Johnson è uscito ieri di prigione dopo tre mesi di detenzione. Accusato di aver nascosto una macchina per fabbricare biglietti di banca clandestini. Nato ‘circa’ nel 1963 in Liberia, che ha lasciato nel 2007 per raggiungere il Gabon che in quel momento galleggiava sul petrolio. Passa poi nel Camerun, transita in qualche modo il Burkina Faso e infine affonda nella polvere del Niger. Avrebbe voluto andare in Libia e forse da lì sbarcare nell’Europa dei falsari. Johnson è stato ingiustamente condannato per averli ospitati a casa sua. L’hanno arrestato con altri due per favoreggiamento nella fabbricazione di moneta falsa. Sono invece a piede libero i Grandi Falsari del futuro del Sahel. I rapinatori e i falsari hanno in comune la spogliazione di quanto di più sacro ci sia nella storia umana. Il sogno di un mondo differente che passa dai piedi alle mani che raccontano di sollevazioni e frontiere smantellate a colpi di utopie.

Falsano la realtà e la storia che va dall’altra parte a ciò che i poteri propugnano. Circondano l’Occidente con un gran muro di falsità e fanno dei diritti una collezione per amatori di ruderi. Johnson è più onesto di loro e dei complici che li assecondano in ogni circostanza. Stamane torna in carcere per ritirare il suo passaporto e nel secchio porta un po’ di carbone, sapone, olio e un pacco di zucchero per i compagni rimasti in cella. Johnson è onesto e non dimentica dove e come ha vissuto gli ultimi tre mesi. Ricorda a memoria i nomi dei compagni di cella della prigione civile di Niamey, affollata da oltre 1500 persone, per una capienza di 400. Non è un falsario come i ministri locali e i loro associati occidentali che passano da una conferenza all’altra. Assieme all’Alto Commissariato per i Rifugiati el’Officina delle Migrazioni Internazionali non fanno mai domande sul perché trovano così tanto lavoro nel Sahel. Rapinatori di sabbia e falsari di futuro, vergogna.

Deportano nel deserto i migranti espulsi dall’Algeria, paese che rinnega la dignità della sua indipendenza. Creano ‘hot-spot’ battezzati Macron che tradisce il nome di Emmanuel che porta. Dio non è più con noi, si trova nelle agenzie umanitarie che lo assistono per salvare vite umane dai trafficanti che loro stessi pagano, armano e proteggono. Meglio Johnson, che esibisce il foglio di uscita dal carcere, col titolo ‘Avviso di Liberazione’. Quello che i falsari della storia e i loro accoliti non possederanno mai. Loro si presentano come i nuovi salvatori del Sahel. Ignobili menzogne rispetto al diritto fondamentale alla mobilità umana e  impostori di un mondo aperto ai passi del futuro. Amministratori finti del sistema che congiura contro la coniugazione dell’uguaglianza con la libertà. Dimenticano che già nel 1889, nella Conferenza Internazionale sulle Migrazioni, si affermava la libertà di disporre della propria persona come meglio si crede.

Johnson esce con più dignità dall’accusa di falsario di quanti operano il falso nella politica di repressione della mobilità umana. Al diritto di lasciare un paese non corrisponde quello di entrare in un altro. Solo perché resi poveri da decreti di espulsione o redenzione nelle maglie giuridiche di chi crede di avere il potere. La lista dei falsari è lunga e tortuosa. La dichiarazione di Niamey, siglata la settimana scorsa, ne è uno degli ultimi esemplari. Il pretesto della lotta senza quartiere a trafficanti di migranti è la patente falsificazione del passato che ha prodotto e consolidati i trafficanti. I primi di questi sono nelle risorse, le armi e gli accordi di libera rapina delle economie rese fragili dalle multinazionali. Johnson torna al futuro e così, se vorranno imitarlo, potranno fare i falsari. Johnson porta ai compagni di cella un po’ di carbone e d’olio per cucinare, sapone per lavare le ferite e alcune zollette di zucchero per dare gusto al futuro.

Niamey, marzo 2018

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Australia-Inghilterra, inaugurato il primo volo diretto: viaggio di 17 ore e 20 minuti

next
Articolo Successivo

Tre anni di guerra in Yemen, grazie anche alle armi fornite all’Arabia Saudita

next