sa, se dai un dito a Berlusconi si prende il braccio. Si sarebbe fatto sotto con nuove richieste e, una volta rotti i rapporti, avrebbe cominciato a dirne di ogni colore su di Di Maio.

È un film già visto dopo la rottura del patto del Nazareno. “Renzi è bulimico di potere” raccontava Berlusconi, che aveva cambiato idea rispetto a quando in Renzi rivedeva lui da giovane. L’abbraccio di B. si è rivelato mortale per Renzi come sappiamo. La stessa sorte sarebbe toccata a Di Maio. Berlusconi non ama perdere.

Il pericolo è scampato. Indipendentemente da come andranno le elezioni dei presidenti delle Camere, il M5S ha fatto la scelta giusta, non deve avere rimpianti.

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