Dopo aver votato la scelta di stare all’opposizione, larga parte dei gruppi dirigenti del Pd, dal giorno dopo, hanno messo in campo una linea opposta. A raccontarlo non è un retroscena, ma – con queste parole – il presidente del partito, Matteo Orfini, in un’intervista alla Stampa. Una circostanza a causa della quale Orfini si dice “sconcertato“. E’ la riprova che il Pd in questo momento è diviso tra molte anime e l’idea dell’opposizione qualunque cosa succeda non convince tutti. Carlo Bertini, sulla Stampa, chiede ad Orfini a chi si riferisce e il presidente del Pd risponde così: “E’ tutto esplicito. E anche la richiesta di partecipare alla discussione sulle presidenze delle Camere era considerata da qualcuno come primo passo per un accordo di governo”. Dunque Orfini ribadisce che “dopo una sconfitta come quella subita, il posto del Pd è all’opposizione”. Resta solo il rispetto e l’ascolto nei confronti del presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “Ascolteremo con la consueta attenzione quando andremo alle consultazioni. Abbiamo la massima fiducia e rispetto per il lavoro difficile che dovrà fare Mattarella, ma il compito di dirigere il Pd non può essere scaricato sul capo dello Stato. Un errore che facemmo in passato, quando al momento di varare le larghe intese con Berlusconi non ci prendemmo le nostre responsabilità, votando un documento ridicolo che delegava la scelta al Colle”.
Per Orfini “questa idea che il M5S sia una costola della sinistra è sbagliata: è evidente che i loro argomenti non avrebbero potuto che sfociare a destra e così è accaduto” e d’altra parte l’elezione dei presidenti delle Camere Roberto Fico e Maria Elisabetta Alberti Casellati – secondo il dirigente democratico – ne è la riprova. Di contro, aggiunge, “portare il Pd con M5s significa liquidare il Pd. E chi viene dalla mia esperienza, non accetterà mai di estinguere la storia della sinistra italiana portandola ad essere l’ancella della Casaleggio associati”.
Ma ci sono tanti modi di stare all’opposizione, come fa notare il vecchio fondatore del Pd Pierluigi Castagnetti, emiliano di Reggio, vicino a Graziano Delrio ma soprattutto amico personale del presidente della Repubblica Sergio Mattarella fino a definirlo quasi un fratello. “Perché tanta attenzione verso il Pd che fino a ieri si è tanto denigrato e osteggiato?, perché fa tanta paura l’opposizione? – si chiede in un post su facebook – Il vecchio Pci l’fatta per trent’anni con tanta dignità e fede nel futuro, perché dimenticarlo? L’opposizione è una delle funzioni tipiche della democrazia, una funzione piena di dignità“. Più chiaramente: l’opposizione “si può fare in modo diverso da come l’ha fatto il M5s nella precedente legislatura, votando pregiudizialmente contro tutto e tutti, si può essere forza di opposizione seria e responsabile che vota a favore dei provvedimenti condivisi, senza rinunciare al proprio ruolo di opposizione”.
Di sicuro le parole di Orfini segnalano la tensione che ancora resiste nel partito, anche sull’elezione dei capigruppo. I nomi “forti” che girano in questi giorni sono Lorenzo Guerini per la Camera e Andrea Marcucci per il Senato. Orfini dice che è “tra quelli che lavorano per un’elezione con il consenso più largo possibile”. Tuttavia Guerini e Marcucci sono due renziani di indubbia fede. E se Guerini, da una parte, in questi anni ha fatto spesso da ufficiale di collegamento per parlare con le minoranze – prima quella bersaniana, ora quella orlandiana -, Marcucci ha fatto per anni il peone, recordman di dichiarazioni in agenzia in difesa del capo. “Guerini e Marcucci vanno assolutamente bene” conferma il capogruppo uscente alla Camera, Ettore Rosato, parlando a La7. “Ci sono anche altre personalità ma credo che entrambi abbiano le caratteristiche” per fare i capigruppo “e non possono essere penalizzati in quanto renziani”. Gli orlandiani mugugnano, ma se l’equilibrio si otterrà poi con le indicazioni per gli uffici di presidenza delle Camere (vice, questori, segretari d’Aula), il malumore potrebbe rientrare.