Andare al lavoro, sedersi alla scrivania e avere tutto per sé un ufficio grande quanto una piazza d’armi. All’Ente del turismo (Enit) è la realtà quotidiana. Ogni dipendente della sede di Roma ha in media a disposizione oltre 90 metri quadrati, l’equivalente di un appartamento. Uno scialo di spazio che dura da più di un anno, da quando 70 dipendenti dei circa 100 in forza all’Enit se ne sono dovuti andare a febbraio 2017. Chi in pensione, chi in altri uffici pubblici in seguito alla ristrutturazione dell’ente avviata tre anni prima. Dopo l’esodo, la mossa successiva da parte dei dirigenti dell’ente avrebbe dovuto essere quella di cercare una nuova sede più consona alle nuove, ridotte esigenze, vendendo o affittando quella attuale per cercare di portare in cassa un po’ di soldi.

E invece non è successo nulla: l’Ente del turismo è rimasto nello stesso posto, la deliziosa palazzina liberty a poche centinaia di metri dalla stazione Termini, nel centro della Capitale. Quasi 3mila metri quadrati (2.970 per l’esattezza) per appena una trentina di dipendenti, compresi i dirigenti, il presidente Evelina Christillin più i due consiglieri, Fabio Maria Lazzerini che è nello stesso tempo anche direttore del marketing Alitalia e Antonio Nicola Preiti. L’unica decisione presa è stata quella di chiudere una parte dell’immobile perché inutilizzata, lasciata lì a prendere la muffa. Considerando che in quella zona centrale di Roma il costo medio di un affitto è almeno di 250 euro l’anno a metro quadro, l’Enit butta dalla finestra oltre 23mila euro in media per ogni dipendente. Se la palazzina liberty fosse stata affittata l’ente avrebbe potuto incassare 700mila euro l’anno e forse anche di più. Anni fa la palazzina adiacente, di mille metri quadrati circa, anch’essa un tempo adibita a uffici per l’ente del turismo, fu affittata all’ambasciata della Russia presso la Fao (Food and Agriculture Organization) delle Nazioni Unite a circa 300mila euro l’anno.

Lo spreco di spazi non è la sola incongruenza della nuova gestione Enit che avrebbe dovuto far dimenticare le precedenti, considerate una fabbrica di inefficienza e sperperi. Anche nella conduzione delle sedi estere ci sono molte incoerenze. Nonostante tutti sappiano che tra i nuovi potenziali mercati dove andare a invogliare turisti perché vengano a visitare l’Italia non ci sia la vecchia Europa è proprio qui che sovrabbondano le rappresentanze turistiche italiane e i dipendenti. Al momento sono addirittura 9 le sedi Enit europee: Berlino, Francoforte, Madrid, Parigi, Londra, Bruxelles, Amsterdam, Stoccolma e Vienna. Solo a Francoforte gli impiegati sono una decina, mentre a Parigi ce ne sono che però non bastano per preparare la rassegna stampa quotidiana, affidata all’esterno alla società Parimedia con una spesa di 7.200 euro l’anno. Complessivamente le sedi estere di Enit sono 20, ma nelle zone turisticamente emergenti per l’Italia come l’estremo oriente le rappresentanze sono solo 3 (Cina, Corea e Giappone) e i dipendenti appena 11. Intanto la sede di Roma costa (dipendenti, gestione e altro) più di 1 milione e 800mila euro l’anno, mentre le sedi estere costano circa 4 milioni e mezzo. In totale il peso dell’Enit sui contribuenti è di circa 6 milioni e 300mila euro l’anno, oltre 17mila euro al giorno. Molti si chiedono: per che cosa?

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